L’interpretazione dei segnali di potenziali conflitti bellici, o di guerra economica

di Massimo Ortolani

Il contenuto segnaletico delle anomalie rilevabili ex-ante.
Un recente articolo de l’Economist (1) sottolinea l’importanza della corretta interpretazione del contenuto segnaletico anticipatorio, rintracciabile in quegli indicatori di natura economica in grado di confermare o meno l’intenzione cinese di invadere Taiwan. Si tratta di indicatori di natura quali-quantitativa, idonei a segnalare anomalie che non sarebbero dovute apparire in assenza del rischio, per Pechino, di rimanere a corto di materie prime agricole ed energetiche, se la Cina non temesse di essere tagliata fuori dalle forniture straniere, sia a motivo di sanzioni che di blocchi marittimi. Su questo punto gli autori dell’articolo forniscono anche una ulteriore importante sottolineatura. Ovvero il fatto che, nei sei mesi precedenti all’invasione russa dell’Ucraina del 2022, le entità cinesi abbiano acquistato addirittura il 91% di tutto il gas naturale liquefatto compravenduto in tutto il mondo, con accordi a termine – generalmente di quattro anni o più – in sostituzione delle forniture a breve termine; ed interrompendo quindi la pratica invalsa in passato, di concentrarsi sulle consegne future.
Ma nell’articolo si aggiunge anche che Pechino, qualora volesse evitare di fornire un dato strategico informativo come questo, facilmente catturabile in Osint, potrebbe mascherare tale anomalia statistica consumando, molto più che in passato, carbone di cui dispone in abbondanza. Altre materie prime come quelle agricole, ovvero i metalli, potrebbero anch’esse divenire oggetto di incetta, in previsione di un periodo di prevedibile maggiore difficoltà di reperimento/trasporto. Si citano la soia, come una di queste materie agricole cruciali per Pechino – costretta ad importarne una percentuale elevata del suo consumo annuo – ma anche mais e riso. Come anche fagioli, indispensabili per la nutrizione dei maiali. Dato che il consumo della carne di suino raggiunge il 60% del consumo totale di carne in Cina. (2)
Lo stesso dicasi per la maggior parte dei metalli importati da Pechino (quali berillio, niobio, ecc) che entrano nella produzione di manufatti e veicoli militari. In tal caso, più che l’osservazione del dato doganale, a rilevare è l’interpretazione predittiva dell’analista, circa il comportamento di quei paesi fornitori di tali metalli, che potrebbero continuare ad esportali a Pechino anche in caso di embargo sanzionatorio.
Comunque, trattandosi di applicazioni di Intelligence Economica possibilmente complementate dal supporto dello spionaggio economico, si potrebbe essere indotti a ritenere che anche indicatori di natura finanziaria-valutaria potrebbero qualificarsi quali idonei segnali anticipatori. Ma la verosimile fuga di capitali dalla Cina rende inverosimile l’assunzione che rumors su una siffatta invasione possano diffondersi con largo anticipo. Mentre proprio in questo momento la Cina ha bisogno di costruire nuovi ponti tra la finanza internazionale e quella nazionale, date le ben note problematiche del debito interno ed in particolare sul recupero dei crediti incagliati.
Invece Pechino potrebbe convincere altri Stati (3) ad accettare lo yuan come moneta di scambio nel suo commercio di beni e servizi strategici, che potrebbero essere altrimenti bloccati denominandone in USD la valuta di pagamento. Mentre la preoccupazione maggiore, in caso di conflitto, dovrebbe riguardare il volume di riserve valutarie sufficienti a fare fronte agli imprevisti della guerra stessa, soprattutto se dovesse prolungarsi come ad esempio quella russo-ucraina. Anche se al riguardo è già stato sottolineato (4) come Pechino, ricorrendo al sistema delle riserve ombra, sia molto abile a celare il vero ammontare di valute di riserva cui potrebbe attingere.
Il punto di maggior rilievo dell’articolo è però di natura metodologica, laddove si sottolinea che le varie formulazioni di analisi interpretativa dei segnali possono assumere rilievo strategico alla sola condizione che sia il risultato d’insieme delle osservazioni statistiche rilevate – e delle valutazioni di natura geostrategica – a rendere plausibile la previsione di intenzionalità conflittuale a breve. Ad oggi, infatti, una tale previsione non sembra essere suffragata se non dal monito del leader cinese Xi Jinping, che ha detto ai suoi capi della sicurezza di prepararsi allo “scenario peggiore”.
Tanto che la conclusione degli autori è che, se gli indicatori economici e finanziari – insieme alle immagini satellitari, all’intelligence dei segnali e alle fonti umane – non inducono gli analisti delle intelligence occidentali a divenire vittime del loro stesso pregiudizio di conferma (5), una siffatta mole di informazioni affidabili potrebbe per contro servire a prevenire una invasione correttamente prevista. Anche se un fattore di grande deterrenza non considerato nell’articolo dovrebbe essere quello della enorme incognita geostrategica che si creerebbe dalla concomitanza di una nuovo focolaio bellico a rilevanza geostrategica ad est, con la guerra già in atto al centro dell’Europa, della quale non sono ancora prevedibili gli esiti.

