La Grecia potrebbe ostacolare ancora a lungo l’ingresso della Macedonia nell’Ue

di Edoardo Corradi –

macedonia_flagNel 2005 la Repubblica di Macedonia, per taluni Paesi riconosciuta come Fyrom, ha avviato le procedure per l’ingresso nell’Unione Europea. A opporsi è stata la Grecia che, per via dell’annosa “questione del nome”, ha rigettato l’ingresso dell’ex Stato jugoslavo nell’Ue. La questione del nome verte sulla possibilità, da parte di Skopje, di utilizzare il termine “Macedonia” nel nome ufficiale del Paese. Secondo Atene l’eredità storica dell’impero di Alessandro Magno appartiene di diritto alla Grecia e sottolinea il pericolo dell’irredentismo slavo nei confronti della provincia settentrionale greca. Il premier ellenico Alexis Tsipras, da molti considerato come possibile solutore della questione, non ha cambiato le carte in tavola (1): da un lato a causa delle dimissioni da primo ministro, che portano la Grecia alle elezioni anticipate, e dall’altro a causa dell’assegnazione del ministero della Difesa a Panos Kammenos, leader della forza indipendentista e di destra dei Greci Indipendenti (Anel). L’esempio dell’accordo militare tra Israele e Grecia è significativo sulla politica estera che ha perseguito Kammenos, in netta contraddizione con il programma di Syriza (2). Se le elezioni anticipate vanno secondo i piani di Tsipras, ossia l’eliminazione dal Parlamento della corrente scissionista di Syriza, la possibilità che il ministero alla Difesa torni nelle mani di Anel è molto elevata. D’altronde Tsipras ricerca solo la maggioranza parlamentare, non un rimpasto dell’esecutivo.
Il prossimo esecutivo macedone, le cui elezioni dovrebbero tenersi nell’aprile 2016 (3), cioè dopo l’accordo raggiunto grazie alla mediazione del Commissario all’allargamento e alle politiche di buon vicinato Johannes Hahn, dovrà inserire ai primi posti della propria agenda politica le relazioni con Atene. Se rispetto ai primi anni del 1990, quando i rapporti tra i Paesi erano ai minimi storici, la situazione è nettamente migliorata, negli ultimi ha ripreso ad incrinarsi. Il ministro degli Esteri greco (Syriza) Nikos Kotzias ha infatti affermato in un discorso tenuto all’Università di Oxford il 10 giugno 2015 che, pur sostenendo la necessità di risolvere l’annosa “questione del nome”, emerge secondo Atene la mancanza del rispetto del diritto internazionale da parte di Skopje e il continuo sentimento irredentista e sciovinista da parte degli slavo-macedoni (4) che, tuttavia, modificarono la propria costituzione nel 1995 per cancellare ogni minimo dubbio sulla loro presunta volontà di costituire una “Grande Macedonia” (5).
Ad aggravare la situazione tra i due Paesi sono i flussi migratori che attraversano le frontiere. Secondo l’agenzia europea Frontex (6), più di 100mila persone hanno attraversato la cosiddetta “West Balkans Route”, ovvero la rotta migratoria che i migranti dal Medio Oriente e dal Levante seguono attraverso i Balcani per poi entrare nell’Unione Europea tramite l’Ungheria e quindi sfruttare il Regolamento Dublino. A fronte dell’alto tasso di migranti che hanno varcato i confini greci, macedoni e serbi (superando persino la “Central Mediterranean Route” che stima circa 91mila migranti che hanno raggiunto le coste italiane), Skopje ha deciso di chiudere le frontiere con la Grecia che, secondo stime locali, venivano attraversate da circa 2mila migranti al giorno (7). Ha quindi proclamato lo stato di emergenza.
Il deflusso di migranti verso la Macedonia, che avrebbero poi attraversato il Paese per entrare in Serbia attraverso la città di frontiera Kumanovo, era funzionale ai massicci arrivi di migranti, profughi ed economici, in Grecia che hanno paralizzato l’isola di Kos, incorrendo in violenti scontri con le forze di polizia greche.
La chiusura della frontiera e l’intensificazione dei controlli tramite un massiccio dispiegamento di forze nelle regioni meridionali della Macedonia, non può che raffreddare i rapporti tra i due Paesi non certamente idilliaci. La Grecia potrebbe quindi esercitare il proprio veto sull’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea pur contravvenendo a quanto sancito dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 2011 (8), e riportando il rapporto tra i due Paesi agli anni che seguirono l’indipendenza, pacifica e ricordata come “un regalo della storia” (9), dalla Jugoslavia nel 1991.

Note:
1. E. Corradi, “L’irrisolta disputa greco-macedone: Tsipras non è la soluzione”, Geopolitical Review, www.geopoliticalreview.org, 13/08/2015.
2. Manlio Dinucci, “Il patto militare Grecia-Israele”, Il Manifesto, www.ilmanifesto.it, 28/07/2015.
3. La VRMO-DPMNE di Gruevski, la SDSM di Zaev, il PDS/DPA di Thaçi e il BDI/DUI di Ahmeti
4. Nikos Kotzias, “Il nostro obiettivo principale è strappare i greci alla povertà”, Limes, 7/2015, p. 93.
5. Interim Accord between the Hellenic Republic and the FYROM, www.hri.org
6. http://frontex.europa.eu/trends-and-routes/migratory-routes-map/
7 .”Migranti, Macedonia: stato d’emergenza. Chiusa frontiera con Grecia. Accordo Londra-Parigi su Calais: nuove recinzioni”, Il Fatto Quotidiano, www.ilfattoquotidiano.it, 20/08/2015.
8. http://www.icj-cij.org/docket/files/142/16841.pdf.
9. Magno A. M., Macedonia, ultimo atto?, in Magno A. M. (a cura di). La guerra dei dieci anni, Milano, Il Saggiatore, 2015, p.385.