di Alberto Galvi –
Il referendum indetto dal governo del presidente venezuelano Nicolás Maduro è stato approvato: è finalizzato a rivendicare la sovranità su un’area ricca di petrolio e minerali della vicina Guyana, che si sostiene sia stata rubata quando il confine fu tracciato più di un secolo fa.
Nei giorni scorsi i giudici della ICJ (Corte internazionale di giustizia) avevano ordinato al Venezuela di astenersi dall’intraprendere qualsiasi azione che possa alterare la situazione sul terreno in un territorio potenzialmente ricco di petrolio e oggetto di una disputa sul confine con la Guyana, che controlla l’area.
La Corte di giustizia non aveva espressamente vietato al Venezuela di procedere il 3 dicembre con un referendum sui suoi diritti sulla regione attorno al fiume Esequibo, come aveva richiesto la Guyana. I giudici della ICJ hanno stabilito che qualsiasi tentativo di alterare lo status quo dovrebbe essere fermato. Il presidente della Guyana Irfaan Ali ha accolto con favore la sentenza della Corte, mentre la vicepresidente venezuelana Delcy Rodríguez ha affermato che è stata una vittoria per il suo paese.
Non è chiaro come Maduro applicherà i risultati del voto. Tuttavia la Guyana considera il referendum un passo verso l’annessione, e il voto mette in tensione i residenti. Negli ultimi anni il Venezuela ha riattivato le sue pretese sull’area dopo la scoperta di petrolio e gas offshore.
La disputa del Venezuela con la Guyana potrebbe avere un impatto sulle elezioni presidenziali previste per il 2024.