Il contenuto segnaletico delle anomalie rilevabili ex-post.
E’ notorio che gli indicatori di anomalie statistiche possono risultare di maggiore beneficio segnaletico, sul piano sia geopolitico che geoeconomico, per detectare invece ex post, e non ex-ante, fenomeni o processi contrari a norme impositive assunte da organismi sovranazionali, Stati o gruppi di Stati. Ma anche ad individuare on-going tali fenomeni, se per tale scopo fosse possibile attivare efficienti algoritmi di controllo su scala internazionale.
Con riferimento, ad esempio, al rispetto delle sanzioni internazionali, va detto che da tempo Bruxelles sospetta – sulla base di dati commerciali che hanno mostrato un forte aumento delle esportazioni di prodotti dell’UE verso Paesi della periferia russa – che in realtà la loro destinazione finale sia invece la stessa Federazione russa, eludendo però in tal modo le sanzioni. E d’altra parte è noto come sia molto complesso effettuare un tracciamento completo delle merci nei vari paesi, per capire con esattezza cosa succeda dopo che le merci siano arrivate nel paese di destinazione dichiarato in Italia.
Eppure la semplice associazione di taluni indicatori statistici già consente di individuare settori e sottosettori di produzioni sui quali, più che su altri, sarebbero necessari maggiori approfondimenti, applicando in specifico la tecnica cosiddetta del mirror flow, (6) che consente di risalire ai dati del commercio del Cremlino, non più dichiarati dall’inizio della guerra. Trattasi di un confronto statistico imperniato sulla doppia misurazione dei dati mancanti dell’informazione doganale, ricavabili dalle dichiarazioni di tutti i partner commerciali di Mosca. (7)
Anche se solo un indizio, in tal senso, è già ricavabile dall’esame di possibili anomalie statistiche rinvenibili sui dati dell’export italiano. Se si considera, a titolo puramente esemplificativo, l’ammontare dell’export italiano verso la Russia del comparto Altre macchine di impiego generale n.c.a., (tav A.4.42. dell’Annuario statistico del commercio estero ISTAT-ICE) (8) si nota che tra il 2018 ed il 2021 il valore di tale flusso di export si era mediamente attestato attorno ai 340 miliardi di Euro annui. Mentre nel 2022 subisce il crollo, attestandosi a 191 miliardi. Ma, se si osserva l’analoga tavola relativa alla stessa voce tabellare di export dall’Italia alla Georgia, emerge come a fronte di un ammontare medio annuo nello stesso periodo pari a ca. 8,5 miliardi, nel corso del 2022 tale ammontare di export verso la Georgia è più che raddoppiato, portandosi a 17,6 miliardi. Simili considerazioni potrebbero farsi per l’anomalia dell’impennata d’acquisto di elettrodomestici da parte del Kazakhstan.
Di cui nel periodo 18-21 importava annualmente un ammontare di 2,5 miliardi di Euro, schizzati a 26,3 Mil. nel corso del 2022.






(Fonte: Istat).

Note:
1- Could economic indicators signal China’s intent to go to war? (economist.com)
2 – Da considerare che un aumento dell’import di fagioli potrebbe essere spiegato dalla fine di un periodo di peste suina.
3 – Oltre alla Russia, anche Bolivia, Brasile e Argentina già accettano di commerciare in yuan
4 – Shadow reserves — how China hides trillions of dollars of hard currency – The China Project
5 – A proposito del pregiudizio di conferma, ovverosia dell’atteggiamento tipico per il quale si è portati più a confermare un’ipotesi a favore, rispetto a prendere in considerazione evidenze contrarie, gli autori ricordano come nel 1983 la Nato tenne un’esercitazione militare che doveva culminare in un attacco nucleare simulato. Mentre funzionari sovietici, basandosi su indicatori che il kgb aveva identificato, temevano che l’esercitazione potesse essere una copertura per un attacco reale.
6 – Come ricostruire i dati di Commercio Estero russo – ExportPlanning
7 – Naturalmente, se l’obiettivo fosse quello di individuare le singole operazioni di triangolazione, si dovrebbero complementare tali tecniche di raffronto con il supporto (molto difficilmente ottenibile) degli organi di intelligence dei paesi di presunto transito delle merci, ovvero con azioni di spionaggio.
8 – Annuario 2023 – Commercio Estero e attività internazionali delle imprese (istat.it)