YEMEN. Salta la conferenza di pace voluta da Ban Ki-moon

di Enrico Oliari

yemen bopmbardamento sauditaNon si vede la fine delle violenze nello Yemen, dopo la decisione giunta oggi di rinviare sine die la conferenza di pace che si sarebbe dovuta tenere il 28 maggio a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite.
A scontrarsi sul terreno sono i ribelli sciiti houti e le truppe lealiste, soprattutto per contendersi gli impianti petroliferi e di raffinazione: nonostante i bombardamenti della Lega Araba, gli houti, che lo scorso 27 gennaio hanno preso il potere rovesciando il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, sembrano resistere e di certo controllano ancora la capitale Sanaa e vaste regioni a macchia di leopardo in tutto il paese.
Il golpe degli houti, dietro al quale vi sarebbe l’Iran (che però nega), è arrivato dopo che per mesi avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. Gli houti sostengono l’ex presidente Ali Abdallah Saleh.
Gli scontri durano ormai da due mesi ed anno causato alcune migliaia di morti, per lo più civili rimasti uccisi dai raid della coalizione sovranazionale guidata dall’Arabia Saudita nella figura del generale Ahmed al-Asseri e che vede la partecipazione di Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Questi ultimi hanno aperto un corridoio umanitario e stanno rifornendo di aiuti la popolazione stremata.
Era stato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ad annunciare nei giorni scorsi la conferenza, anche per sostenere gli sforzi del suo inviato Ismail Ould Cheikh Ahmed, che era riuscito ad ottenere una tregua di cinque giorni.