Ue. La Corte di Giustizia: nessun paese membro è obbligato a visti umanitari oltre i 90 giorni

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La Corte europea di Giustizia ha deliberato sul caso di una famiglia siriana che aveva fatto richiesta di asilo in Belgio di fatto stabilendo che nessun paese è obbligato a concedere visti umanitari oltre i 90 giorni.
Nell’ottobre 2016 una famiglia siriana (genitori e tre figli) avevano inoltrato all’ambasciata libanese del Belgio la richiesta della concessione a tempo limitato (90 giorni) di visti umanitari sulla base di quanto stabilito dall’Unione Europea, denunciando l’aggravamento della situazione della loro città, Aleppo. Nella richiesta veniva anche indicato il rischio di persecuzione in quanto si trattava di una famiglia di religione cristiano-ortodossa, mentre allora la città era in mano ai gruppi ribelli salafiti e ai qaedisti di Jabat Fatah al-Sham (ex al-Nusra).
Da lì a poco l’Ufficio per gli stranieri del Belgio aveva respinto la richiesta in quanto aveva ipotizzato che la famiglia siriana si sarebbe trattenuta sul territorio belga ben oltre i 90 giorni e che comunque se fosse stato necessario un visto più lungo si sarebbe potuta presentare la domanda presso la rappresentanza diplomatica e non una volta stabilitasi nel paese.
Forte di precedenti sentenze della Corte europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la famiglia siriana aveva così presentato le proprie rimostranze, per cui l’Ufficio stranieri del Belgio si era rivolto alla Corte di Giustizia europea, la quale ha sentenziato che “Gli Stati membri non sono tenuti, in forza del diritto dell’Unione, a concedere un visto umanitario alle persone che intendono recarsi nel loro territorio con l’intenzione di chiedere asilo, ma restano liberi di farlo sulla base del rispettivo diritto nazionale”, e che “il diritto dell’Unione stabilisce unicamente le procedure e i requisiti per il rilascio dei visti di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri della durata massima di 90 giorni”. Ha inoltre osservato che “consentire a cittadini di paesi terzi di presentare domande di visto finalizzate ad ottenere il beneficio di una protezione internazionale nello Stato membro di loro scelta lederebbe l’impianto generale del sistema istituito dall’Unione per determinare lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale”.