di Domenico Maceri * –
SAN LUIS OBISPO (USA). “La maggioranza del Quarto distretto ha sostenuto in effetti che la discriminazione razziale è costituzionale purché non sia troppo severa”. Così il giudice Samuel Alito dissentiva si è ricolto suoi colleghi alla Corte suprema i quali si erano rifiutati di accogliere la richiesta di esaminare le procedure di ammissione della Thomas Jefferson High School for Science and Technology. La scuola élite nello Stato del Virginia ha cambiato le procedure di ammissione nel 2020, incorporando criteri extra accademici per aumentare la diversità degli studenti. Ha funzionato. Il gruppo di studenti di origini asiatiche è sceso dal 70 al 50 percento mentre quello dei latinos è aumentato al 6 percento e quello degli afroamericani all’8 percento. In effetti, il rifiuto della Corte Suprema di esaminare il caso vuol dire che la scuola continuerà con le procedure di ammissione adottate 4 anni fa.
Alito non era arrabbiato con i giudici della Corte del Quarto Distretto ma bensì contro i suoi colleghi della Corte Suprema eccetto per Clarence Thomas che era d’accordo con lui. Sfortunatamente per accettare l’esame di un caso ci vogliono 4 giudici favorevoli. Non si sa esattamente perché almeno altri due non abbiano accolto la richiesta. Da ricordare che nel mese di giugno dell’anno scorso la maggioranza della Corte Suprema aveva bocciato l’uso di “affirmative action”, che conferiva una leggera preferenza di ammissione a studenti di gruppi minoritari. Nel caso della Harvard University il voto è stato di 6-2, con un’astensione, e 6-3 nel caso della University of North Carolina. Il caso della scuola del Virginia sembra simile e forse per questo Alito era adiratissimo nel suo dissenso.
La questione della diversità nelle università e nelle scuole élite è divenuta uno strumento importante verso una società più giusta che beneficia non solo quelli che ricevono assistenza ma tutti noi. La California ha approvato due leggi nel 2021 sugli studi etnici per le scuole superiori e le università. Una legge richiede che gli studenti universitari dovranno completare un corso di tre crediti per laurearsi con un Bachelor’s Degree (equivalente di laurea triennale italiana) a cominciare dal 2029. Un’altra richiede che le 1600 “high schools” (scuole superiori) del Golden State dovranno insegnare corsi di studi etnici e dal 2030 scatterà il requisito di uno di questi corsi per diplomarsi.
Corsi di studi etnici già esistono nelle università e si concentrano sugli afro-americani, i latinos, nativi americani e asiatici-americani. Si tratta di programmi che tentano di proporre una visione storico-culturale che prende le distanze dall’esclusività tradizionale di una cultura occidentale dominante. In effetti, cercano di aprire gli occhi e di reinterpretare la storia facendo notare che la situazione economico- politico-sociale dei gruppi minoritari è dovuta almeno in parte alla discriminazione delle passate generazioni. Beneficiano studenti di questi gruppi minoritari ma mirano altresì a creare una consapevolezza sociale anche per i bianchi, spiegando loro l’importanza di vivere in una società più giusta.
Nelle scuole superiori questo tipo di corsi esistono anche ma in maniera più limitata. Si prevede che le scuole superiori svilupperanno programmi simili a quelli delle università ma non necessariamente. Dovranno tenere conto del fatto che le scuole superiori sono obbligatorie mentre la frequenza all’università non è per tutti. Questi studi etnici riflettono in un certo senso la realtà demografica della California la cui popolazione si aggira sui 39 milioni di abitanti. Di questi il 40 percento sono latinos, 34% bianchi, 16% asiatici, e 6% afro-americani. Inoltre bisogna ricordare che il numero degli studenti bianchi in queste scuole si aggira sul 20 percento. Ciò significa che il curriculum deve anche adeguarsi a questa diversità etnica. I benefici di questi studi etnici sono già stati dimostrati da ricerche. Gli studenti dove questi programmi sono già esistenti e comportano migliori voti e più probabilità che i programmi di studi vengano completati e si arrivi al conseguimento del diploma.
Questi studi etnici riflettono una visione della storia che la destra denomina “woke”, termine nato del vernacolo afro-americano che si riferisce a stare all’erta ai pregiudizi e discriminazione razziale. In alcuni Stati, specialmente la Florida, esistono campagne contro questa tendenza “woke” interpretata dalla destra come una visione storpia dell’America. Alito, riflettendo l’ideologia tradizionale, si allaccia a questa visione, e non vorrebbe altro che tornare indietro a un mondo del passato. Si tratta di un mondo riflesso anche dallo slogan MAGA (Make America Great Again) di Donald Trump, cioè di rifare grande l’America, secondo la tradizione in cui i gruppi minoritari venivano in grande misura messi in secondo piano. La California, invece, guarda avanti, a una nuova America che usa i contributi di tutti, incorporando e valorizzando le differenze dei gruppi minoritari. Si tratta di una visione realista. Il ritorno al passato significa sotterrare la testa nella sabbia ignorando le nuove realtà.
* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.