Zimbabwe. Mugabe intende nazionalizzare le miniere di diamanti

di C. Alessandro Mauceri

Zimbabwe miniera diamantiNel corso di un’intervista rilasciata alla ZBC, la televisione di Stato, il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha annunciato la decisione del governo di nazionalizzare tutte le miniere di diamanti del Paese: “Non abbiamo ricavato molti soldi dall’industria di diamanti. Il nostro popolo non è stato in grado di vedere quello che stava accadendo, attraverso i furti e il contrabbando perpetrati dalle compagnie minerarie”. Per questo Mugabe ha riferito alla ZBC la decisione di “monopolizzare questo settore e di assegnare solo allo Stato l’attività mineraria”.
Una scelta che conferma il cambio di politica già iniziato il mese scorso quando il ministro dell’Attività mineraria, Walter Chidhakwa ha informato la stampa di aver sequestrato le miniere di diamanti del distretto di Chiadzwa. L’anno passato il governo aveva ordinato alle società che gestiscono miniere di diamanti di aderire ad una conglomerata pubblica, anche alle società fino ad allora controllate da imprenditori cinesi come quella di Marange, vicino al confine con il Mozambico.
Obiettivo della nuova politica della gestione delle risorse territoriali, come ha detto lo stesso Mugabe, è impedire la compravendita e il trafugamento di pietre preziose da parte di industrie straniere o gruppi esteri. Aziende nei confronti delle quali il presidente Mugabe ha usato parole aspre: ha criticato le compagnie diamantifere occidentali, affermando “ci hanno derubato della nostra ricchezza”. Nonostante le ricchezze del suolo infatti lo Zimbabwe è uno dei paesi più poveri al mondo. I proventi delle estrazioni di diamanti sono finiti in gran parte nei paradisi fiscali e lo scorso anno le estrazioni sono calate considerevolmente (nei primi 5 mesi del 2015 è scesa da 660 mila a 420 mila carati, e i proventi).
Ma la decisione presa dallo Zimbabwe è importante perché potrebbe essere il primo passo verso un cambiamento di dimensioni geopolitiche enormi: se l’esempio di Mugabe venisse seguito da altri paesi, l’indipendenza economica del continente non sarà più una mera chimera. Specie se si considera la quantità di risorse agricole e minerarie che fino ad ora sono state sfruttare e controllate da compagnie e imprese occidentali o cinesi che, per decenni, hanno lucrato sul commercio di questi beni dall’Africa imponendo regole anche monetarie (in alcuni paesi la moneta cinese è diventata la moneta ufficiale). Uno sfruttamento che ha avuto conseguenze rilevanti a livello globale: buona parte dei flussi migratori dall’Africa sono stati causati da fenomeni come il land grabbing e dal fatto che intere popolazioni sono state private delle proprie terre.
La decisione di statalizzare la gestione delle miniere di diamanti avrà anche altre conseguenze importanti. Fino ad oggi le aree vicino alle miniere (Marange, che è la principale, River Branch, la più antica e gestita da compagnie canadesi e australiane che l’hanno recentemente venduta, e Murowa al centro, sfruttata dal colosso minerario australiano Rio Tinto) sono un vero e proprio territorio selvaggio e senza legge: uomini armati e soldati non sempre dell’esercito ufficiale controllano cercatori e scavatori. Con conseguenze facilmente immaginabili: uccisioni sommarie, torture, sfruttamento del minorile e molto altro. Tutti aspetti “secondari” dell’estrazione di diamanti nello Zimbabwe di cui i giornali hanno parlato più volte. Nel 2009, un rapporto di Human Rights Watch denunciava un immenso giro di prostituzione, contrabbando e corruzione proprio intorno ad uno di questi centri di estrazione (la società che la gestiva subì il Kimberly Process) ed emersero legami tra i militari che controllavano i campi diamantiferi con la rete di contrabbandieri. Dalle indagini risultò che almeno 200 persone avevano perso la vita nelle zone delle miniere, ma molti dichiararono che le cifre reali erano ben maggiori (nell’ordine di alcune migliaia). La Bbc ha più volte denunciato la presenza di lager e centri di tortura nella zona.
La decisione di nazionalizzare le risorse territoriali potrebbe cambiare gli equilibri (instabili) che le grandi multinazionali avevano creato incuranti delle conseguenze sociali.
Tutto dipenderà dalla risposta, nei prossimi mesi, dei paesi esclusi dallo sfruttamento delle miniere di diamanti dello Zimbabwe. Una risposta che sarà certamente su due fronti. Non è la prima volta, infatti, che i capi di stato stranieri accusano il presidente Mugabe, il grande vecchio (ha compiuto 92 anni a febbraio), alla guida del paese dal 1987. Proprio le sue scelte politiche e anticolonialiste hanno fatto sì che lo Zimbabwe venisse escluso dal Commonwealth e che Mugabe sia stato accusato di avere instaurato un regime dittatoriale. Stando a indiscrezioni della stampa locale, pare che sarà ancora lui il candidato presidenziale alle elezioni del 2018.
La risposta più dura, però, arriverà probabilmente dalle organizzazioni internazionali e sarà sul fronte economico. Nel 2013, il debito del paese era stimato in 132 milioni di dollari nei confronti del Poverty Reduction and Growth Facility (Prfg), un’agenzie del Fondo monetario internazionale che sostiene i Paesi poveri e di 1,5 miliardi nei confronti della Banca mondiale e della Banca africana di sviluppo.
Ma forse è proprio questa la vera ragione della decisione del governo dello Zimbabwe di nazionalizzare le miniere di diamanti: reperire risorse per pagare i debiti. Molti, però, diranno semplicemente che è l’ennesima scelta sbagliata del dittatore africano di turno.