di Franco Torchia –
Le prime pagine dei giornali odierne riportano a caratteri cubitali alcune dichiarazioni shock del tycoon americano Donald Trump impegnato in campagna elettorale per le presidenziali di novembre, a cui aspira fortemente per tornare alla Casa Bianca.
Ad essere incriminata una frase che dai commentatori è stata interpretata come una minaccia. Trump è tornato ancora una volta sul ruolo della NATO lanciando un vero e proprio siluro contro l’Europa, gridando ai quattro venti : «incoraggerei la Russia ad invadere i Paesi NATO che non pagano… Io non
difenderei questo genere di Paese».
In realtà quando ha aggiunto che «in questo modo ho convinto gli europei a pagare» si è compreso che si è trattato soltanto di una provocazione espressa per esaltare, di fronte all’opinione pubblica americana, le sue capacità negoziali.
Ma ciò è bastato ai commentatori nostrani per esprimere forti timori per un eventuale ritorno di Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
E la politica europea ha replicato come se non sapessimo chi sia, come se non l’avessimo mai conosciuto. Eppure sapevamo già della sua visione in politica estera che prometteva «America First» e delle sue rudi espressioni nei rapporti con le altre grandi potenze ed anche con l’Europa.
Quindi, non c’è niente di nuovo sotto il sole ed è inutile scandalizzarsi.
Ci siamo già passati ed abbiamo già assistito a queste stranezze e provocazioni durante i quattro anni di presidenza USA dal 2016 al 2020, durante i quali i rapporti tra gli Stati Uniti ed i grandi Paesi sono stati alquanto burrascosi.
Voglio soltanto ricordare, per esempio, i toni molto duri da Trump usati nei confronti della Cina, accusata addirittura di «stuprare gli Stati Uniti» con la sua politica commerciale.
Per quanto riguarda i rapporti con l’Europa, voglio ricordare quanto accaduto nel 2018 durante il vertice annuale dell’Alleanza Atlantica, che si è svolto a Bruxelles. Già allora il presidente americano, fortemente irritato nei confronti degli Stati europei che mantenevano un elevato attivo della loro bilancia commerciale a scapito delle spese militari, aveva chiesto a tutti i Paesi partecipanti all’Alleanza di aumentare i loro contributi, minacciando di portare gli Stati Uniti fuori dalla NATO.
Trump aveva più volte manifestato l’intenzione di un ritiro degli USA da un’Alleanza ritenuta troppo costosa e senza alcun ritorno economico.
All’epoca, infatti, gli USA versavano alla NATO oltre il 3,5% del Pil mentre, nonostante l’impegno, assunto nel 2006, a versare il 2% del PIL, i Paesi europei, tranne Grecia, Regno Unito ed Estonia, erano molto lontani da quel dato. La soglia del 2% è stata indicata come la volontà politica di tutti i membri a proseguire e rafforzare l’Alleanza.
Dopo quelle forti pressioni, quasi tutti i Paesi membri hanno aumentato i loro contributi ma soltanto in misura ridotta e comunque sempre sotto il 2%.
Ciò ha contribuito a rafforzare la convinzione in una parte dell’Europa che Trump potesse avere ragione, tanto da spingere il presidente francese Emmanuel Macron di dichiarare la morte cerebrale della NATO. In realtà Macron, in una intervista all’«Economist» nel 2019, usò una forte espressione: «Quello che stiamo vivendo è la morte cerebrale della NATO», ma lo ha fatto per criticare l’intervento della Turchia contro i curdi e il disimpegno dalla Siria del presidente USA Donald Trump.
In sostanza sotto la presidenza Trump i rapporti tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea si sono deteriorati, anche dal punto di vista commerciale.
Tutto è cambiato sotto la presidenza di Joe Biden ma, soprattutto, con l’invasione della Ucraina il 24 febbraio 2022 da parte della Russia che ha portato la guerra nel cuore dell’Europa, rafforzando in modo inaspettato l’Alleanza, addirittura allargandola ad altri Paesi, timorosi dell’atteggiamento espansionistico di Mosca.
Nonostante nelle settimane successive l’invasione dell’Ucraina molti Governi si siano impegnati ad aumentare i propri investimenti nella difesa, secondo un report della NATO, all’inizio del 2023 soltanto 11 dei 30 Stati membri erano vicini o superiori alla soglia del 2%.
Sono stati soprattutto i Paesi dell’ex Patto di Varsavia e vicini al confine orientale che si erano affrancati dall’impero sovietico, dopo la caduta del muro di Berlino, ad aumentare i loro contributi in modo significativo, la Polonia addirittura superando la percentuale degli USA.
