a cura di Silvia Boltuc * –
L’organizzazione Mojahedin-e Khalq (MEK) ha una storia controversa. Mentre alcuni rappresentanti internazionali vedono il MEK come una legittima opposizione alla Repubblica Islamica dell’Iran, i metodi impiegati nella lotta contro il governo iraniano hanno sollevato numerose critiche.
I diversi report sugli abusi sofferti dagli stessi membri del MEK all’interno dei loro campi pongono ulteriori dubbi sulle attività del gruppo, soprattutto dopo la decisione di ospitare i suoi combattenti in Albania e di ospitare alcuni esponenti in eventi ufficiali della politica occidentale. Vale la pena notare che nel corso della storia numerosi occidentali sono rimasti uccisi negli attentati del MEK.
Durante gli anni ‘50 e ‘60 l’Iran fu testimone di un periodo di dura repressione sotto il governo di Shah Mohammad Reza Pahlavi, che prese di mira in particolare dissidenti e attivisti politici attraverso le azioni della sua polizia segreta, nota come Savak.
Nel 1965, tre studenti iraniani fondarono un movimento di opposizione che successivamente si evolse nei Mujahedin del popolo iraniano. Inizialmente il MEK (sigla con cui comunemente ci si riferisce al gruppo) era un movimento che combinava elementi di Islam e Marxismo, con l’obiettivo di rovesciare la monarchia di Shah Reza Pahlavi. Nel corso del tempo, in particolare dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, il gruppo si trasformò in un’organizzazione terroristica, conducendo attacchi per rimuovere il governo della Repubblica islamica dell’Iran e stabilirne uno nuovo.
Il Consiglio nazionale della Resistenza Iraniana, l’ala politica del MEK, nel 1993 elesse Maryam Rajavi, la moglie del leader del gruppo Massoud Rajavi, come futuro presidente dell’Iran per il periodo di transizione successivo, secondo il loro obiettivo, al rovesciamento del governo religioso.
Ai suoi esordi, durante il periodo monarchico il MEK non solo si oppose allo Shah ma anche ai suoi alleati occidentali, come gli Stati Uniti. Mentre combatteva contro la monarchia Pahlavi, il MEK prese di mira un numero significativo di statunitensi attraverso attacchi e omicidi mirati.
Ad esempio nel 1972 fecero esplodere bombe a Teheran presso l’ufficio del Servizio Informazioni degli Stati Uniti (parte dell’ambasciata degli Stati Uniti), la Società iraniano-americana e gli uffici di diverse società statunitensi per protestare contro la visita del presidente Nixon. Nel 1973, il MEK assassinò il vicecapo della missione militare statunitense a Teheran.
Il MEK svolse un ruolo rilevante nel rovesciamento della monarchia persiana durante la rivoluzione islamica e prese parte all’occupazione dell’ambasciata statunitense a Teheran. Tuttavia, dopo l’istituzione del nuovo governo della Repubblica islamica, divergenze sull’interpretazione dell’islam sciita hanno portato ad una frattura con l’Ayatollah Ruhollah Khomeini.
Nel 1981 il MEK si diede alla clandestinità e iniziò una serie di attentati, compresi attacchi alla sede centrale del Partito della Repubblica Islamica e all’ufficio del primo ministro. Questi attacchi hanno provocato la morte di 70 funzionari iraniani di alto rango, tra cui il Presidente Mohammad-Ali Rajaei, il primo ministro Mohammad-Javad Bahonar e il ministro della Giustizia, l’ayatollah Mohammad Beheshti. In risposta la Repubblica Islamica ha represso il gruppo, costringendo il MEK ad andare in esilio in Francia.
Un altro momento cruciale si verificò nel 1986 quando il governo francese, guidato da Jacques Chirac, espulse il MEK, costringendo il gruppo a trasferirsi in Iraq. Lì aiutarono Saddam Hussein nella sua guerra con l’Iran (1980-1988) con attacchi su larga scala contro le forze iraniane.
Nel 1992, il MEK condusse un attacco terroristico colpendo la missione iraniana presso le Nazioni Unite a New York e contemporaneamente presero di mira altre ambasciate e missioni consolari iraniane in 13 paesi.
