Ucraina. La sfida di Macron

di Maurizio Delli Santi * –

Si è ironizzato sull’immagine della “Sala delle Rappresentazioni” in cui Putin è apparso tenere a distanza l’interlocutore Macron, posto all’altro capo di un lungo tavolo bianco. Ma quella di Macron rappresenta la prima vera iniziativa diplomatica che dall’inizio della crisi è stata promossa dall’Unione Europea, con proposte concrete di un preciso percorso diplomatico. E, a ben vedere, cinque ore di colloquio dimostrano che l’autorevolezza di Macron è stata all’altezza del confronto.
Sono ormai in continua successione le notizie sull’avanzato stato di mobilitazione delle forze militari che potrebbero scontrarsi sull’Ucraina. Anche le borse europee ne stanno risentendo con una prima chiusura in rosso, specie per le conseguenze che si temono per l’approvvigionamento energetico. Ma quello che più sorprende è che quando un leader europeo prende un’iniziativa per tentare la strada della distensione i giudizi si vanno severi e poco incoraggianti. È quanto accaduto a proposito dell’ultimo incontro al vertice sulla crisi dell’Ucraina, tra il presidente russo Putin e quello francese Macron. Si è infatti ironizzato sull’immagine della “Sala delle Rappresentazioni” in cui Putin è apparso tenere molto a distanza l’interlocutore Macron posto all’altro capo di un lungo tavolo bianco. E sono riemersi anche chiari sentimenti antifrancesi in quanti hanno rimarcato come il rappresentante della grandeur in dissoluzione non poteva avere spazio in questo incontro con il tracotante Orso russo, che sembra avere ormai in scacco l’occidente. Analisti di pur autorevoli think thank hanno commentato che il vero interlocutore di Mosca non può che rimanere Washington, per cui ogni altra iniziativa collaterale è destinata a non avere alcun esito concreto. Macron non avrebbe avuto la forza, ad esempio, di una Angela Merkel, che sapeva come colloquiare alla pari con il leader russo, anche nella considerazione che il presidente francese al momento è sotto scadenza elettorale nel proprio Paese.
Nella realtà, ad un’attenta analisi le circostanze vanno lette diversamente. Quanto alla distanza dei due leader sul tavolo ovale, le agenzie meglio informate hanno indicato che la scelta sarebbe stata dettata dalla precauzione di Putin per evitare situazioni a rischio di contagio, come è ormai sua proverbiale consuetudine, anche nella considerazione che Macron non ha voluto sottoporsi al test anti-Covid. Ma questo è l’aspetto che meno interessa.
Vale invece sottolineare che quella di Macron rappresenta la prima vera iniziativa diplomatica che dall’inizio della crisi è stata promossa dall’Unione Europea. In molti si erano tanto lamentati che Bruxelles fosse rimasta assente rispetto al confronto tra Stati Uniti, Nato e Russia, quando i temi in discussione riguardavano soprattutto il territorio e la stabilità dell’Europa. Macron aveva peraltro tutti i titoli e le ragioni per presentarsi con autorevolezza di fonte al leader russo, sia in quanto presidente di turno del Consiglio europeo, sia in quanto rappresentante dell’ultima effettiva potenza militare europea, che siede nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed ha una considerevole capacità strategica grazie al nucleare e ad una forza aeronavale capace di controllare anche l’indo-pacifico. Peraltro, a proposito della sua leadership interna alla Francia, gli ultimi sondaggi lo danno comunque vincente all’80% nelle prossime elezioni presidenziali. Al presidente francese va pure riconosciuta intelligenza e caparbietà nel perseguire i suoi obiettivi coinvolgendo gli altri partner, tanto che prima di affrontare il colloquio di Mosca ha dedicato molto tempo nel consultarsi preventivamente con i principali leader europei, incluso Mario Draghi, ricevendone il sostegno.
Nel corso del colloquio, Macron ha innanzitutto saputo ascoltare le lamentele di Putin che ha rivendicato le ormai note ragioni delle sue richieste di “garanzie di sicurezza” sull’espansione della Nato, per le quali ritiene di non avere ricevuto alcuna rassicurazione dagli Stati Uniti. Il presidente francese si è quindi fatto avanti con proposte concrete e un preciso percorso diplomatico. La prima tappa è il “Formato Normandia”, per ripartire dagli accordi di Minsk firmati da Russia, Ucraina, Francia e Germania, sotto l’egida dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), la più grande organizzazione di sicurezza regionale che unisce 57 paesi occidentali e dell’ex patto di Varsavia, “da Vancouver a Vladivostok”. Gli accordi furono sottoscritti per far cessare il conflitto del Donbass, prevedendo una riforma costituzionale per l’Ucraina, con il riconoscimento delle regioni autonome di etnia russa di Donesk e di Lugansk, e altre stringenti misure di smobilitazione degli schieramenti avversi.
Putin non ha dato formali garanzie di accettazione della proposta, ma non è stato affatto esplicito in un suo rifiuto e ciò nel linguaggio diplomatico vuol dire molto. Anche per una considerazione di carattere generale, che rientra nelle dinamiche e nelle strategie da adottare nelle crisi internazionali. Vale infatti anche in questi contesti la regola fondamentale delle tecniche sulla gestione dei conflitti e sulla negoziazione: “non far perdere la faccia all’interlocutore”. È del tutto evidente che Putin, dopo avere mobilitato un’intera nazione, peraltro già colpita da una grave inflazione, ricercato l’appoggio di Xi Jinping, avere allarmato Stati Uniti e Unione Europea, visto scendere in campo anche Erdogan per tentare una mediazione diretta con l’Ucraina, non poteva certo adesso accettare una soluzione. Ma non vi è dubbio che si sarà reso conto che le sue “garanzie di sicurezza”, nei termini originari in cui sono state proposte, non possono considerarsi ricevibili, perché nei fatti significherebbe per Stati Uniti e Unione Europea accettare un arretramento ai tempi dell’egemonia russa del Patto di Varsavia.
Da qui l’importanza del lavoro diplomatico intrapreso da Macron, che ha offerto all’interlocutore la possibilità di “non perdere la faccia”, consentendogli di prendere tempo e di dimostrarsi anche, così com’era dall’altra parte del tavolo, non un interlocutore che ora si contraddiceva e riconosceva un errore commesso, ma sempre come un leader forte e autorevole.
Un’ultima indicazione sull’efficacia dell’iniziativa promossa da Macron è suggerita da un dato che deve far riflettere: nonostante la distanza apparente al tavolo dei due interlocutori, il colloquio è durato ben cinque ore, ciò vuol dire che molte cose interessanti si saranno dette. Una conferma si avrà assai presto, il 17 febbraio prossimo, quando si riunirà il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In questo mese sarà presieduto dalla Russia, che ha fissato per quella data l’argomento dell’ordine del giorno: discutere sulla mancata attuazione degli accordi di Minsk. A ben vedere, nell’incontro al grande tavolo di Mosca, la forza e l’autorevolezza di Macron non sono state da meno.

* Membro dell’International Law Association.