Macedonia. Votato nuovo governo

di Valentino de Bernardis –

Dopo mesi di stallo politico, manifestazioni e avvelenamento del confronto tra le parti, si intravede una flebile schiarita nel panorama politico macedone. Nella notte di mercoledì 31, dopo due giorni di infuocato dibattito parlamentare, la coalizione tripartita formata dai socialdemocratici (SDSM), dal primo partito etnico albanese (Unione Democratica per l’Integrazione – DUI) e dalla nuova formazione politica sempre di carattere etnico (Alleanza per gli Albanesi – AA) hanno garantito al primo ministro in pectore Zoran Zaev di ottenere i numeri necessari per dare vita ad un nuovo gabinetto. Una maggioranza risicata (62 voti a favore 44 contrari e 5 astenuti) che a guardarla con occhio critico, sembra avere al momento il solo merito di aver colmato il vuoto istituzionale creatosi dopo le contrastatissime elezioni dell’11 dicembre 2016. La debolezza di tali numeri, difatti, rappresenta una debolezza congenita del nuovo esecutivo, con cui prima o poi Zaev dovrà confrontarsi.
I rischio concreti a cui Zaev dovrà dare risposta nel breve-medio periodo sono sia di carattere politico che economico. Dal punto di vista della battaglia parlamentare, necessario sarà assicurarsi l’appoggio esterno del secondo partito etnico albanese Besa (5 seggi), che all’ultimo si sono tirati indietro dalla coalizione di governo in opposizione al Unione Democratica per l’Integrazione, con il quale si contendono l’elettorato attivo. Partendo da qui, è da capire quali saranno le concessioni che l’esecutivo sarà forzato a concedere per assicurarsi tali voti: maggiori concessioni alla minoranza albanese che potrebbero esacerbare sempre di più il latente scontro etnico nel paese? elargizioni di fondi e/o finanziamenti?
Da questo primo punto nel deriva un secondo, potenzialmente ancora più devastante. Se una tale ipotesi si dovesse concretizzare, il governo presterebbe il fianco ad attacchi senza quartiere del principale partito di opposizione, i conservatori del VMRO-DPMNE, da sempre alfieri degli interessi della maggioranza etnica macedone a discapito delle minoranze presenti sul territorio. Rischiando di far tornare in auge il confronto politico-etnico-razziale tra le parti, come parzialmente già accaduto lo scorso mese di aprile, con l’irruzione in parlamento di sostenitori VMRO-DPMNE che volevano evitare la nomina del presidente della camera, propedeutica alla formazione del nuovo esecutivo.
Per quanto concerne gli scogli economici che Zaev si appresta ad affrontare, il mantenimento delle promesse elettorali quali sostenere un crescita economica superiore al 3%, l’aumento del salario minimo da 260 euro a 500 euro entro il 2020, e la reintroduzione dei sussidi statali per l’elettricità rappresentano un durissimo banco di prova, su cui un governo debole potrebbe rischiare di naufragare.
Al netto di tale considerazioni, da osservatori esterni senza interessi nel paese, cosa ha rappresentato nella realtà dei fatti la nascita del nuovo governo a guida socialdemocratica? Di certo la vittoria del sistema democratico in un’area geografica d’Europa dove storicamente le istituzioni democratiche sono deboli, con un governo espressione della volontà popolare e del sistema parlamentare. Sarà questo sufficiente a garantire governabilità e stabilità in Macedonia? Assolutamente no, anzi c’è il rischio di aver solo rimandato nel tempo un confronto politico-etnico ormai insormontabile. Ma di questo speriamo di sbagliarci.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.