Libia. Dopo il contestato Kobler, Gutierres individua nel libanese Salamé l’inviato speciale

di Enrico Oliari –

Il segretario generale delle Nazioni Unite ha individuato nel libanese Ghassan Salamè il nuovo inviato del Palazzo di Vetro per la crisi libica, cosa di cui ha informato il Consiglio di sicurezza.
Salamé prenderà il posto di Martin Kobler, il cui mandato è ufficialmente giunto a termine, ma che in realtà è in crisi da mesi, se si pensa che già lo scorso febbraio le fazioni libiche, quindi anche i governi di Tobruk e di Tripoli, avevano chiesto la sostituzione dell’inviato speciale, il quale, a quanto si vociferava, aveva chiesto alla cancelliera tedesca Angela Merkel di adoperarsi presso il Palazzo di Vetro per mantenere l’incarico.
Di fatto il potente generale “di Tobruk” Khalifa Haftar si era rifiutato di riceverlo per mesi, ma anche il premier “di Tripoli”, cioè del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, Fayez al-Serraj, aveva chiesto a Gutierres di sostituirlo.
L’unico successo palpabile di Kobler era stato a Mosca, dove si era recato ai primi di febbraio per mettere i bastoni fra le ruote al generale “di Tobruk” Khalifa Haftar, che lì era poco prima stato per chiedere armi e per offrire una base militare in cambio di un intervento diretto nel paese nordafricano. “La parte russa – riportava allora la nota di fine incontro di Kobler con il viceministro Mikhail Bogdanov – ha confermato la necessità di portare avanti il lavoro sulla formazione di un governo unitario in Libia”, ovvero del governo “di Tripoli”.
Sempre in febbraio si aveva tentato di sostituire il contestato Martin Kobler con il palestinese Salam Fayyad, e Gutierres ne aveva già dato notizia, ma al Consiglio di sicurezza si erano messi di traverso gli Stati Uniti su pressioni di Israele, tanto che l’ambasciatrice Nikki Haley se l’era presa con il segretario generale in quanto Washington “non sostiene il segnale che questa nomina darebbe alle Nazioni Unite”, anche perché “Per troppo tempo l’Onu è stato ingiustamente parziale in favore dell’Autorità Palestinese a discapito dei nostri alleati in Israele. Gli Stati Uniti non riconoscono attualmente uno Stato palestinese e non sostengono il segnale che questa nomina lancerebbe all’interno delle Nazioni Unite”.
Dopo pochi mesi la scelta è caduta oggi su Salamé, il quale succede così al tedesco Martin Kobler, che è venuto dopo lo spagnolo Bernardino Leon, una catena di Alti rappresentanti delle Nazioni Unite per la crisi siriana che nella realtà del caos libico hanno significato poco o nulla, se non aumentato la confusione.
Si pensi ad esempio che l’Onu nel 2014 riconosceva come legittimi il governo e il parlamento fuggiti a Tobruk in quanto frutto delle elezioni del giugno dello stesso anno, salvo poco dopo fare inversione di marcia e dare il riconoscimento ufficiale al “governo di unità nazionale” di Tripoli, in realtà ancora oggi tenuto insieme con la colla in quanto formato da un’insieme di sigle di tribù e di gruppi islamisti spesso in lotta tra di loro. Un governo, quello di Fayez al-Serraj, che controlla solo una minima parte del paese, ma che oggi rappresenta la via obbligata per arrivare alla quadratura del cerchio e quindi riportare ordine e governabilità in Libia.
Di Salamé si può dire che si tratta di una persona molto preparata, ma che non ha rivestito ruoli primari nella risoluzione di crisi e conflitti. Ha insegnato relazioni internazionali presso l’Università americana di Beirut, l’università di San Giuseppe sempre a Beirut e l’Università di Parigi. Inoltre dal 2003 al 2006 è stato primo consigliere del Segretario generale delle Nazioni Unite e consulente politico per la missione Onu in Iraq, nel 2003.
Dal 2000 al 2003 Salamé è stato ministro della cultura del Libano, mentre oggi partecipa al Gruppo internazionale di crisi (Bruxelles), all’Istituto internazionale per la Pace (New York) e a una miriade di organizzazioni senza scopo di lucro. È presidente del Fondo Arabo per le Arti e la Cultura.