di Manuel Giannantonio –
Mentre il presidente Usa passa lo soglia dei 100 giorni alla Casa Bianca, i media americani prendono la palla al balzo e mettono in luce i suoi fallimenti e i suoi stati d’animo.
Donald Trump ha voluto parlare dei suoi primi 100 giorni, tappa raggiunta il 29 aprile, in una una lunga intervista all’agenzia stampa Reuters, ripresa dalla Cnn con oggetto “l’inizio del mandato non è stato segnato da nessuna grande vittoria legislativa”. Quella dei 100 giorni è una tappa tradizionale per la stampa statunitense per fare un bilancio dell’operato del presidente, e Trump non sembra proprio aver brillato. Per il Miami Herald, che ha dedicato un’intera pagina ai primi 100 giorni, “il più grande risultato raggiunto da Trump è che si parli sempre di lui”. Decisamente critico nei suoi confronti, come spesso accade, il quotidiano della Grande Mela The New York Times: “fino ad oggi governare si è rivelato un compito troppo difficile per Trump”. Il giornale fa leva su quella che sembra essersi rivelata come la grande debolezza di quest’uomo: l’ignoranza. Manca di visione strategica (ricordiamo che non ha mai svolto in vita sua nessun incarico politico nonostante la straordinaria carriera imprenditoriale) e la sua determinazione al profitto del suo impero commerciale gli impedisce di ricoprire a dovere la sua posizione.
Il giornale della capitale federale, il Washington Post, invece pone l’accento sulle resistenze opposte dal sistema democratico americano al presidente Trump. Come quelle espresse dal Congresso, che ha impedito l’abrogazione dell’Obama Care (la riforma di Obama per il sistema sanitario). Nell’insieme per il giornale centrista questi 100 giorni sono stati sia allarmanti sia rassicuranti. Alcuni critici difendono nonostante tutto la presidenza Trump, ed evidenziano a supporto delle loro convinzioni la conferma della nomina del giudice conservatore Neil Gorush alla Corte suprema e la risposta all’attacco chimico in Siria.
Un nuovo test condotto da Pyongyang ha ricordato, sabato 29 aprile, che la questione nordcoreana resta aperta e bruciante per Washington. Trump ha reagito su Twitter deplorando che la Corea del Nord “non ha rispettato il desiderio della Cina e del suo rispettabilissimo presidente (…)” , gettando benzina sul fuoco.
Poche ore prima dell’intervista accordata alla Reuters, il presidente americano ha fatto una dichiarazione inquietante a proposito del braccio di ferro che l’oppone a Kim Jong-un: “Ci sono chances che finiremo per aver un conflitto maggiore, maggiore, con la Corea del Nord”.
La settimana è stata particolarmente intensa per il presidente. Per iniziare, ha tentato di imporre al Congresso il finanziamento immediato della costruzione del muro nella zona di frontiera con il Messico (punto fermo della sua campagna elettorale), per poi fare un retrofront a causa del rischio di “shutdown”, e quindi della chiusura del governo federale. Il 26 aprile ha poi presentato il suo piano per la riforma fiscale che prevede una riduzione del tasso di imposizione delle società al 15%, ossia 20 punti di meno di oggi. Il miliardario aveva proposto già in campagna elettorale l’abbassamento delle imposte sulle società, cosa che però potrebbe comportare la crescita del deficit del bilancio federale.
Il New York Times sottolinea che questa riforma fiscale avvantaggerà soprattutto “le imprese e in particolar modo le società immobiliari come la Trump organization”. Il Guardian spiega che si tratta prima di tutto di abbassare le imposte ai più ricchi.
Sul piano internazionale la settimana è stata segnata dal dominio dei rumors sul ritiro dal Nafta, il trattato di libero scambio nord-americano. Tuttavia Trump ha assicurato che rinegozierà al più presto nuovi accordi.
Infine un giudice federale ha sospeso martedì 25 aprile un decreto del presidente Trump che minacciava rappresaglie finanziarie per chi rifiuta di collaborare pienamente con la polizia federale sull’espulsione dei clandestini, come pure è stato cassato da un giudice il suo “Muslim ban”.
Fare il presidente degli Stati Uniti non è come governare un impero commerciale. Donald Trump sembra essersene accorto al termine dei primi 100 giorni di governo.