Rojava. Sei anni fa l’attacco turco contro i curdi

di Shorsh Surme –

Sono passati sei anni dell’occupazione di Afrin, città della Siria situata nella regione curda del Rojava: il primo gennaio 2018, nel completo silenzio dei media internazionali e contro il diritto internazionale di sovranità territoriale il “sultano” turco Recep Tayyp Erdogan ordinava l’arresto dei giovani che protestavano contro l’occupazione della Turchia, paese membro della Nato e del Consiglio d’Europa.
L’occupazione della città, arrivata dopo 58 giorni di attacchi da parte dei turchi e dei loro alleati dell’Esercito nazionale siriano (Sna) si è tradotta con arresti, scontri e la fuga di 350mila persone.
A distanza di 6 anni permangono le violazioni dei diritti civili e umani, i saccheggi, le violenze, la deforestazione dell’intera regione, e ancora non vi sono segnali di miglioramento della situazione.
Sei anni fa le bombe caddero non solo su Afrin, bensì anche i villaggi e distretti circostanti di Ramo, Schise, Bulbul, Smera, Indireste, Malati e Serena.
Durante l’attacco numerose case civili, scuole, edifici governativi, ospedali, moschee, siti storici e sacri, furono bombardati e distrutti.
Gruppi armati hanno rapirono decine 8.500 curdi per estorcere denaro alle loro famiglie, e il destino di 2mila di loro rimane ancora oggi sconosciuto. Distrutti anche molti siti archeologici, come pure furono tagliate centinaia di migliaia di piante di ulivo al fine di azzerare la produzione e colpire l’economia locale.
Oggi i dati demografici indicano la crescita della popolazione araba dovuta all’immigrazione e all’occupazione delle case abbandonate o espropriate ai curdi.