Tanzania. Nuova tornata elettorale per Zanzibar

di Valentino De Bernardis – 

tanzania zanzibar elezioni grandeFissata ufficialmente per il 20 marzo la nuova data per il ritorno alle urne di Zanzibar. Non era di fatti stata sufficiente al piccolo arcipelago semi-indipendente dell’oceano Indiano la tornata elettorale del 25 ottobre 2015 per l’eleggere il nuovo presidente, i deputati della Camera dei Rappresentati e delle Shehia (autorità locali), dove, a seguito delle denunce di “gravi violazioni” da parte della commissione elettorale centrale, lo scrutinio era stato annullato. La data del prossimo marzo è stata comunicata il 22 gennaio da Jecha Salim Jecha, presidente della Commissione Elettorale di Zanzibar (ZEC), una decisione che sebbene da un lato è un viatico necessario a colmare un vuoto istituzionale, dall’altro va potenzialmente ad accentuare le tensioni politico-sociali sempre pronte a riesplodere.
Nella realtà dei fatti Zanzibar è ritenuta una delle roccaforti del partito d’opposizione Fronte Unito Civico (CCW), in perenne lotta per la completa indipendenza dell’isola dalla terraferma, propugnando un ritorno alla divisione statuale ed amministrativa antecedente a quella del 1964. Lo stesso partito che con il suo pronunciamento della vittoria del suo candidato Seif Shariff Hamad alle presidenziali di ottobre, prima della comunicazione dei dati ufficiali da parte delle autorità preposte, ha offerto al partito della rivoluzione (CCM) l’appiglio giuridico per invalidare le stesse.
In un tale quadro politico è arrivata puntuale la levata di scudi del CCW contro il ritorno alle urne a marzo, denunciandone le forzature a livello legislativo (per legge le nuove elezioni si sarebbero dovute tenere entro un massimo di 90 giorni dal precedente voto), e democratico (come la decisione di far concorrere gli stessi candidati di ottobre, senza lasciarne permettere nuove candidature, e vietando di fare campagna elettorale due mesi prima del voto). Da qui la decisione del CCW a non voler concorrere alle nuove elezioni come segno di protesta.
Qualora la linea del boicottaggio dovesse continuare fino alle elezioni, il presidente uscente Ali Mohamed Shein del CCM sarà certamente riconfermato alla successione di se stesso, dato che gli altri candidati alla competizione non sembrano avere un seguito politico tale da poterlo minacciare. Nonostante sia presto per dire quanti dei 500mila aventi diritti al voto si presenteranno realmente alle urne, pare certo che se il boicottaggio del CCW dovesse andare a buon fine, Ali Mohamed Shein sarà un presidente fortemente indebolito, ancora di più se la partecipazione dovesse attestarsi al di sotto del 50%.
Inoltre se la CCM dovesse continuare a non prendere in considerazione le istanze dell’opposizione, e trovare una sintesi legale condivisa da tutti gli attori in gioco sull’elezione degli organi istituzionali dell’arcipelago, si aprirà una profonda ferita nei rapporti tra maggioranza e opposizione, mettendo a forte rischio la sicurezza nazionale. Una spirale di violenza pronta ad esplodere, come dimostrato per altro dagli attacchi dinamitardi seguiti alla decisione di annullare il voto di ottobre, che non risparmierebbe neppure luoghi simbolo del paese, vitali per la stessa sopravvivenza economia nazionale. Un ripetersi, ad esempio, degli attacchi al distretto di Stone Town, patrimonio dell’UNESCO, avrebbe pesanti ripercussioni sull’industria turistica, cuore pulsante dell’economia con una quota sostanziosa nella composizione del PIL (circa il 20%), un’importante fonte di lavoro (quasi il 50% degli abitanti è impiegato direttamente o indirettamente nel settore turistico), oltre che la primaria fonte di valuta estera (70%).
A dare speranza ad un’evoluzione positiva della situazione, gli incontri che si sono susseguiti il 27 e 28 gennaio tra i rappresentanti del CCW e lo ZEC volti a trovare una soluzione politica condivisa e duratura nel tempo.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.