Vaticano. Papa Francesco impone il “vietato fumare”

di C. Alessandro Mauceri

Il fumo (inteso come tabagismo) uccide una persona ogni sei secondi. Lo dicono i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS. Rappresenta la seconda causa di morte nel mondo; la principale causa di morte evitabile. Ogni anno, quasi sette milioni di persone perdono la vita per i danni da tabagismo e fra le vittime oltre 600mila sono non fumatori, vittime del fumo passivo. In Italia si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco dalle 70mila alle 83mila morti l’anno. Eppure nessuno pare tenere alla vita dei propri cittadini tanto da vietare il consumo di sigarette e simili. Al massimo ci si limita a ricordare sulle confezioni che il fumo “nuoce gravemente alla salute” o che “il fumo uccide”.
Da qualche giorno c’è uno Stato che ha deciso di vietare il fumo (il divieto entrerà in vigore dall’1 Gennaio 2018): il Vaticano. Papa Francesco ha imposto il divieto di fumo a dipendenti, religiosi e diplomatici. “Il motivo è molto semplice: la Santa Sede non può cooperare con un esercizio che danneggia chiaramente la salute delle persone”, ha spiegato il direttore della sala stampa vaticana, Greg Burke, “Le sigarette, vendute ai dipendenti e pensionati del Vaticano a un prezzo scontato, erano fonte di reddito per la Santa Sede. Tuttavia, nessun profitto può essere legittimo se mette a rischio la vita delle persone”.
Un presa d’atto che rappresenta un cambiamento epocale per la Chiesa. Secondo alcuni storici infatti sarebbe stata proprio la Chiesa (tra gli altri) a portare e diffondere il tabacco in Europa dal Nuovo Mondo. Fu il cardinale Santacroce a portarlo prima in Portogallo e poi in Italia nel XVI secolo dopo averlo assaggiato da un diplomatico francese, Jean Nicot, (da cui “nicotina”, il nome dell’alcaloide contenuto nel tabacco).
Da allora è stato un susseguirsi di alti e bassi. Nel XVII secolo il tabagismo si diffuse a tal punto che, come ha ricordato nei giorni scorsi il Corriere, “Papa Urbano VIII arrivò a minacciare la scomunica, nel 1624, e fu costretto, come il successore Innocenzo X, a vietarne l’uso a San Pietro”. Lo fece non per tutelare la salute dei fedeli ma per proteggere i nuovi preziosissimi pavimenti di San Pietro dagli sputi maleodoranti di masticatori e fumatori. Fino a non molto tempo fa era permesso fumare anche in chiesa e durante le celebrazioni (ai canonici era vietato accendere sigari e pipe, al contrario potevano “tabaccare” – ovvero di sniffare tabacco). Poi “fu Alessandro VII a creare il primo monopolio di tabacco in Europa, nel 1655”. Pochi anni dopo, il divieto fu revocato, da Benedetto XIII. Nel 1742, fu Benedetto XIV a decidere di costruire una fabbrica di tabacco. Il progetto fu affidato addirittura all’architetto Vanvitelli, lo stesso che aveva ideato e disegnato la Reggia di Caserta. Un giro d’affari che crebbe rapidamente tanto che, nel 1860, durante il pontificato di Pio IX, venne costruita la grande Manifattura.
Nell’ultimo serial tv di Sorrentino, Papa Pio XIII viene mostrato spesso mentre fuma: un modo per sottolineare il suo aspetto umano e la sua propensione al vizio. In realtà di papi e alti prelati fumatori la Chiesa ne ha visti tantissimi. Anche di recente, quando il tabagismo era ormai riconosciuto come un vizio. Pio IX pare sniffasse tabacco. E Pio X pare fosse un gran fumatore di sigari. Anche Papa Giovanni XXIII era un fumatore (ma mai in pubblico e dopo essere stato nominato papa).
Nel 2002 venne introdotto il divieto di fumo in tutto il territorio dello Stato della Città del Vaticano, ma la legge, approvata dal papa ed emanata dalla Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano, che prevedeva il divieto di fumare “nei locali pubblici, in quelli aperti al pubblico e negli ambienti chiusi di lavoro siti nel territorio dello Stato e nelle zone extraterritoriali, nonché negli autoveicoli adibiti ad uso pubblico”, sarebbe stata poco applicata. A “vigilare” sul rispetto del divieto di fumo, “con la contestazione della trasgressione e l’applicazione immediata della relativa sanzione” dovrebbe essere la Gendarmeria di Stato della Città del Vaticano. Pare che nessuna guardia svizzera si sia mai permessa di multare un cardinale o un vescovo né, tanto meno, un papa. Tanto più che, fino a pochi mesi fa tra i benefit concessi ai cardinali c’erano fino a 500 pacchetti di sigarette al mese (più di sedici pacchetti al giorno!), di cui almeno 200 da comprare scontati. È quanto emerge da una lettera che porta la sigla del segretario generale del governatorato, padre Fernando Vergez Alzaga, indirizzata a “Sua Eminenza Reverendissima il Sig. Card. George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia”. In questa nota si parla di centinaia di pacchetti di sigarette concesse a favore “degli Eminentissimi Cardinali” insieme ad altre “facilitazioni” come, ad esempio, buoni benzina (alzi la mano chi ha mai visto un Cardinale fermo al distributore a rifornire la propria auto). Quello delle sigarette non è solo un vizio per molti alti prelati ma anche “un piccolo benefit per i Cardinali, soliti portare questi pacchetti in regalo. Per chi non se lo può permettere poi è un bel risparmio, e i porporati sono felici di fare questi doni”.
Come sia possibile considerare “doni” una delle principali cause di morte del pianeta, è difficile capirlo.
Forse la decisione di Papa Francesco non risolverà il problema delle morti per tabagismo, ma almeno sarà stata una decisione coerente con la fede professata. “Le sigarette, vendute ai dipendenti e pensionati del Vaticano ad un prezzo scontato, erano fonte di reddito per la Santa Sede” ha detto senza falsi pudori Greg Burke. “Tuttavia, – ha aggiunto – nessun profitto può essere legittimo se mette a rischio la vita delle persone”.
Un passo avanti che tutti gli altri capi di stato (anche loro ligi nel professare la propria fede nella salvaguardia della salute dei propri connazionali) non sembrano aver capito. Per loro, la salute dei cittadini, vale meno del denaro che entra nelle casse dello stato dalla vendita di qualcosa che “Nuoce gravemente alla salute”.