Sudan. Si aggrava il conflitto: 11 milioni di profughi, tra fame e colera

di Enrico Oliari

Precipita la situazione in Sudan, dove da 10 mesi l’Esercito sudanese (SAF) e le Forze di supporto rapido (RSF) si combattono per prendere il controllo del paese e delle sue importanti risorse naturali. In un conflitto aspro, meno vicino di quello ucraino della guerra in Ucraina e meno ideologico di quello palestinese, si è aperta una catastrofica crisi umanitaria con milioni di profughi che si riversano nel già povero Sud Sudan, in Ciad, in Egitto e nella Repubblica Centrafricana. Ovunque malattie e fame.
L’esercito risponde al presidente del Consiglio sovrano di transizione Abdel Fattah Abdelrahman Burhan, erede del Consiglio militare di transizione istituito dopo la deposizione di Omar al-Bashir, mentre i 100mila combattenti delle Rsf sono guidati dal vicepresidente, il generale Mohamed Hamdan Dogolo, detto “Hemeti”. Entrambe le fazioni hanno raccolto gruppi minori e tribù che combattono nella speranza di guadagnare benefici e tutelare i propri interessi, ma i combattimenti stanno portando alla rapida distruzione delle vie di collegamento e delle infrastrutture comunicative ed elettriche. Gli atti di sabotaggio stanno gradualmente portando all’isolamento di intere regioni del Sudan, si calcola che già il 95% della rete internet è stata messa fuori uso
Le ong presenti sul luogo riportano di una situazione drammatica che vede 15mila morti, un dato sicuramente sottostimato per coloro che hanno perso la vita nel tentativo di fuggire dalle violenze. L’epidemia di colera ha già ucciso 300 persone, ma da più parti arrivano testimonianze di persone che sono morte per la fame. La maggior parte degli ospedali che sono rimasti aperti sono sprovvisti di medicinali e spesso di personale sanitario.
L’Onu sta tentando una mediazione tra le parti, ed ha invitato a Ginevra le due parti in conflitto, ma ancora non è stata indicata una data.
Intanto Burhan, che si era rifugiato con il governo e con il Consiglio sovrano di transizione a Port Sudan, è rientrato nella capitale Khartoum al fine di dare un segnale politico e di riportare ordine fra le fila dell’esercito, che si trova sotto pressione delle Rsf e che ha subito diverse sconfitte.
Burhan ed Hemeti erano alleati fino al colpo di stato del 2021 che ha deposto al-Bashir, ma entrambi volevano essere capi di Stato: un accordo per porre fine alla guerra civile aveva visto il primo essere presidente, ma con la possibilità per Hemeti di tenere il suo esercito, uno scontro annunciato. Di mezzo ci sono gli interessi degli Emirati Arabi Uniti nel paese, ma anche il controllo e il contrabbando delle risorse naturali e soprattutto gli affari non sempre leciti dei rispettivi clan. Nel 2021 il Sudan ha aderito agli Accordi di Abramo promossi dal presidente Usa Donald Trump in cambio del ritiro delle sanzioni internazionali, ma Hemeti ha preferito guardare a Mosca, facendo addestrare i suoi uomini in Libia dalla Wagner.