Le loro attività si sono estese fino agli anni 2000, compreso un attacco con mortai contro un importante complesso dirigente iraniano a Teheran che ospitava gli uffici della Guida Suprema e del Presidente.
Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003, il gruppo perse il sostegno finanziario dall’ex regime iracheno, ma guadagnò il sostegno statunitense che vide nel MEK uno strumento per porre pressione sul governo islamico iraniano.
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che aveva inserito il gruppo nella sua lista delle organizzazioni terroristiche nel 1997, lo rimosse nel 2012, seguendo la rimozione europea avvenuta nel 2009.
Negli Stati Uniti ci sono importanti sostenitori del gruppo, tra cui Rudolph W. Giuliani, che ha servito come avvocato personale di Donald Trump, e John R. Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale. Fonti aperte indicano che sia Giuliani che Bolton sono stati pagati decine di migliaia di dollari per aver parlato alle conferenze del MEK. Durante questi eventi, queste figure influenti del panorama statunitense hanno caratterizzato questi combattenti come l’opposizione più legittima all’governo di Teheran. L’Iran ha inserito nella sua lista nera dozzine di funzionari statunitensi per il loro sostegno al MEK, movimento che il governo iraniano considera responsabile dell’uccisione di 17mila iraniani nel corso di decenni.
A partire dal 2013 il campo del MEK venne spostato in Albania.
Il 20 giugno 2023, la procura speciale anticorruzione albanese (SPAK) ha ordinato un raid nel campo. Il sospetto alla base dell’operazione era che all’interno del campo si trovassero i server da cui è partito l’attacco informatico subito dall’Albania il 15 luglio 2022 e di cui Tirana aveva precedentmente attribuito la colpa al governo iraniano.
Il ministro dell’Interno Bledi Cuci, in una conferenza stampa congiunta con il capo della polizia Muhamet Rrumbullaku, ha chiarito che i membri del MEK hanno violato l’accordo firmato con il governo albanese nel 2014 impegnandosi in attività politiche illegali.
In risposta all’evento, il governo degli Stati Uniti ha preso le distanze dal MEK e ha sottolineato che le prossime decisioni in merito all’organizzazione vanno lasciata all’Albania.
Secondo diverse fonti il gruppo gestisce allevamenti di troll online, vantandosi ripetutamente di aver hackerato o penetrato istituzioni legate allo stato iraniano.
Va ulteriormente sottolineato che il MEK è da molti definito un “culto”. I suoi adepti sono infatti costretti ad una vita di celibato, le relazioni romantiche ed i pensieri sessuali sono vietati, e scoraggiati i contatti con la propria famiglia o relazioni amicali. I membri sono altresì costretti a partecipare a rituali di autocritica, durante i quali confessano ai loro comandanti qualsiasi pensiero considerato inappropriato dal culto. Molte famiglie che hanno perso contatto con i propri figli a causa della setta combattono da anni per salvarli dalla prigionia.
In questo contesto abbiamo intervistato Javad Hasheminejad, figlio di una figura di spicco del governo della Repubblica Islamica dell’Iran rimasto ucciso da un attentato terroristico ad opera del MEK. Hasheminejad è Segretario generale dell’Associazione Habilian, una ONG iraniana per i diritti umani fondata nel 2005 da un gruppo di famiglie di vittime del terrorismo.
– L’associazione Habilian è stata fondata dalle vittime degli attacchi terroristici contro la nazione iraniana. In che modo lei è collegato a questo tema?
“L’organizzazione terroristica conosciuta come Mujahedin e-Khalq (MEK) ha effettuato un’operazione suicida che ha portato all’assassinio di mio padre, Seyyed Abdol Karim Hasheminejad. Mio padre era una figura politica chiave e uno studioso di spicco in Iran all’inizio degli anni ‘80. Ha avuto un ruolo di leadership nella Rivoluzione Islamica a Mashhad.
Lui, insieme ad altri 40 esponenti del clero, fu arrestato dopo aver pronunciato un discorso a Teheran la notte prima del 5 giugno 1963, la stessa notte in cui anche l’Imam Khomeini fu arrestato a Qom. Nel 1979, mio padre sopravvisse a un tentativo di omicidio da parte della Savak (la polizia segreta dello Shah), che lanciò degli esplosivi in casa sua. Tragicamente, dopo la Rivoluzione, è stato ucciso da un membro del MEK mentre lasciava un’aula presso la sede del Partito della Repubblica Islamica a Mashhad”.
