Strage di Orlando. Quei “lupi solitari” che possono colpire ovunque

di Enrico Oliari –

mateen omar“Homegrown mujaheddin”: con questo termine si identificano i “lupi solitari” cresciuti anche in occidente, terroristi pronti ad attivarsi come ieri Omar Mateen al Pulse Club di Orlando, sensibili ai molti appelli dell’Isis di attivarsi e di colpire appena possibile, con tutta la forza di cui si può disporre.
Risale al 13 novembre 2014 il messaggio audio del “Califfo” Abu Bakr al-Baghdadi con il quale raccomandava ai “lupi solitari” e alle “cellule in sonno” di colpire e di portare il terrore in occidente ed annunciava la prossima “marcia dei mujaheddin, che continuerà finché non arriveremo a Roma”. Anche Abu Muhammad al-Adnani, portavoce dell’Isis, aveva detto in un suo messaggio che “Se non riuscite a trovare una bomba o un proiettile… usate la vostra auto e investiteli”.
Da allora è lungo l’elenco degli “homegrown mujaheddin” che si sono attivati in tutto il mondo, dal Canada al Medio Oriente, dall’Europa all’Africa, e tutto lascia presagire che la fine di questo fenomeno non terminerà con la riconquista dei territori oggi occupati dall’Isis.
Gli assassini in questo caso sono difficilmente individuabili dal momento che non sono inseriti in una rete e non sono rintracciabili perché passano una frontiera, come nel caso dei foreign fighter. Sono spesso persone “integrate”, con una vita normale, una cerchia di amici qualunque, a volte una famiglia e quasi sempre un lavoro. Ed ovviamente agiscono con più facilità laddove riescono a procurarsi le armi, come in quegli Stati Uniti che rappresentano il nemico per eccellenza.
L’intelligence Usa ha tuttavia lanciato nuovamente l’allarme ed ha avvertito che gli “homegrown mujaheddin” possono colpire ancora, anche in Italia, per quanto l’intelligence e gli inquirenti del nostro paese abbiano fino ad oggi svolto un lavoro encomiabile.
Ancor più il rischio si eleva nel momento in cui più lupi solitari trovano occasione per interagire, forti dell’ideologia jihadista facilmente fruibile in rete, senza necessariamente essere in contatto diretto con lo Stato islamico.
Potrebbe essere il caso, ad esempio, della strage di San Bernardino del 2 dicembre 2015, quando Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik, marito e moglie, hanno ucciso 14 persone in un un centro per disabili, ma, per rimanere nel Nordamerica, della strage di Boston del 15 aprile 2013, condotta dai fratelli ceceni Dzochar e Tamerlan Carnaev e costata la vita a 3 persone; il 22 ottobre 2014 il 32enne canadese convertitosi all’islam Michael Joseph Hallm ed altri suoi complici si sono messi a sparare all’impazzata a Ottawa uccidendo il soldato Nathan Cirillo, 24 anni; lo stesso giorno a Montreal il 25enne Martin Ahmad Rouleau, già noto in quanto radicale islamico, ha investito con la sua auto il militare 53enne Patrice Vincent; il 25 ottobre dello stesso anno il 32enne convertitosi all’Islam Zale Thompson ha ferito due poliziotti aggredendoli con un’ascia a New York.
Gli obiettivi sono i più svariati, dai militari per significare la guerra in corso in Medio Oriente ai gay per il sentimento altamente omofobico radicato nell’Islam, dai turisti anche per colpire le economie di determinati stranieri (Tunisia, Egitto, Turchia), alla gente colpita nella normalità di un aeroporto o della metropolitana.
Le iniziative del presidente Usa Barak Obama contro la facilità con cui è possibile acquistare armi negli Stati uniti sono state battaglie contro i mulini a vento, per cui non si sa quanto potrà fare Hillary Clinton, che oggi ha ribadito lo stesso impegno nel momento in cui venisse eletta. Atteggiamento diametralmente opposto a quello del candidato repubblicano Donald Trump, dichiaratamente favorevole alla libera commercializzazione delle armi ma ben disposto (almeno nelle intenzioni) a chiudere le porte agli immigrati islamici.
D’altronde non è un segreto che le lobbies per le armi possano influenzare severamente l’elezione o meno di un inquilino alla Casa Bianca.