MALI. Analista Icg, ‘crisi destinata a durare, si rischia il crollo dello Stato’

Adnkronos/Aki, 25 mag 12 –

“La crisi in Mali e’ partita per durare”. Parola di Gilles Olakounle’ Yabi, direttore del Progetto Africa occidentale presso l’International Crisis Group (Icg), che in questo modo commenta la situazione che si e’ venuta a creare nel Paese saheliano dopo il golpe del 21 marzo che ha spodestato il presidente Amadou Toumani Toure’ e la proclamazione dell’indipendenza del nord da parte della ribellione tuareg il 6 aprile. In un’intervista al sito ‘Slate Afrique’, l’analista si dice convinto che “la priorita’ dei maliani, della Comunita’ economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Ecowas) e di tutta la comunita’ internazionale deve essere fermare questa folle corsa veso il crollo dello Stato maliano”. La tensione a Bamako resta alta, dopo che il capo di Stato ad interim, Dioncounda Traore’, e’ stato aggredito e picchiato da un gruppo di sostenitori del capitano Amadou Sanogo, leader dei golpisti, che e’ stato dichiarato in modo unilaterale presidente della transizione. Nel nord sono soprattutto due le organizzazioni che si spartiscono il controllo del triangolo strategico Kidal-Gao-Timbuctu, ossia i ribelli laici del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) e il gruppo tuareg filo-islamico Ansar Eddine, alleati di al-Qaeda, che a giorni dovrebbero annunciare un governo provvisorio. Nell’area la situazione umanitaria delle popolazioni locali e degli sfollati e’ tragica e le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Secondo Yabi, “la condizione necessaria ma non sufficiente, per attuare un quadro politico e di sicurezza che permetterebbe un progressivo ritorno dello Stato nel nord del Paese e’ chiarire la situazione a Bamako”. In tal senso, “e’ necessario sostenere il governo civile incarnato dal premier Modibo Diarra e dal presidente ad interim Dioncounda Traore'”, che attualmente si trova a Parigi per accertamenti medici dopo l’aggressione subita, ha spiegato l’esperto. “Mentre i gruppi armati al nord si installano comodamente e stabilmente, imponendo le loro leggi alle popolazioni locali, a Bamako si perde tempo in discussioni vane”, ha aggiunto l’analista di Icg, riferendosi alle notizie relative all’applicazione della sharia nelle principali citta’ dell’Azawad, ossia il nord del Mali in lingua tamashek. Una crisi, quella maliana, che deve essere mediata “anzitutto dall’Ecowas”, organizzazione che “presenta ancora molte debolezze e limiti, ma il cui attivismo ha permesso un ritorno, benche’ laborioso e incompleto, all’ordine costituzionale dopo il colpo di Stato”, senza contare che questo organismo “gode della considerazione degli attori intenazionali, come il Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Quanto all’ipotesi di un intervento militare in Mali, “l’Ecowas ha indicato chiaramente che non dispieghera’ una missione se non su richiesta delle autorita’ maliane”, cosi’ come gli ufficiali golpisti non hanno alcun interesse “a schierarsi contro delle truppe inviate dalla stessa organizzazione a cui stanno chiedendo aiuto logistico ed equipaggiamenti per riconquistare il nord”. E’ quindi soprattutto uno sforzo diplomatico quello che deve essere fatto a Bamako dall’Ecowas, che secondo l’analista dovrebbe “coinvolgere anche Algeria e Mauritania” in quanto potenze regionali impegnate nella lotta contro al-Qaeda. Del resto, e’ questa la principale preoccupazione anche al di la’ dei confini del Sahel. L’ipotesi che i gruppi armati islamisti prendano stabilmente il controllo del nord del Mali e’ guardata con “particolare inquietudine dall’Europa, vista anche la sua vicinanza geografica” con l’area sahelo-sahariana. Un coordinamento degli sforzi tra tutti gli interlocutori della crisi e’ tanto piu’ necessario quanto piu’ e’ alto il rischio di una propagazione della crisi stessa al di la’ dei confini del Mali. In questo quadro, “il Niger e la Mauritania, ma anche la Nigeria, che non riesce piu’ a contenere le attivita’ terroriste di Boko Haram nel nord, sono particolarmente mobilitati”. Anche se “in Africa occidentale non c’e’ molto appetito di estremismo religioso, tanto meno di una lotta decentralizzata a colpi di attentati e rapimenti contro l’Occidente, come e’ nella logica di al-Qaeda”, tuttavia “basta poco per fare molto male a uno qualunque dei Paesi della regione”, che presenta gia’ molte criticita’ a livello economico, politico e sociale. “L’Africa occidentale non potra’ uscire dalla poverta’ finche’ un Paese esce dalla crisi e un altro vi entra”, ha concluso Yabi.