– Qual è la posizione ufficiale dei paesi occidentali sul MEK?
“Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato esplicitamente che il gruppo terroristico MEK è stato responsabile dell’assassinio di migliaia di individui. Purtroppo, alcuni di questi gruppi terroristici che hanno compiuto attentati nel nostro Paese sono attualmente ospitati in paesi europei e occidentali.
L’Unione Europea ha designato il MEK come organizzazione terroristica per sette anni, dal 2002 al 2009. Durante questo periodo, ha avuto una presenza attiva in vari parlamenti europei e ha tenuto incontri con i membri del parlamento europeo esponendo il loro logo ufficiale.
Le prove raccolte dal Dipartimento di Stato americano e da altri paesi europei supportano fortemente la classificazione di questo gruppo come organizzazione terroristica. Tuttavia, le loro attività nei paesi europei suggeriscono il contrario. Sembra che questi omicidi all’interno dell’Iran siano stati motivati politicamente e attentamente mirati.
Inoltre, preoccupa il fatto che i media occidentali siano rimasti particolarmente silenziosi sugli attacchi avvenuti in Iran, ed è fondamentale portare la questione all’attenzione del mondo. È illogico dichiarare un gruppo come organizzazione terroristica e allo stesso tempo consentirgli di operare liberamente all’interno dei confini di un paese. Negli ultimi mesi, i membri di questo gruppo si sono resi responsabili dell’assassinio di guardie di frontiera iraniane e i paesi che li sostengono hanno consentito queste azioni”.
– Come figlio di una vittima del MEK quali sono i suoi sentimenti nei confronti dell’Europa e della sua decisione di rimuovere il gruppo dalla lista delle organizzazioni terroristiche?
“Ho viaggiato personalmente in vari paesi europei e ho avuto a che fare con i loro funzionari. Ho sperimentato un chiaro doppio standard.
Ad esempio, durante la mia visita in Inghilterra, ho presentato tutti i documenti in mio possesso riguardanti il MEK e altri gruppi terroristici, particolarmente a note agenzie di stampa inglesi. Mio padre fu assassinato quando ero molto giovane. In Inghilterra mi è stato detto che la questione è ormai considerata storica, poiché sono passati 40 anni. Tuttavia vedo questi gruppi operare liberamente per le strade di Londra anche se rappresentano una minaccia anche per l’Occidente, avendo ucciso numerosi occidentali e attaccato infrastrutture su suolo statunitense.
Ciò che mi sorprende è che, recentemente, un cittadino iraniano sia stato processato per la sua associazione con questo gruppo terroristico e in questo caso sembra che il passato non sia stato un fattore rilevante per le autorità”.
– Secondo lei, perché il mondo occidentale ha rimosso i Mujahedin e-Khalq dalla lista delle organizzazioni terroristiche e ha fornito sostegno ad alcune delle loro attività?
“Gli Stati Uniti e l’Europa possiedono una comprensione globale del gruppo terroristico in questione, comprese le sue operazioni e obiettivi. Tuttavia, a volte utilizzano queste organizzazioni come strumenti per esercitare pressione sull’attuale governo iraniano, guidati dai propri programmi politici. Sfortunatamente, nel continuo confronto politico tra questi due potenti paesi, noi, la popolazione in generale, continuiamo a soffrire come vittime del terrorismo.
Durante una conversazione con una giornalista svedese, ho menzionato i Mujahedin e-Khalq, e lei mi ha prontamente risposto menzionando Hezbollah.
