Thailandia. A cosa serve la legge marziale?

di Manuel Gianantonio –

Chan-ocha PrayuthL’esercito tailandese ha decretato la legge marziale nel Regno limitando conseguentemente la libertà di espressione e di manifestazione. Questa decisione sospende la crisi nella quale il paese è immerso e dalla quale non riesce ad emergere.
Lo scopo è quello di “restaurare la pace e la stabilità”, mentre la crisi politica continua a scuotere il paese. Il capo dell’esercito il generale Prayuth Chan-ocha “ha preso la più dolce delle decisioni poiché in questo modo la Costituzione può mantenersi”, ha dichiarato il militare sul Bangkok Post, in un articolo di Saritdet Marukatat.
Prayuth ha indicato martedì, durante una conferenza stampa, che la censura sarà imposta “il tempo necessario”. Nel frattempo, dieci canali televisivi sono stati sospesi ed è stato rinforzato il controllo esercitato sui social network.
Il capo dell’esercito vuole riunire le due fazioni opposte insistendo sul fatto che non si tratta di un colpo di Stato. “Se questo si avvererà, sarà la prima volta nella storia della Tailandia che l’instaurazione della legge marziale non sarà seguita da un colpo di Stato militare”, ha notato Saritdet Marukatat.
L’esercito oggi è comandato da colui il quale condusse la sanguinosa repressione delle “camice rosse” nel 2010, che comportò la morte di oltre 90 persone. Sempre Marukatat ha rilevato che “Questa vittoria ha portato più problemi che soluzioni per il paese, fallendo totalmente nel porre un termine alle tensioni politiche. Il paese rischia un nuovo shock se la decisione di imporre la legge marziale non permetterà di risolvere il conflitto, o se le parti proseguiranno con le loro decisioni rimanendo fedeli alle loro posizioni”.
Martedì 20 maggio questa situazione è diventata realtà, poiché il portavoce del gruppo dei manifestanti antigovernativi ha indicato che la propria fazione continuerà a manifestare per chiedere la messa in atto di un consiglio popolare. L’ex membro del partito democratico che li dirige, Shutep Thaugsuban, ha ringraziato i militari per il loro intervento e gli ha ceduto il posto nel palazzo del governo che il suo gruppo occupa da mesi al fine di paralizzare l’amministrazione.
Il Primo ministro ad interim, Niwattumrong Boonsongpaisan, e il suo partito il Phu Thai, hanno chiesto la tenuta delle elezioni parlamentari il più rapidamente possibile, annunciando una consultazione per il 3 agosto.
L’editorialista del Thai Rath online, ricercatore capo presso il Siam Intelligence Unit Co, Isriya Paireepairit, individua due possibili soluzioni: nel primo scenario vede il generale consultare il governo, i capi politici, il Senato e la commissione elettorale con l’obiettivo di decidere una nuova data per le elezioni alle quali la famiglia Shinawatra non parteciperebbe, pur tenendo conto della polarizazzione che esercita. Lascerebbe i membri di Pheu Thai presentarsi. Il partito democratico vi prenderebbe parte. Così, secondo questa analisi, darebbe maggior peso alle “camice rosse”. Prayuth Chan-ocha in questo sarebbe considerato come un giudice esterno per ricondurre la pace nel paese. Il peggio, secondo l’analista, costituisce il secondo scenario, ovvero sarebbe che Chan-ocha lasciasse al Senato il compito di nominare un nuovo governo, cosa che sarebbe incostituzionale. L’avvenire del paese quindi resta quindi in bilico.

Nella foto: il generale Prayuth Chan-ocha