Messico. La reazione alla strage di Orlando e la condizione degli omosessuali nel paese

di Marco Dell’Aguzzo –

olrando strageNella notte tra sabato 11 e domenica 12 il ventinovenne Omar Mateen – cittadino americano dalla nascita, di origine afghana – è entrato in un locale gay di Orlando, in Florida, e ha ucciso cinquanta persone e ferito altre cinquantatré, in quella che è stata la sparatoria di massa col maggiore numero di vittime in tutta la storia degli Stati Uniti.
Mateen, impiegato come guardia di sicurezza e regolarmente in possesso di un porto d’armi, era, secondo le testimonianze di colleghi e familiari, un uomo violento – l’ex-moglie ha raccontato di essere stata spesso picchiata da lui – omofobo e razzista. Poco prima di compiere la strage, aveva telefonato al numero di emergenza 911, sostenendo di far parte dello Stato Islamico: nonostante le semplificazioni giornalistiche e politiche, non ci sono però attualmente elementi che confermino davvero il coinvolgimento diretto di Daesh nell’attacco né la reale affiliazione di Mateen al gruppo terroristico islamista. Secondo il Guardian, inoltre, “le persone coinvolte con i gruppi come al-Qaida e ISIS giurano fedeltà a un capo, non all’organizzazione […]. Finora, pare che Mateen abbia giurato fedeltà a ISIS, [fatto] che indicherebbe un grado di ignoranza e, molto probabilmente, una radicalizzazione relativamente recente”.
Il presidente del Messico Enrique Peña Nieto ha immediatamente espresso su Twitter la sua e di tutto il paese “solidarietà alle famiglie” delle vittime “e al popolo statunitense”, attirandosi però le critiche di chi – in virtù della sua scarsa attenzione, al di là di quella formale, per le stragi e gli episodi di violenza che avvengono ogni giorno in Messico – lo considera piuttosto un ipocrita e un cinico. Su Peña Nieto pesa in effetti non soltanto la responsabilità quantomeno politica del “caso Iguala”, ovvero della sparizione dei quarantatré studenti di Ayotzinapa (caso che le autorità messicane non sembrano effettivamente così interessate a risolvere davvero, offrendo piuttosto false verità di comodo), ma anche la responsabilità dei numerosi omicidi di giornalisti e di donne, nonché quella dell’altissimo tasso di morti causate dalle forze armate, responsabili di esecuzioni sommarie, episodi di tortura e sparizioni forzate nei confronti dei civili: il mese scorso il New York Times definì i militari messicani, proprio per le numerosissime violazioni dei diritti umani commesse, degli “assassini incredibilmente efficienti” che agiscono in un regime di sostanziale impunità. In Messico la violenza, insomma, non è affatto prerogativa di narcos e organizzazioni criminali; per di più, il paese continua a tendere pericolosamente verso forme di controllo politico sempre più autoritarie: una legge recentemente approvata nello Stato del Messico (Edomex), ad esempio, consente a poliziotti e soldati di ricorrere alla forza per “ristabilire l’ordine e la pace sociale” in caso di proteste.
Ritornando alla strage di Orlando e alla reazione messicana, uno degli hashtag apparso ieri tra i trending topic di Twitter in Messico recitava #AnimalComoHomosexual (gli omosessuali sono come gli animali, in sostanza). Sebbene in Messico i matrimoni gay e altre forme di unione siano celebrate e riconosciute praticamente in tutta la nazione (con l’eccezione di un solo stato) e l’adozione alle coppie omosessuali sia permessa in alcune entità federali già dal 2009, si commetterebbe un errore a definirlo un paese assolutamente gay-friendly. Hashtag come quello di ieri (peraltro non un caso isolato) sono soltanto la spia di un’omofobia che – in forme più o meno violente – interessa una parte considerevole della popolazione: nel 2015 il Messico è stato del resto il paese con il secondo più alto numero di crimini a sfondo omofobo (1.218 omicidi negli ultimi diciannove anni), e nel 2014 ben sessantuno persone sono state uccise per il loro orientamento sessuale. Un omosessuale su tre ha dichiarato di avere paura di rivelarsi per paura di ripercussioni sul luogo di lavoro e di licenziamenti.
Nonostante tutto, diverse organizzazioni LGBT hanno manifestato ieri di fronte all’ambasciata statunitense a Città del Messico – ma anche nel resto del paese – per esprimere la loro solidarietà alle cinquanta vittime di Orlando e alle quattro di Xalapa (Veracruz), uccise il 22 maggio dopo che alcuni uomini armati fecero irruzione in un locale gay e iniziarono a sparare sulla folla. Ad #AnimalComoHomosexual si è risposto, sui social network, con #LaHomofobiaMata. L’omofobia uccide.