Lo stesso due anni fa, quando ho avuto un incontro con il capo della Commissione Esteri del Parlamento Europeo in Iran. Eravamo nel Parlamento iraniano insieme a tutti i deputati iraniani e alla presenza dei rappresentanti dell’Unione Europea. Durante la discussione i membri del Parlamento europeo hanno accusato i parlamentari iraniani di difendere Hezbollah e, per estensione, di sostenere il terrorismo. Mi sono sentito obbligato ad intervenire, sottolineando che il loro focus era su Hezbollah, che è una realtà odierna. La mia preoccupazione, d’altro canto, affondava le sue radici negli eventi accaduti all’inizio degli anni ‘80, quando Hezbollah non esisteva ancora. Nello specifico, mi riferisco al 1981, quando i terroristi si resero responsabili dell’assassinio di un presidente e di un primo ministro iraniani, ed il MEK rivendicò apertamente la responsabilità di questi attacchi.
Nello stesso anno, il 1981, il governo francese accolse il leader del MEK in un aeroporto francese e fornì sostegno al gruppo. I francesi furono i primi a sostenere apertamente il MEK, seguiti da altri paesi europei.
Ho osservato deputati europei scattarsi foto con il leader del MEK, un gruppo che ha ammesso di aver assassinato mio padre. Purtroppo, sto ancora aspettando giustizia per questo atto”.
– Secondo le sue aspettative, quale potrebbe essere un esito favorevole o positivo di questa intervista?
“Presentare il background storico di questi gruppi potrebbe offrire al pubblico una preziosa opportunità per acquisirne una comprensione più profonda e potenzialmente contribuire allo sforzo di etichettarli accuratamente per quello che sono, un’organizzazione terroristica.
Gli eventi che si svolgono in tutto il mondo spesso danno priorità agli interessi politici rispetto ai diritti umani. I governi incoraggiano gruppi terroristici per motivi politici. Tuttavia, i media possiedono un potenziale significativo per portare alla luce queste decisioni politiche. Un singolo articolo di un giornalista ha il potere di alterare il corso di un paese o addirittura portare alle dimissioni di un politico.
È fondamentale sottolineare che anche tra la popolazione iraniana, compresi coloro che occasionalmente protestano contro il governo di Teheran, esiste una forte opposizione al MEK. I metodi impiegati dal gruppo non trovano sostegno nella società iraniana”.
Oltre un decennio fa sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno rimosso il MEK dalle loro liste delle organizzazioni terroristiche designate, poiché il gruppo si era impegnato ad abbandonare le tattiche violente.
Secondo Ylli Zyla, capo dell’intelligence militare albanese dal 2008 al 2012, i membri di questa organizzazione vivono in Albania come ostaggi. Le rivelazioni di abusi in vari rapporti, gli sforzi in corso da parte delle famiglie per salvare i propri figli dai campi del MEK e i paragoni con una setta, sollevano interrogativi sulla legittimità delle attività dell’organizzazione.
Un ex agente della CIA, infatti, ha espresso l’opinione che i politici che sostengono il MEK negli Stati Uniti siano perfettamente a conoscenza del fatto che questo gruppo non è democratico e comunque non ha alcun sostegno in Iran. Tuttavia, secondo l’ex agente, è stato utile per sconvolgere l’ordine politico in Iran.
Sebbene molti governi in tutto il mondo utilizzino tali strategie come parte dei loro strumenti geopolitici, cosa che si è rivelata efficace, esiste il rischio di conseguenze sfavorevoli. Alcuni ex membri del MEK hanno riferito che le attività principali del gruppo in Albania implicano l’impegno in una crescente battaglia informativa online tra l’Iran e i suoi avversari. Il gruppo, infatti, diffonde propaganda anti-iraniana in inglese, farsi e arabo su piattaforme di social media come Facebook, Twitter, Telegram e nelle sezioni commenti dei giornali. Ciò potrebbe creare una falsa impressione di coinvolgimento straniero in azioni contro l’Iran o viceversa, portando potenzialmente ad un aumento delle tensioni o addirittura ad uno scontro tra i due paesi nella peggiore delle ipotesi.
I cittadini albanesi spesso vedono con scetticismo la presenza del MEK nel loro paese, tracciando paralleli con l’ISIS, mentre la popolazione iraniana è preoccupata per i metodi impiegati nella loro lotta. Pertanto, è essenziale che l’Europa conduca una valutazione approfondita delle potenziali ripercussioni dell’ospitare gruppi politicamente controversi, poiché ciò potrebbe potenzialmente comportare un aumento delle tensioni geopolitiche e dell’instabilità.
* Direttrice di SpecialEurasia.