Nigeria. Chi inquina e chi ruba il petrolio del Delta del Niger. Intervista a Royal Dutch Shell

di Giacomo Dolzani –

Nigeria inquinamento petrolio grandeLa Nigeria, con i suoi 896 milioni di barili all’anno, è il dodicesimo produttore di petrolio a livello mondiale; sono quindi parecchie le multinazionali attive nell’estrazione di greggio in tutto il paese, da Shell, ad Exxon fino all’italiana Eni.
Una delle aree in cui l’attività estrattiva è più intensa è la zona del Delta del Niger, il principale corso d’acqua nigeriano dove, vicino ai numerosi villaggi di contadini e pescatori che vivono sul fiume, sorgono i grandi impianti destinati alla produzione di greggio.
Secondo le organizzazioni ecologiste, in anni di attività, a causa dell’inquinamento del territorio e del fiume dovuto agli idrocarburi dispersi nell’area, i campi e le acque sarebbero diventati sterili, rendendo impossibile la vita a quegli agricoltori il cui sostentamento era fornito dal fiume e dalle loro terre.
Quando il problema è stato portato sotto i riflettori dai media occidentali, le ong e le associazioni umanitarie ed ambientaliste di tutto il mondo hanno subito puntato il dito contro le aziende impegnate nell’estrazione petrolifera, accusandole di aver inquinato il territorio portando alla fame la popolazione autoctona.
A questo si aggiunge l’accusa di attuare la pratica illegale del cosiddetto “gas flaring”, cioè bruciare il gas che esce dai pozzi petroliferi assieme al greggio in enormi ciminiere, creando problemi sanitari nelle aree interessate.
Per questi motivi un gruppo di agricoltori nigeriani ha deciso di accusare Shell, una delle maggiori multinazionali attive nel paese africano, di essere la responsabile di questi danni ambientali.
In merito a questi avvenimenti Notizie Geopolitiche ha intervistato proprio la Royal Dutch Shell plc che ha risposto tramite un suo portavoce:
– Shell è stata accusata da un gruppo di agricoltori nigeriani di aver accidentalmente inquinato la terra e le risorse idriche della zona, ragione per la quale è in atto un processo al Tribunale dell’Aia.
Gli agricoltori affermano che la fuoriuscita di petrolio dagli oleodotti sia stata causata da una cattiva manutenzione degli impianti, mentre la compagnia afferma che la perdita sia avvenuta a causa di operazioni di sabotaggio.
Non è la prima volta che la compagnia dichiara di essere vittima di sabotaggio. Chi potrebbe evere interesse nel sabotare le strutture di Shell e perchè?
Il fenomeno dei furti di greggio e della raffinazione illegale nella zona del Delta del Niger, ad opera della criminalità organizzata, è un problema enorme e di rilevanza crescente, con conseguenze ambientali ed economiche incalcolabili. Questo fenomeno è noto da tempo, ma negli ultimi anni si è esteso in modo inaccettabile. Nel 2009 le Nazioni Unite (Office on Drugs and Crime) hanno calcolato furti 150.000 barili di petrolio al giorno, mentre una più recente stima effettuata dal Governo nigeriano ha mostrato il drammatico trend di crescita di questo fenomeno: solo nella prima metà del 2012, infatti, risulta siano stati trafugati 400.000 barili al giorno.
Al termine della crisi degli attivisti del 2009, si crede che molti ex militanti, abbandonata la lotta armata, si siano avvicinati a questo folle business, strutturandosi e perseguendo una strategia precisa. Alcuni di loro operano sul mercato locale, attraverso la raffinazione illegale di prodotti destinati alle comunità locali alla disperata ricerca di carburante ed energia. Altri, molto più rilevanti per numero, organizzazione e impatto, gestiscono un business internazionale di esportazione illegale con diramazioni in tutto il mondo.
In merito al processo avviato presso il Tribunale dell’Aia, la Corte distrettuale ha stabilito con la sentenza del 30 gennaio scorso che le quattro fuoriuscite di petrolio avvenute in Nigeria fra il 2004 e il 2007 sono state causate da sabotaggi. Il tribunale ha inoltre stabilito che Royal Dutch Shell plc non è responsabile e ha respinto tutte le richieste di Friends of the Earth (Milieudefensie).
Solo nel caso di Ikot Ada Udo il giudice ha stabilito che Shell Petroleum Development Company of Nigeria Ltd (SPDC) avrebbe potuto prevenire il sabotaggio, tappando il pozzo in una fase precedente. La decisione della Corte stabilisce che tutti i casi di fuoriuscita sono stati causati da attività criminali e il giudice ha, pertanto, respinto in gran parte le rivendicazioni.
L’inquinamento da petrolio è un problema che riguarda la vita quotidiana delle persone nel Delta del Niger. Tuttavia, la maggior parte dell’inquinamento da petrolio è causata da furti e dalla raffinazione illegale.
