Putin incontra Kim e allarga il suo fronte

La "comunità internazionale", quella che va da Washington a Bruxelles, strilla. Ma rischia di implodere.

di Enrico Oliari

Al pari dei colpi di Stato nell’Africa occidentale e della guerra in ucraina, l’incontro di oggi tra il presidente russo Vladimir Putin e quello nordcoreano Kim Jong-un rappresenta solo uno dei tanti tasselli che compongono il conflitto tra occidente e Russia. Una guerra fatta di macro e micro eventi, iniziata con l’espansione della Nato a oriente, in barba a quanto avevano stabilito il segretario di Stato Usa James Baker e Mikhail Gorbaciov nel 1990 in cambio della riunificazione tedesca.
Una guerra dalla quale l’autoreferenzialissimo occidente, cioè quella “comunità internazionale” che misura da Washington a Bruxelles, rischia di uscirne distrutto, basti vedere il costo dei carburanti alle pompe di benzina, quello dei mutui e quello delle materie prime.
Tuttavia la prima macro vittima di questo enorme conflitto in corso è il monopolarismo a guida Usa: altre nazioni diventano “poli” e si muovono autonomamente, “nonostante” gli Usa. Magari aggregandosi, come nel caso del Brics+, che interessa metà della popolazione mondiale e che conta ben due paesi con diritto di veto all’Onu.
Vi è poi la perdita da parte degli alleati-servi degli Stati Uniti dei propri interessi e delle proprie influenze, come sta avvenendo per la Francia nell’Africa occidentale, un costo altissimo per un paese che, ad esempio, importa dal Niger l’uranio per le proprie centrali nucleari.
Si potrebbe continuare a lungo con l’elenco delle sconfitte che l’occidente sta collezionando, poiché è palese che la guerra russofobica non ha fatto altro che spingere il Cremlino a cercare nuovi alleati, nuovi interlocutori nuovi partner commerciali.
Così oggi a Vladivostok, nell’estremo oriente russo, si è potuti assistere all’ennesimo colpo inferto all’occidente, con le cancellerie della “comunità internazionale” (quella che va da Washington a Bruxelles) prese a strillare minacce di sanzioni… a una Corea del Nord che ormai di sanzionabile non ha più nulla e a una Russia la cui economia, secondo i media al soldo di Washington, sarebbe già dovuta crollare un anno fa.
Non è la prima volta che Putin e Kim si incontrano, era già successo nel 2018, ma allora Mosca non aveva la necessità di creare un fronte anti-occidentale il più possibile ampio, sia per non rimanere isolata, sia per dar vita a un circuito economico e geopolitico parallelo. E a Kim, che ai tempi di Trump si era visto preso in giro, non poteva capitare di meglio per avere dalla sua non uno, bensì due membri permanenti e con diritto di veto al Consiglio di sicurezza Onu.
L’obiettivo interno ed esterno di Kim è uno solo: rompere l’isolamento senza piegarsi, come invece gli imponeva nel 2019 la Casa Bianca in cambio di cibo: al faccia a faccia tenutosi in un centro spaziale russo di Vostochny, nella regione dell’Amur, Putin ha accettato di aiutare la Corea del Nord a sviluppare il proprio programma satellitare militare, come pure di riprendere la fornitura di beni alimentari, fertilizzanti e energia.
Dalla Corea del Nord potrebbero arrivare droni e munizioni per artiglieria da impiegare nel conflitto ucraino, cosa proibita dalla “comunità internazionale”, cioè quella che va da Washington a Bruxelles.
Al termine dell’incontro di quattro ore, prima con le rispettive delegazioni e poi esclusivamente tra i due leader, Kim ha ribadito che la Corea del Nord è a fianco della Russia nella “lotta contro l’imperialismo”, ma il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha precisato che le relazioni tra Mosca e Pyongyang non devono preoccupare paesi terzi, dal momento che non sono rivolte contro nessuno.
Non serve che sia contro qualcuno: mentre il fronte di Putin continua ad allargarsi, quello della “comunità internazionale” (da Washington a Bruxelles) continua a ridursi, con il rischio di implodere e di far crollare le sicurezze e il benessere di europei e statunitensi.