Tanzania. L’ambasciatore Kombo, ‘Con il piano Mattei per un domani migliore’

Agenzia Dire

“Ci sono più migranti italiani in Tanzania che tanzaniani in Italia”, sorride l’ambasciatore Mahmoud Thabit Kombo. Con l’agenzia Dire parla del Piano Mattei, non come antidoto alle migrazioni ma come volano per opportunità condivise, che potrebbero essere favorite anche da un altro progetto, denominato Building a Better Tomorrow.
“Il Bbt è un’iniziativa ambiziosa lanciata dalla presidente Samia Suluhu Hassan” spiega il diplomatico, usando un acronimo: “La Tanzania produce molto cibo e vuole nutrire non solo la sua popolazione ma il continente intero”. Secondo Kombo, l’Italia ha tecnologie e risorse nel settore alimentare frutto di una ricerca “millenaria”. “Penso alle Università di Bologna, alla Sapienza di Roma o all’ateneo di Padova” dice l’ambasciatore. “Insieme, attraverso il Piano Mattei, potrebbero contribuire a risolvere l’insicurezza alimentare e a lottare contro la povertà, favorendo la crescita dell’economia e una migliore distribuzione delle ricchezze sia in Africa che in Europa”.
Al centro dell’intervista c’è il progetto annunciato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. I dettagli dell’iniziativa dovrebbero essere resi noti a gennaio, nel corso di una conferenza Italia-Africa a Roma con capi di Stato e di governo. “Abbiamo ricevuto l’invito ufficiale e in qualità di ambasciatore l’ho già trasmesso” riferisce Kombo. “I contenuti del Piano Mattei non sono stati ancora diffusi ma sicuramente la Tanzania ha molte aspettative nei confronti dell’Italia e allo stesso modo l’Italia ne ha verso la Tanzania”.
Ma su cosa, nello specifico, potrebbe concentrarsi la collaborazione? “Ci aspettiamo più tecnologia italiana, nel comparto della trasformazione degli alimenti, del packaging, dell’agroindustria e dell’industria conciaria” risponde Kombo. “Penso alla condivisione di competenze di eccellenza, di alto livello universitario”.
Il piano Building a Better Tomorrow è stato annunciato quest’anno da Suluhu Hassan, divenuta nel 2021 la prima presidente donna della Tanzania. L’idea di base è favorire la crescita del settore primario, che dà già lavoro e reddito al 65 per cento della popolazione, coinvolgendo i giovani e creando valore aggiunto. Secondo statistiche citate da Suluhu Hassan, i tanzaniani di età compresa tra i 18 e i 35 anni sono il 60 per cento della popolazione.

Giro (Sant’Egidio): Piano Mattei scommette su sue imprese.

L’esperto: Si rischierà con joint venture e acquisti di quote.

Joint venture e acquisti di quote di proprietà di imprese africane: sarà questo il cuore del Piano Mattei, secondo Mario Giro, professore, autore e dirigente della Comunità di Sant’Egidio, già viceministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
La sua analisi prova ad anticipare i punti salienti del progetto, che dovrebbe essere presentato il 28 e 29 gennaio in occasione di una conferenza convocata dalla presidenza del Consiglio italiano alla quale sono attesi capi di Stato e di governo del continente.
“Cos’è il Piano Mattei?” introduce l’argomento Giro, intervenendo a un incontro ospitato dalla Società geografica italiana e dedicato ai dieci anni della rivista Africa e affari. “Il 70 per cento sarà costituito dalle risorse del Fondo per il clima, circa tre miliardi, e ci saranno poi 700 o 800 milioni del fondo rotativo, vale a dire crediti di aiuto gestiti da Cassa depositi e prestiti e dalla Cooperazione” sottolinea l’esperto: “Messi tutti insieme, con l’aggiunta di circa 40 milioni a dono, serviranno per fare soft loan ed equity”.
Secondo Giro, “attraverso il progetto l’Italia entrerebbe in settori imprenditoriali comprando parti di proprietà o avviando joint venture”. Il dirigente di Sant’Egidio prevede che “le risorse complessive saranno di quattro o cinque miliardi, che non è poco, ma non si tratta di dono e non sono stati ancora scelti i settori”.
Tra i nodi da sciogliere ci sarebbe la composizione della struttura di missione, vale a dire la direzione temporanea da incardinare presso la presidenza del Consiglio, con a capo un diplomatico che potrebbe essere trasferito dalla Farnesina a Palazzo Chigi. “La struttura dovrà avere le competenze necessarie” sottolinea Giro. “Serviranno personalità che conoscono bene sia le banche internazionali di sviluppo, sia i sistemi creditizi nazionali sia il terreno delle imprese africane”. La tesi è che si tratti di competenze variegate e nient’affatto scontate. “Servirà gente di terreno” continua Giro, “perché se si interviene con joint venture o addirittura con equity si mettono soldi e c’è un margine di rischio”.