Shalabayeva: perché Nazarbaev l’ha rivoluta in Kazakistan. E chi è il marito Mukhtar Ablyazov

di Enrico Oliari

Ablyazov mukhtarQuello relativo ad Alma Shalabayeva è il solito pasticcio all’italiana, uno di quelli come il caso dei due marò che non dovevano tornare in India, ma che poi sono rientrati, con le conseguenti dimissioni di un furibondo ministro degli Esteri Giulio Terzi.
Ed anche per il caso di oggi il ministro degli Esteri, questa volta Emma Bonino, era furiosa. A ragione, perché quando si intrecciano interessi e sovra-interessi, in Italia sono in molti, troppi, ad essere deputati a prendere in mano l’iniziativa diplomatica.
Ma andiamo con ordine: per fermare ed espellere Alma Shalabayeva, moglie del “dissidente” kazako Mukhtar Ablyazov e la sua bambina di sei anni, si sono presentati nella loro villetta romana di Casal Palocco ben cinquanta poliziotti; non è tuttavia intenzione del nostro giornale entrare nel merito del chi ha chiamato chi e del chi ha ordinato cosa: noi ci occupiamo di politica internazionale e di informazione geopolitica, non di cronaca, ne’ politica interna, anche se ha dell’incredibile un simile dispiegamento di Forze dell’ordine nella notte tra il 28 e il 29 maggio scorsi per fermare una minuta donnina ed una bambina, in un paese, il nostro, colmo di immigrati irregolari, magari anche pregiudicati, che girano liberamente nelle nostre città spesso in attesa del giudizio sul ricorso contro il decreto di espulsione.
Così Alma Shalabayeva e la figlioletta Alua sono state imbarcate su un aereo prontamente messo a disposizione dall’ambasciata del Kazakistan e rimpatriate; la madre si trova da allora agli arresti domiciliari in attesa di giudizio per il possesso di un passaporto che la donna non avrebbe però mai ne’ avuto ne’ usato, mentre la figlia rischia, se Alma Shalabayeva venisse condannata, l’assegnazione ad un orfanotrofio.
Secondo l’ambasciatore del Kazakistan in Italia, Andrian Yelemessov, “le procedure che hanno portato all’espulsione dall’Italia di Alma Salabayeva sono avvenute in modo corretto”, sebbene, a cose fatte, il presidente del Consiglio Letta ed i suoi ministri abbiano reso noto all’ambasciatore la revoca del provvedimento di espulsione della donna e della figlia… ad espulsione avvenuta.
Con una lettera aperta si è fatto vivo il marito, Mukhtar Ablyazov, il quale ha scritto: “Mr Letta, lei non ha coperto questo incidente vergognoso. Le sono molto grato per questo. Sono grato al suo coraggio ed alle sue convinzioni che, in circostanze estremamente difficili, l’hanno portata a fare quanto era giusto” e “sono molto grato anche ai suoi colleghi di governo che l’hanno sostenuta nell’adottare tale decisione”. Purtroppo “temo che il Kazakistan adesso non lascerà andare Alma e Alua, non potranno lasciare il Paese”, “il piano del regime di Nazarbayev è di mandare mia moglie in prigione e mia figlia in un orfanotrofio”.
L’intento del regime kazako è, ovviamente, quello di fare pressione su di lui perché si costituisca.
Ma chi è Mukhtar Ablyazov? Si tratta di un imprenditore e politico, oppositore del dittatore Nursultan Nazarbaev, in carica dal 24 aprile 1990, quando ancora il suo paese era una delle nazioni che componevano l’Unione Sovietica.
Ablyazov, che si trova a Londra, ma che è stato visto anche in Italia, è un ex banchiere e politico, oggetto di investigazioni da parte dell’Alta corte del Regno Unito per l’accusa di essersi appropriato indebitamente, tra il 2005 e il 2009, di 3,7 miliardi di dollari dalla BTA Bank.
Già nel 2002, quando era ministro, Ablyazov è stato dichiarato colpevole di abuso di potere e condannato a sei anni di prigione, ma molti osservatori internazionali, tra cui il Parlamento europeo e Amnesty International, hanno definito le accuse nei suoi confronti come politicamente motivate; in carcere è stato oggetto di violenze e persino di torture, ma dopo dieci mesi di reclusione è stato liberato grazie al forte movimento internazionale che si è schierato in suo sostegno; in cambio della liberazione, Ablyazov ha promesso a Nazarbaev che non si sarebbe più occupato di politica.
Nel 2003 si è spostato a Mosca per ricostruire i propri rapporti d’affari e nel 2005 è diventato presidente del consiglio di amministrazione della BTA Bank.
Con le risorse raccolte dirottando capitali, ha finanziato gruppi di opposizione e mass media indipendenti del Kazakistan, tradendo così la sua promessa di lasciar perdere la politica.
Va detto anche che i crediti offerti dalla BTA Bank non erano controbilanciati dai depostiti, per cui la banca si è trovata con crediti insoluti del 1100% in pochi anni; dalla Russia è stato emesso un mandato di cattura nei suoi confronti, in quanto imputato di reati finanziari, compresa una frode da 5 miliardi di dollari.
Nel 2011 Ablyazov ha ottenuto il permesso di rifugiato politico in Gran Bretagna, ma, dal momento che era stata emessa una richiesta di estradizione da parte del Kazakistan, il regime di Nazarbayev ha fatto sapere a Londra che i contratti delle ditte britanniche nel suo paese sarebbero stati assegnati a ditte cinesi.
Il resto è cronaca di questi mesi, fino all’espulsione dello scorso maggio di Alma Shalabayeva e alla revoca dell’espulsione di oggi… non solo la magistratura, ma anche la classe politica e quindi l’opinione pubblica si sono chiesti il perché di un sì repentino rimpatrio, fatto senza rispettare le regole di diritto che dovrebbero essere la colonna portante del nostro paese.
La risposta non va ricercata, come qualcuno ha suggerito, nei buoni rapporti fra Silvio Berlusconi e Nursultan Nazarbaev, bensì nei numerosi accordi bilaterali sottoscritti nel corso degli anni (anche, ma non solo, dallo stesso Berlusconi) dalla diplomazia e dalle grandi imprese italiane.
Orlando Cecini sul Fatto Quotidiano cita alcuni degli contratti del valore di decine di miliari che investono diversi rami, dalle costruzioni con la Todini, al petrolio, con la Eni che partecipa con quasi il 20% ad una offshore per la perforazione ed l’estrazione un’area di 4600 chilometri quadrati nel nord del Mar Caspio, e poi ancora Finmeccanica, con le sue forniture militari e civili. E si potrebbe continuare a lungo: con la crisi libica, se non fosse stato per l’energia proveniente dalle ex repubbliche sovietiche, l’Italia sarebbe rimasta al buio.
Quindi, se non si sa chi ha ordinato a chi di rispedire in Kazakistan mezza famiglia Ablyazov, almeno si sa per cosa.
Di certo, se è criticabile il fatto che l’Italia si sia prestata con troppa facilità alla richiesta del Kazakistan di rimpatrio della moglie, anche a costo di calpestarne i diritti civili, altresì è vero che Mukhtar Ablyazov, lo stesso che ha scritto la lettera al premier italiano, non è ne’ uno stinco di santo, ne’ una vittima degli eventi. Anzi, un dritto che, pur famiglia, sì è comportato con spregiudicatezza e sdegno delle regole.