Per Shell Petroleum Development Company nessuna fuoriuscita di petrolio è accettabile e lavora costantemente per migliorarsi su questo. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un calo dei volumi di sversamenti operativi, che nel 2012 hanno contato per il 5%; nella prospettiva di azzerarli, la compagnia ha messo in atto una serie di azioni per prevenire questo tipo di incidenti, investendo maggiori risorse nella sostituzione degli oleodotti più datati e nell’aggiornamento del know-how tecnico.
SPDC ha inoltre stretto collaborabilizioni con Bureau Veritas, ente di verifica indipendente, incaricato di revisionare le procedure e identificare le aree di miglioramento ai fini di programmare ulteriori azioni, e con International Union for the Conservation of Nature (IUCN) per la costituzione di un panel scientifico indipendente che fornisca consigli sulla conservazione e la ricostruzione delle zone dove si sono verificate le fuoriuscite, con particolare riferimento alle nuove metodologie e tecnologie disponi“.
– Nonostante diverse leggi e sentenze delle corti nigeriane abbiano dichiarato il gas flaring una pratica illegale, la ong Emergency accusa Shell e altre compagnie petrolifere di operare nella regione utilizzando ancora tali metodi, inquinando in questo modo l’aria e causando malattie alla popolazione. Cosa pensa Shell in merito al gas flaring? Lo considera una pratica necessaria?
Quando negli anni ’50 SPDC iniziò la propria attività nella regione, la domanda interna di gas nel Paese era esigua; il gas associato al processo di estrazione del greggio veniva pertanto smaltito attraverso il gas flaring.
Negli ultimi anni, la crescita della domanda di gas, sia in Nigeria che in altri Paesi del mondo, congiuntamente alle crescenti conoscenze legate alle tematiche ambientali e ai cambiamenti climatici, hanno condotto ad una maggiore consapevolezza degli effetti legati al gas flaring e alla conseguente necessità di azzerarlo definitivamente nei prossimi anni.
SPDC, a partire dal 2000, ha definito un piano pluriennale di costruzione di nuovi impianti e di ammodernamento di quelli già esistenti in conformità con le ultime disposizioni del governo federale.
I nuovi impianti sono dotati di una tipologia di combustione “discontinua”, secondo la quale la minima quantità di gas bruciata in torcia è unicamente finalizzata a garantire la sicurezza durante le operazioni; il restante gas recuperato viene destinato a rifornire il mercato interno del gas principalmente destinato alla produzione di elettricità, contribuendo per il 70%.
Ai fini di tutela della salute, tutti gli impianti sono dotati di sistemi di sicurezza: le combustioni di gas, infatti, avvengono in ambienti murati che non provocano impatti ed emissioni verso l’esterno. Inoltre, grazie alla cooperazione con soggetti esterni autorizzati e competenti, viene garantito il monitoraggio costante della qualità dell’aria secondo i massimi standard europei e statunitensi, oltre a quelli stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità“.
– Nel Delta del Niger sono presenti diversi gruppi di militanti come il Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (Mend). Quale strategia ha intrapreso Shell per operare nonostante le loro azioni, spesso violente?
La portata e la complessità del fenomeno dei furti di greggio e della raffinazione illegale è al di là di ogni controllo per una singola compagnia e anche per un singolo Paese: richiede un’azione coordinata, sia a livello nazionale e locale sul territorio nigeriano, sia a livello regionale e internazionale al di fuori del Paese.
La maggior parte degli oltre 30 milioni di abitanti della Nigeria vive in stato di povertà, aggravato ulteriormente da un elevato livello di disoccupazione. Questo scenario ha generato una condizione di instabilità economica e sociale ha condotto alla nascita di movimenti criminali organizzati, che si sostentano con i furti di greggio ad opera di gruppi armati che attaccano le piattaforme di petrolio e di gas nella zona del delta.
Nel biennio 2010-2011 sono stati accertati 237 furti di petrolio dalle strutture di SPDC connessi ad atti di vandalismo, fuoriuscite, incendi, blocco degli impianti; nel solo 2011 alcune bande criminali locali hanno rapito 19 impiegati e collaboratori di SPDC.
La compagnia crede fermamente nell’utilizzo di mezzi pacifici per risolvere le controversie con le comunità ospitanti, applicando e sostenendo attivamente il Voluntary Principles on Security and Human Rights (VPSHR), un insieme di linee guida e principi sviluppati congiuntamente nel 2000 da governi locali, compagnie dell’industria estrattiva e organizzazioni per i diritti umani.
Inoltre, SPDC prevede costanti investimenti nella formazione del proprio personale in materia di risoluzione dei conflitti e diritti umani, secondo un programma sviluppato dalla CLEEN Foundation, organizzazione non governativa presente in Nigeria“.
– Shell è uno dei principali gruppi petroliferi del mondo, come si rapporta ai nuovi movimenti nati dopo la Primavera Araba, che ricoprono oggi un ruolo importante nei paesi nordafricani? Shell ha sofferto dei cambiamenti avvenuti nel mondo arabo?
Shell segue con molta attenzione gli eventi internazionali; tuttavia la compagnia non ha risentito dei cambiamenti che hanno caratterizzato il Nord Africa e il mondo arabo“.