Lavoratori iraniani uccisi in Iraq: Rohani chiama al-Maliki e attacca chi sostiene gli estremisti

di Guido Keller –

rohani grandeSolo pochi giorni fa in un attacco armato compiuto presso la cittadina di Muqdadiya, nel nord-est dell’Iraq, 18 operai sono rimasti uccisi mentre erano impegnati nei lavori di prolungamento di un oleodotto che collega l’Iran all’Iraq.
Ben 15 delle vittime erano iraniane, ma l’attentato non risulta essere ascrivibile all’ondata di violenza interconfessionale che ha già portato alla morte di 6.500 persone in Iraq dall’inizio dell’anno, spesso civili uccisi dalla deflagrazione di ordigni posti presso i luoghi di culto, i mercati ed i caffè. Diverse fonti hanno visto nell’attacco la mano di al-Qaeda e quindi il pensiero va alla crisi siriana, dove i gruppi jihadisti combattono contro gli Hezbollah libanesi e contro i pasdaran iraniani, i quali appoggiano l’esercito di Bashar al-Assad.
Il presidente dell’Iran, Hassan Rohani, ha chiamato oggi al telefono il premier iracheno Nouri al-Maliki affermando che “Paesi che giocano un ruolo nel sostenere il terrorismo sono responsabili dei crimini commessi” e che “Chi semina vento raccoglie tempesta. Coloro che oggi forniscono armi e soldi ai gruppi estremisti, nel tentativo di compromettere la stabilità della regione, un giorno diventeranno loro stessi vittime delle loro creature”: il messaggio potrebbe essere rivolto proprio ai paesi che in Siria sostengono gli jihadisti, specialmente del Fronte al-Nusra e dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, ovvero le petromonarchie del Golfo, come il Qatar e l’Arabia Saudita.
L’attacco contro i lavoratori iraniani è avvenuto presso gli impianti petroliferi della difficile ed instabile provincia orientale di Diyala: tutte le vittime hanno riportato ferite di arma da fuoco.
Rohani, che ha chiesto “ai nostri fratelli in Iraq di garantire la sicurezza dei nostri cittadini nel loro paese, che siano tecnici o pellegrini”, ha auspicato impegno del governo per arrestare i responsabili del massacro.