Venezuela. Maduro tassa le transazioni in dollari

di Paolo Menchi

La dollarizzazione del Venezuela è un fenomeno di cui si è già parlato molto e consiste nell’uso parallelo della moneta americana con la moneta locale, svalutata dall’inflazione che, seppur in diminuzione, è sempre alta, visto che se è vero che non c’è più il tasso di oltre il 100% mensile, presenta comunque un valore annuo elevatissimo.
Secondo un’inchiesta realizzata lo scorso anno in dieci città, è risultato che nelle tre capitali di altrettanti stati, ben il 90 % delle transazioni è stato effettuato in divisa straniera, percentuale che si abbassa fino circa il 70% se si considerano anche le città più piccole.
Ormai a Caracas, ma non solo, nei negozi, anche nelle panetterie o nei bar, viene esposto il prezzo in dollari, decisamente non economico, se si pensa ad esempio che un toast può costare 5 dollari o un caffè con pasta oltre due.
I dollari sono entrati grazie alle rimesse degli emigrati (ben 5 milioni negli ultimi anni) che mantengono le loro famiglie di origine con stipendi che in Venezuela non è possibile ottenere. La situazione è meno grave per coloro che lavorano nel settore privato, perché parte del salario viene pagato in dollari in modo non ufficiale, ma chi lavora nel settore pubblico o un pensionato riceve lo stipendio in bolivares
che al cambio effettivo corrispondono in media a circa due dollari.
La notizia di questi giorni è che dal 28 Marzo scorso il governo venezuelano ha deciso di tassare le transazioni in dollari nella misura del 3%, imposta nata per colpire le grandi transazioni finanziarie e le criptovalute, ma che, in sostanza, colpisce anche i più piccoli esercizi che vendono prodotti in dollari e che ha generato confusione fin dai primi giorni, tanto che alcune catene di negozi alimentari avevano temporaneamente sospeso gli incassi in divisa, in attesa che venissero chiariti i termini della nuova legge, anche perché, in un primo momento, era stata annunciata come una tassa che sarebbe stata tra il 2 ed il 20%.
La motivazione di questa misura fiscale è che quest’anno il governo vuole rilanciare il bolivar e pensa di farlo disincentivando l’uso del dollaro.
Secondo gli economisti tale misura farà aumentare le entrate fiscali ma, se non si risolve a monte il motivo per cui l’economia si è dollarizzata (e il governo ha lasciato fare perché faceva comodo), sostenendo l’intero sistema commerciale, non si potrà ridare vigore all’uso della moneta locale.
Una tassa sulle transazioni in dollari poteva essere giustificata in un secondo momento , in una possibile futura espansione economica , mentre in questa fase si può equiparare ad un aumento dell’Iva, attualmente al 16%,che colpisce tutti indiscriminatamente (In Venezuela non esiste differenziazione di Iva su tipologia di prodotti come avviene in quasi tutti gli altri paesi, dove i generi di prima necessità hanno una tassazione più favorevole) danneggiando in particolare chi ha redditi più bassi.
L’unica possibilità di evitare la nuova imposta è, oltre quella di pagare in bolivares, di aprire un conto in dollari e poi da questo conto pagare il corrispondente in moneta locale.
Visto che molti venezuelani non sono bancarizzati e, tra quelli che lo sono, pochi hanno un conto in dollari, la tassa avrà un impatto su gran parte della popolazione con conseguente aumento dei prezzi, diminuzione del potere di acquisto e creazione di ulteriore malcontento.

(Foto: Depositphotos).