SUDAN. Msf, ‘emergenza sanitaria per violenze nello stato di Jonglei’

Adnkronos, 27 nov 12 – 

La violenza sulle vite e sulla salute dei civili nello Stato di Jonglei in Sud Sudan ha un impatto devastante. Lo denuncia un rapporto di Medici Senza Frontiere sul ”Sud Sudan, una crisi dimenticata”, che dimostra come fra le vittime ci siano anche donne e bambini. ”I pazienti arrivano nelle cliniche di Msf in cerca di cure per le ferite – racconta Chris Lockyear, responsabile delle operazioni di Msf – Terrorizzati, descrivono come sono stati costretti a fare scelte terribili su quali bambini far fuggire e quali lasciare indietro. Siamo di fronte a un’emergenza. Le vite e la salute della popolazione del Jonglei sono legate a un filo – rileva Lockyear – La stagione secca e’ ormai alle porte, rendendo nuovamente possibili gli spostamenti nella zona e quindi nuovi attacchi. Temiamo un nuovo picco di violenza, feriti e sfollati”. Il rapporto contiene racconti agghiaccianti sui civili intrappolati durante gli attacchi ai villaggi. Le strutture sanitarie di Msf – si legge nella nota dell’organizzazione – sono state distrutte o saccheggiate a Pieri nell’agosto del 2011, a Pibor e Lekwongole nel dicembre del 2011, a Lekwongole ad agosto 2012 e a Gumuruk a settembre 2012, impedendo l’accesso all’assistenza sanitaria a una popolazione già vulnerabile. Msf ricorda in una nota di essere “l’unica organizzazione a fornire un servizio sanitario gratuito di alto livello nel Jonglei settentrionale e centrale, attraverso sei strutture mediche che assistono una popolazione di 187.000 persone. Da gennaio 2011 a ottobre 2012, ha curato centinaia di feriti e ha svolto piu’ di 227.851 visite mediche”. ”Queste sono le conseguenze mediche che le nostre equipe sperimentano sul campo – afferma Lockyear – Lo stato di Jonglei e’ nella morsa dell’emergenza. Msf continua a impegnarsi per fornire un’assistenza sanitaria neutrale e imparziale nel Jonglei, tuttavia temiamo che ci possano essere altri bisogni medici insoddisfatti tra le persone che non riescono a raggiungere le nostre cliniche, a causa della permanenza nella boscaglia e della paura di mettersi in viaggio per cercare assistenza. Msf chiede a tutti i gruppi armati di rispettare le strutture e lo staff medico-umanitario”.