Thailandia e Malesia cedono: non respingeranno i barconi dei rohingya in fuga dai buddisti

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rohingya in fuga su barcaDopo le proteste della comunità internazionale, i governi della Malaysia e dell’Indonesia hanno comunicato l’intenzione di cessare il respingimento dei barconi carichi di migranti per lo più rohingya in fuga dalla Birmania.
Nei giorni scorsi è stato rinvenuto un barcone carico di 30 migranti nei pressi dell’isola di Hoh Lipe, dopo che da due mesi era alla deriva: i profughi sono stati rivenuti in stato di denutrizione avanzata e di disidratazione. Sono migliaia i migranti che hanno tentato di entrare nei due paesi, ma che fino ad oggi sono stati respinti e costretti a rimanere sulle barche senza viveri e acqua. Negli ultimi giorni in circa 3mila sono riusciti a raggiungere le coste gettandosi in acqua e nuotando.
I rohingya sono una minoranza di circa 1.800mila persone, che vivono in Birmania (800mila), in Bangladesh (300mila). in Arabia Saudita (400.000), in Tailandia (100mila) e in Malesia (40mila).
In febbraio i monaci buddisti avevano ottenuto dalle autorità di Naypyidaw che non venissero rinnovati i documenti di identità dei rohingya in scadenza a marzo, impedendo così loro di votare, ma nel 2012 i buddisti erano arrivati persino a compiere veri e propri eccidi (200 morti in pochi giorni) e a provocarne un esodo di 110mila individui. L’Onu considera i rohingya una delle etnie più perseguitate al mondo.
Oggi il ministro degli Esteri malese Anifah Aman e il collega indonesiano Retno Marsudi, hanno annunciato in una conferenza stampa congiunta che “il rimorchio e il respingimento dei barconi non avverranno più” e che “Abbiamo concordato di offrire loro rifugio temporaneo a condizione che il processo di ricollocazione e rimpatrio sia completato nel giro di un anno da parte della comunità internazionale”.