di Domenico Maceri * –
SAN LUIS OBISPO (Usa). “L’impeachment dovrebbe essere raro e non una cosa comune”. Con queste parole Mitch McConnell, senatore del Kentucky e leader della minoranza repubblicana al Senato, ha preso le distanze dagli annunci di un possibile impeachment di Joe Biden. Il leader della maggioranza repubblicana alla Camera Kevin McCarthy (California), invece sta considerando l’impeachment, spinto dall’estrema destra del suo partito ma soprattutto da Donald Trump. L’ex presidente, che oggi è stato incriminato dal procuratore speciale Jack Smith per gli incitamenti che hanno scatenato gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio 2021, ha messo pressione su McCarthy per sollevare il polverone dell’impeachment.
McConnell ha ragione nel sostenere che l’uso dell’impeachment deve essere raro. Lo è stato per quasi tutta la storia statunitense. Prima dei due impeachment di Trump (2019 e 2020), solo Andrew Johnson (1868) e Bill Clinton (1998) sono stati soggetti all’impeachment. Nessuno di questi tre presidenti è stato poi condannato al Senato, che richiede 60 voti. Trump è arrivato vicino (57 voti per la condanna). Gli impeachment avvengono in grande misura per ragioni politiche, ma anche per possibili reati. Nel caso dell’ex presidente il primo impeachment è stato causato dalla sua telefonata al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky nel 2019, a cui chiese di annunciare un’inchiesta di corruzione su Biden. Trump aveva sentito voci di illeciti quando Biden era vicepresidente e suo figlio Hunter faceva parte del consiglio di amministrazione della compagnia ucraina Burisma. Trump promise a Zelensky di consegnare le armi che gli erano state promesse dopo l’annuncio dell’inchiesta. Un quid pro quo in sintesi per danneggiare Biden, il suo rivale all’elezione del 2020. Il secondo impeachment, va ricordato, è stato per gli incitamenti il 6 gennaio 2021 negli assalti al Campidoglio.
I due impeachment sono ampiamente “meritati”, ma l’ex presidente per cercare di minimizzarli ha messo pressioni sui parlamentari repubblicani alla Camera per fare altrettanto a Biden, gettando fango sull’attuale presidente della Casa Bianca. Difatti Marjorie Taylor Greene, parlamentare di ultra destra della Georgia, subito dopo essere stata rieletta nel 2020 ha introdotto articoli di impeachment su Biden, citando “la corruzione” dell’attuale inquilino alla Casa Bianca. Più recentemente la Greene ha anche presentato un disegno di legge per espungere i due impeachment di Trump.
Sotto continue pressioni di Trump, McCarthy, il barcollante speaker, ha cominciato a parlare di impeachment per Biden. Poi ha iniziato a tentennare ed ha suggerito un’inchiesta di possibile impeachment. La ragione principale per questa inchiesta sarebbe il presunto contatto di Biden con la compagnia ucraina Burisma e anche per soldi che il presidente avrebbe ricevuto dalla Cina. Non ci sono prove e queste accuse riflettono il disperato tentativo di Trump di difendersi attaccando gli altri, suggerendo che le sue azioni sopra le righe e potenzialmente illegali si applicano anche agli altri.
L’impeachment di Biden sarebbe una strada difficile per i repubblicani, perché un piccolo numero di loro sono stati eletti in distretti in bilico. Costringerli a votare sull’impeachment di Biden, potenzialmente impopolare, potrebbe essere la loro fine politica. Inoltre i democratici alla Camera sarebbero compatti a votare contro. Non è successo negli impeachment di Trump, dove dieci parlamentari del suo partito hanno votato per l’impeachment nel 2020 e 7 senatori hanno votato per la condanna alla Camera alta.
I senatori repubblicani non hanno espresso supporto all’impeachment di Biden. McConnell, John Thune (South Dakota), Joni Ernst (Iowa), John Cornyn (Texas) e Rand Paul (Kentucky) hanno indicato poco entusiasmo. Paul ha persino caratterizzato il possibile impeachment di Biden come una “trappola” che potrebbe ritorcersi contro di loro. Va ricordato che quando Bill Clinton subì l’impeachment nel 1998 occorse un effetto boomerang alle susseguenti elezioni di midterm. Il partito del presidente in carica di solito perde alle elezioni di midterm ma in quel caso i democratici vinsero 5 seggi, la prima volta che ciò succedeva in più di 60 anni.
L’impeachment, per essere meritato, richiede una percentuale di consensi del partito contrario. Nel caso di Biden ciò non avverrebbe. Trump invece si è “meritato” i due impeachment e infatti è riuscito a farla franca al Senato. I due impeachment però sono stati “meritati”, come ci confermano i procedimenti giudiziari che stanno assillando l’ex presidente. Con la più recente incriminazione sugli eventi del 6 gennaio 2021, l’ex presidente deve affrontare 4 casi giudiziari: due nello Stato di New York (uno civile e l’altro penale), uno federale in Florida per possesso illegale di documenti top secret, e il quarto a Washington per i tentativi di ribaltare l’elezione del 2020. Un altro caso in Georgia è quasi concluso e si prevede un’ulteriore incriminazione per illeciti nel tentare di ribaltare il risultato dell’elezione del 2020 nel Peach State.
Nonostante tutti questi procedimenti giudiziari Trump continua a non avere rivali credibili per la nomination del Partito Repubblicano. Ron DeSantis, il governatore della Florida, sembrava dargli filo da torcere, ma adesso è in caduta libera. Ciò conferma lo stato attuale del GOP. Il partito che in passato si vantava di valori familiari e della tutela di legge e ordine, ma si appresterebbe a nominare un individuo che potrebbe andare a finire in carcere. In America non c’è una legge che impedisce a criminali di correre per cariche politiche anche se, paradossalmente, nella stragrande maggioranza degli Stati i carcerati non hanno diritto al voto. È proprio la paura del carcere che spingerebbe l’ex presidente a correre per un secondo mandato, secondo Will Hurd, ex parlamentare e candidato alla nomination repubblicana. Trump è riuscito fino ad adesso a impossessarsi del Partito Repubblicano legittimando la faccia più brutta degli Usa.
* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.