L’infiltrazione di Aqmi nei campi di Tindouf è una “minaccia alla sicurezza”

di Yassine Belkassem –

L’infiltrazione di al-Qaeda Aqmi nei campi di Tindouf, a sud ovest dell’Algeria, costituisce una “minaccia immediata” alla sicurezza dei paesi del Maghreb e del Sahel, in un contesto regionale segnato dall’alleanza tra separatisti militarmente esercitati e militanti estremisti; i due, si sono trovati in posizione di favore per quanto sta accadendo nel nord del Mali.
A confermare la notizia è intervenuto anche il Centro statunitense per le analisi della Marina (con base in Virginia, negli Usa): nel suo rapporto mensile intitolato “Le sfide della sicurezza in Libia e nella regione del Sahel”, si legge che “esistono prove che attestano l’infiltrazione nei campi di Tindouf dell’Aqmi, come informazioni sull’arrivo nel nord del Mali di decina di membri del “Polisario”, giunti per dare mano forte ai gruppi terroristici che sono attivi in questo paese del Sahel”.
Il grado di sicurezza è messo a repentaglio dal deterioramento della situazione umanitaria e socioeconomica nei campi di Tindouf, “particolarmente tra i giovani”, che hanno ormai poca fiducia nell’amministrazione locale; molte sono infine le voci che chiedono insistentemente a Washington la chiusura dei campi in questione, “diventati il ventre molle della lotta al terrorismo in un perimetro geografico che si estende dal Magreb alla regione del Sahel”. (…) “I campi di Tindouf sono diventati, sotto l’influenza delle milizie del Polisario, un terreno fertile per i reclutatori delle reti terroristiche, dei trafficanti di ogni genere e delle bande criminali”.
In una nota di Yonah Alexander, pubblicata nel rapporto “Terrorismo in Africa del Nord, dell’Ovest e centrale dall’11 settembre alla Primavera araba”, del Centro internazionale per gli studi sul terrorismo, è scritto che la minaccia di al-Qaida nel Magreb islamico deve essere messa in cima “alle priorità della Comunità internazionale, anche attraverso un decentramento delle popolazioni da questi campi conformemente ai protocolli e convenzioni internazionali in materia”.
Anche la relazione presentata ad una conferenza tenutasi presso il  National Press Club della capitale Usa, dal tema “Cooperazione internazionale per la lotta anti-terrorista”, ha messo l’accento sulla necessità di trovare una soluzione definitiva alla questione del Sahara, che costituisce “un ostacolo alla sicurezza della regione ed impedisce l’attuazione di una vera cooperazione economica nel Magreb e nel Sahel”.
Durante il 2011 sono stati portati a termine una serie di arresti che hanno confermato l’esistenza di legami tra al-Qaeda Aqmi e le bande sudamericane impegnate nel traffico di droghe verso l’Europa, attraverso  regione del Sahel, con la complicità di membri del Polisario. Pertanto – si legge nella relazione sopracitata – il conflitto del Sahara “costituisce un’apertura per l’espansione delle attività dell’Aqmi nella regione, (…) diventata un focolare ed un terreno fertile a questo gruppo terroristico”, tant’è che ne è prova il rapimento, nel cuore di Tindouf, di tre lavoratori umanitari occidentali, liberati solo dopo molti mesi di prigionia grazie al pagamento di un riscatto di molti milioni di euro indirizzati proprio nelle casse dell’Aqmi.
In uno studio del Think Thank americano, Carnegie Endowment richiama l’attenzione sull’intensificarsi delle attività criminali e delle tensioni sociali nei campi di Tindouf, elementi di cui si nutriscono proprio al-Qaeda Aqmi ed i trafficanti internazionali di droga.
Va comunque ribadito che anche in questo contesto il piano marocchino d’autonomia costituisce una base solida per la risoluzione di questi problemi: si tratta di una vertenza regionale, che dura da troppo tempo.