Zambia. Emendata la nuova costituzione

di Valentino De Bernardis –

zambia_flagLo Zambia volta pagina o almeno ci prova. Il 5 gennaio 2016, a margine di una cerimonia preparata con dovizia di particolari presso lo stadio nazionale degli Eroi di Lusaka, il Presidente della Repubblica Edgar Chagwa Lungu ha firmato gli emendamenti alla costituzione approvati dal parlamento lo scorso 4 dicembre, termine di un lungo processo produttivo promesso da Lungu il giorno del suo insediamento nel Gennaio 2015, a cui mancava solamente la firma presidenziale per l’effettiva entrata in vigore.
La dimensione di “evento” che si è voluta creare attorno all’avallo presidenziale delle modifiche costituzionali è stato un preciso impegno del partito di governo Fronte Patriottico (Pf), già impegnato a raccogliere consensi in vista delle prossime elezioni generali previste per l’anno in corso. Un preciso disegno politico per conferire all’emendamento della costituzione una connotazione storica (si andava a cambiare la carta fondamentale in vigore dal 1991), politica (con la presenza dei due ex presidenti Kenneth David Kaunda e Bwezani Banda) e mediatica (con continui inviti alla cittadinanza della capitale a prendere parte all’evento attraverso messaggi sui cellulari e concedendo mezza giornata di vacanza ai funzionari pubblici).
Su quanto del seminato sia stato effettivamente raccolto dal Pf ci sono versione discordanti come è nell’ordine naturale dei giochi politici, quello che si può constatare da attori esterni è (I) una partecipazione popolare al di sotto delle aspettative, con molte porzioni dello stadio di Lusaka lasciate vuote, (II) la totale opposizione delle forze di minoranza, contrarie allo spot elettorale gratuito che il Presidente Lungu si è auto conferito (nella stessa giornata davanti ai presenti è stata anche firmato la legge sul blocco delle tariffe elettriche, è ufficializzata la data dell’11 agosto per le prossime elezioni parlamentari e presidenziali).
Ad ogni modo, nella consistenza dei fatti, le modifiche costituzionali entrate ufficialmente in vigore il 5 gennaio riguardano principalmente il processo elettorale zambiano, e prima di avallare le dichiarazioni presidenziali per cui essere rappresentano un “turning point in the country’s democracy” (“un punto di svolta per la democrazia nel paese”) è bene andare a vedere in cosa realmente consistono almeno quelle più importanti.
I. Il candidato alla presidenza della repubblica dovrà superare la soglia del 50% dei voti per poter vincere le elezioni, obbligando de facto i partiti a stringere alleanze per evitare di arrivare ad un ballottaggio dagli esiti incerti.
II. Il candidato alla presidenza dovrà indicare prima del voto chi sarà il candidato alla vicepresidenza (sotto l’esempio statunitense, come già adottato da altre realtà africane quali Kenya e Malawi).
III. La scelta di una data fissa per l’elezione del presidente della repubblica (il secondo giovedì del mese di agosto) e non più soggetta alla discrezione del presidente uscente.
Dire quindi che tali modifiche abbiano concesso un maggior grado di democraticità allo Zambia sembrerebbe un forzatura, piuttosto i cambiamenti approvati rimescolano i rapporti di forza fra le forze politiche portando le stesse ad aggregarsi in un esito che non sempre potrebbe essere positivo.
All’interno di una tale cornice, l’appuntamento elettorale di agosto si appresta ad essere uno dei più combattuti nella storia moderna del paese, e le dichiarazioni di Lungu di potersi agevolmente assicurare oltre il 70% delle preferenze appare oggi molto difficile.
Sulla falsariga delle elezioni suppletive di gennaio 2015, seguenti la morte del presidente in carica Michael Chilufya Sata, la competizione elettorale estiva vedrà l’uscente presidente Lungu confrontarsi con Hakainde Hichilema del Partito dell’Unità per lo Sviluppo Nazionale (quest’ultimo sarà al suo quinto tentativo presidenziale, dopo le elezioni del 2006, 2008, 2011 e 2015), in un confronto elettorale serrato.
Sebbene entrambe le compagine offrano un ampio programma di riforme economiche ed istituzionali che comprendono lotta alla corruzione, riduzione del tasso di povertà, maggiore diversificazione dell’economia (ancora fortemente dipendente dal commercio del rame, di cui lo Zambia è il secondo produttore africano) e migliore funzionamento della macchina statale, bisognerebbe capire quanti di questi siano programmi realmente attuabili e quante solamente promesse elettorali.

Twitter: @debernardisv