In particolare i maggiori contribuenti della Nato nel 2023 sono: Polonia con il 3,90%; USA 3,49%; Grecia 3,01%; Estonia 2,73%; Lituania 2,54%; Finlandia 2,45%; Romania 2,44%; Ungheria 2,43%; Lettonia 2,27%; Regno Unito 2,07%; Slovacchia 2,03%. Altri Paesi appena sotto il 2%: Francia 1,90%; Montenegro 1,87%; Macedonia 1,87%. L’Italia rimane molto indietro con l’1,46%.
Insomma, più che le pressioni di Trump è stato il timore di essere obiettivo delle mire di Putin a convincere i Paesi membri dell’Alleanza ad aumentare i propri contributi. La guerra ha spinto altri Paesi confinanti con la Russia, ed in particolare Svezia e Finlandia, a chiedere di entrare nell’Alleanza per poter beneficiare, in caso di necessità, dell’articolo 5 del Trattato che prevede la difesa collettiva e, quindi, l’intervento militare della NATO in caso di attacco ad uno degli Stati membri dell’Alleanza.
L’ingresso della Finlandia è avvenuto nell’aprile del 2023. Sulla Svezia c’è ancora l’opposizione della Turchia che per dare il via libera pone la condizione di entrare nell’Unione Europea.
È chiaro, pertanto, che la guerra in Ucraina ha determinato un forte rafforzamento dell’Alleanza Atlantica.
Considero quella di Trump solo una boutade elettorale e penso che lo stesso tycoon sia convinto che non si potrà mai avverare.
Detto questo, gli europei hanno risposto in modo molto scomposto senza un minimo di cautela. Certe reazioni non fanno bene al dialogo con gli Stati Uniti. Quelle di Trump saranno pure «dichiarazioni sconsiderate», ma queste parole in bocca al presidente del Consiglio europeo Charles Michel suonano come un attacco al candidato repubblicano il quale, come abbiamo capito, le cose «se le lega al dito».
Il signor Michel, conoscendo l’intemperanza di Trump, avrebbe potuto mostrare un po’ più di cautela o far finta di non aver capito, perché si sa in campagna elettorale si dice tutto e il contrario di tutto e le dichiarazioni nei prossimi mesi si faranno ancora più incandescenti.
Del resto sappiamo tutti che, nella sostanza, Trump ha ragione perché le basi militari dell’Alleanza, nata nel 1949 per la «salvaguardia della sicurezza e della libertà degli Stati firmatari», si trovano soprattutto in Europa e, quindi, gli USA sono stabilmente impegnati nel nostro continente a difenderci dalle ambizioni espansionistiche di Paesi come la Russia o la Cina.
Sicuramente i toni usati da Trump sono eccessivi, come del resto è nel suo carattere, ma servono a suonare la sveglia a tutti Paesi che finora hanno dormito sotto l’ombrello protettivo della NATO.
Come diventa anche inutile continuare a stracciarsi le vesti per il timore che possa vincere Trump e ripartire la politica isolazionista.
Dovremmo farcene una ragione ! Una ripresa della politica isolazionista trumpiana costringerebbe l’Europa a costruire la propria identità e a dare attuazione ad una vera politica comunitaria con un proprio esercito, una propria difesa, una vera unità non più fittizia, le cui previsioni giuridiche sono tutte contemplate nel Trattato di Lisbona sottoscritto nel 2007.
La guerra in Ucraina è stata l’occasione in Europa per profonde riflessioni e c’è stato anche spazio per uno sfogatoio collettivo contro la NATO e gli Stati Uniti.
Una buona parte di europei continua infatti a ricercare le ragioni che hanno spinto Mosca ad attaccare Kiev, pur conoscendole molto bene e che sono nettamente riconoscibili nella volontà espansionistica di Putin chiaramente più volte espressa nelle dichiarazioni del dittatore russo.
L’Europa, che da molto tempo è come un vaso di terracotta in mezzo a tanti vasi di ferro, dovrà fare un grande sforzo per diventare finalmente adulta.
Paradossalmente, quindi, una vittoria di Trump ci potrà soltanto far bene perché metterà sul tappeto tutti i nodi e, costringendo l’Unione Europea ad affrancarsi dagli Stati Uniti, si potrà finalmente trasformare il Vecchio Continente in una superpotenza in grado di giocare un ruolo da protagonista nello scacchiere geopolitico mondiale.
In conclusione, non credo che, nonostante gli slogan da campagna elettorale, Trump possa decidere di uscire dalla NATO, soprattutto perché nella legge annuale sulla politica di difesa e la spesa militare, approvata alla fine dello scorso anno, il Congresso americano ha inserito una norma che impone un voto del Senato con l’approvazione dei due terzi dei componenti. Una ipotesi, insomma, fortunatamente molto remota, ma da non sottovalutare.
Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.