La partita Italia-Francia si gioca nel Sud della Libia

di Vanessa Tomassini –

“Milizie di opposizione del Ciad e le milizie di opposizione sudanesi, con alcuni mercenari istigati dai Tabbou e dalla Francia, stanno mobilitando grandi forze al fine di attaccare i campi petroliferi, raffinerie di petrolio, pozzi d’acqua, miniere d’oro; occupando molte città e organizzando l’immigrazione clandestina, nel sud della Libia”. A dirci queste cose è Ahmed, abbiamo deciso di chiamarlo così per tutelare la sua privacy. Ahmed, funzionario della sicurezza, ci scrive proprio da una di quelle città sul confine sud libico, dove la connessione internet è molto lenta. Ci parla senza tanti problemi di una “guerra che sta per scoppiare sotto l’egida dello Stato francese”.
Ahmed adora l’Italia, ha letto i nostri pezzi e ci dà qualche notizia di ciò che sta succedendo nel sud della Libia, dove Ghassan Salamè, inviato delle Nazioni Unite per la crisi libia, non è riuscito ad andare e di cui i media difficilmente parlano. Ci spiega che “l’Italia era presente nel sud del Paese già nel 2011 con le forze di Misurata. Poi la Francia ha inviato le milizie ciadiane, sudanesi e i mercenari”.
“Con la rivoluzione del 17 febbraio 2011 Misurata ha esteso la sua influenza verso sud-ovest, con il supporto delle truppe italiane. L’Italia ha inviato esperti militari e ingegneri che erano all’interno della base militare per sostenere la terza forza del Paese, Misurata”, spiega Ahmed a Notizie Geopolitiche, che aggiunge: “La Francia ha lanciato una campagna contro Misurata. Con il pretesto della Fratellanza Musulmana ha cominciato a mobilitare l’opinione pubblica a fini di guerra, mentre stava conducendo una grande campagna militare con l’opposizione del Ciad e quella sudanese per spodestare le forze di Misurata e quelle italiane dal sud, riuscendoci”.
I libici non hanno dubbi, dietro i comunicati stampa e i meeting ufficiali c’è una sfida in corso tra Italia e Francia per estendere la propria influenza in Libia. Il campo da gioco di questa partita è proprio la regione meridionale dell’ex colonia. Che ci siano dei giochi in corso è chiaro, soprattutto se venissero confermati gli incontri fra “delegazioni inglesi e francesi” con “alcuni capi dei gruppi armati nella città di Sabratha, a ovest della capitale Tripoli”, di cui parlano da sabato i media libici.
Il sito “Al arabi 21” parla di un’“insoddisfazione britannica” riguardo alla gestione italiana del file immigrazione. “Un diplomatico britannico e un certo numero di membri dell’ambasciata britannica, a Tripoli, hanno tenuto una riunione con un dirigente militare a Sabratha, uno dei compagni dell’ex capo del consiglio militare, Omar Mukhtar al-Madhuni”, ucciso in scontri nel 2014, come precisa il sito d’informazione libico. Al Arabi 21 rivela che il diplomatico britannico avrebbe presentato le ultime statistiche sui flussi migratori, che indicavano la diminuzione del numero di immigrati e “ha discusso nel dettaglio le ragioni della riduzione”, riferendosi agli aiuti forniti dall’Italia all’ospedale di Sabratha.
Ahmed sulle modalità di gestione della crisi migratoria da parte della squadra di Gentiloni non ha dubbi: “l’Italia collabora, finanzia e protegge le milizie all’interno di Misurata, fornendo supporto logistico e assistenza sanitaria con l’ospedale all’interno della base militare”. Il nostro interlocutore spera di poter visitare un giorno il nostro Paese, tuttavia ci avverte che “l’Italia sta sbagliando direzione”.
Ma qual è la direzione giusta? “Conquistare il cuore dei libici”, attraverso l’ascolto delle loro necessità, il dialogo con figure credibili e probabilmente affidando la situazione alle Nazioni Unite, in particolare all’UNSMIL, il cui rappresentante, Ghassan Salamè, gode del rispetto della maggioranza dei libici e potrebbe essere in grado di un dialogo tra le tribù.
Un accordo tra le autorità sociali, tra i sultani delle varie famiglie, permetterebbe il ripristino delle istituzioni governative, la lotta al terrorismo e la conseguente stabilità del Paese, da cui tutti, Italia compresa, trarrebbero grandi vantaggi. Affinché ciò avvenga l’Italia deve pretendere che i nostri vicini europei facciano lo stesso, è necessario un intervento unico e coordinato che metta al primo posto la sovranità, l’integrità territoriale e l’unità della Libia.