Facebook: Zuckerber all’Europarlamento dà mezze risposte e frasi fatte

Il suo evidente scopo era quello di tutelare il titolo in borsa.

di C. Alessandro Mauceri

C’era grande attesa per il discorso (o l’interrogatorio) di Mark Zuckerberg all’Europarlamento. Un evento dalle mille sfaccettature e le cui conseguenze sono ancora poco chiare. Innanzitutto perché la presenza del fondatore di Facebook davanti al Parlamento europeo tenutasi ieri a Bruxelles per discutere di tutela della privacy e di come Facebook raccoglie i dati personali degli utenti coincide con l’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sul trattamento dei dati personali (GDPR). Le domande proposte dai presidenti dei gruppi politici e le relative risposte, due giri da sette quesiti, sono state trasmesse in diretta streaming dalle 18.20 alle 19.30.
In Europa le dimensioni del problema trattamento dei dati personali potrebbero essere anche maggiori di quelle degli Usa. Ad aprile, alla presentazione della prima trimestrale (con 4,99 miliardi di utili), Facebook ha parlato di 241 milioni di iscritti attivi ogni mese negli Usa e in Canada. In Europa sono molti di più: erano 377 milioni, e più di 870 milioni in Asia-Pacifico e 705 milioni nel resto del mondo per un totale di 2,2 miliardi. Eppure secondo Facebook gli europei potenzialmente coinvolti nella cattiva gestione dei dati personali sarebbero “solo” 2,7 milioni.
Ecco perché il Parlamento europeo ha preteso un confronto. Un aspetto che ha influito proprio sulla decisione della diretta. La commissaria Ue alla Giustizia Vera Jourova, polemizzando sull’iniziale decisione di non trasmettere l’udienza in diretta streaming, dopo una prima fase in cui era contraria, ha avuto un ripensamento: “Ci sono più utenti europei che americani su Facebook e meritano di sapere come vengono gestiti i loro dati”.
Se anche dovesse farla franca per il passato, Facebook di sicuro dovrà adeguarsi alle regole de nuovo GDPR (la norma che ci garantisce, fra le altre cose, di accedere a tutti i dati in possesso di un sito, di trasferirli e di chiederne la cancellazione) che avrà conseguenze rilevanti per il futuro. “Potrebbero esserci delle implicazioni sul numero degli utenti attivi quotidianamente e mensilmente”, ha detto il chief financial officer di Menlo Park David Wehner.
Per questo secondo molti l’invito del presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani a poche settimane di distanza dal caso di Cambridge Analytica è stato preceduto da molte aspettative: “I have personally discussed with Facebook CEO Mr Zuckerberg the possibilty of webstreaming meeting with him. I am glad to announce that he has accepted this new request. Great news for EU citizens. I thank him for the respect shown towards EP” (“Ho discusso personalmente con il CEO di Facebook, il signor Zuckerberg, circa la possibilità di incontrarlo in streaming sulla rete. Sono lieto di annunciare che ha accettato questa nuova richiesta. Grandi notizie per i cittadini dell’UE. Lo ringrazio per il rispetto mostrato nei confronti del Parlamento Europeo”), ha detto Tajani. E non solo per la decisione di renderlo un evento mediatico. Sono in ballo la privacy e la gestione dei contenuti di 2,2 miliardi di utenti.
Nelle ultime settimane Facebook aveva informato i propri utenti in Europa delle novità previste dal GDPR fornendo indicazioni sul cambiamento di alcune regole nella gestione dei loro dati. Dopo ciò che si è scoperto sono state tante le autorità nazionali che stanno chiedendo spiegazioni al titolare di Facebook. Ma se ha accolto l’invito a rispondere all’Europa, Zuckerberg si è rifiutato (almeno per il momento) di fare lo stesso al Regno Unito che l’aveva convocato a Westminster.
La decisione di “concedersi” in prima persona per un interrogatorio/intervista e in diretta non è una scelta secondaria. Come ha fatto davanti al Congresso degli Usa, dove ha ammesso le proprie responsabilità, anche a Bruxelles Zuckerberg ha chiesto scusa per non aver trattato in modo più responsabile i dati degli utenti dei suoi social network, ha parlato dell’impegno della sua società verso l’Europa portando come esempi i suoi hub a Londra e in Irlanda e ha sottolineato come gli europei costituiscono una parte incredibilmente importante della community di Facebook.
Non sono mancate alcune sdolcinate moine: Zuckerberg ha sottolineato come molti dei valori dei quali gli europei si preoccupano sono gli stessi che Facebook condivide. Valori come l’importanza dei diritti umani e l’amore per la tecnologia. Tutto con un unico vero obiettivo: ridurre i danni. La sua presenza in diretta al Congresso ha già permesso all’azionista di maggioranza di Facebook di limitare il danno di immagine e non solo quello: non è un caso se dopo il primo calo sensibile e prevedibile, le azioni della società hanno riguadagnato quota. Ora con le proprie dichiarazioni al Parlamento europeo Zuckerberg spera di riuscire a fare lo stesso. Ancora una volta si è scusato per gli errori: “E’ chiaro che non abbiamo fatto abbastanza per evitare che i nostri strumenti non creassero danni. Ci scusiamo per gli errori commessi, ci vorrà del tempo ma sono impegnato per impedire che si ripeta”.
Ma le domande dei parlamentari sono andate ben oltre quanto ci si sarebbe potuto aspettare e hanno toccato questioni spinose di cui non si è parlato davanti al Congresso. Temi come l’influenza durante le elezioni (Francia, Germania e Alabama sono stati ripetuti diverse volte). Qui Zuckerberg è apparso impreparato e generico: “Now let’s turn to elections. In 2016, we were too slow to identify Russian interference on Facebook in the US presidential election. At the time we were more focused on traditional cyberattacks”. “Since then, we’ve made significant investments to make this sort of attack harder to do on Facebook. We’ve done a better job since 2016, including in the French Elections, the German elections, and the Alabama special election” (“Ora passiamo alle elezioni. Nel 2016, siamo stati troppo lenti per identificare l’interferenza russa su Facebook durante le elezioni presidenziali americane. All’epoca eravamo più concentrati sui cyber-attacchi tradizionali”. “Da allora, abbiamo fatto notevoli investimenti per rendere questo tipo di attacco più difficile da fare su Facebook. Abbiamo fatto un lavoro migliore dal 2016, tra cui durante le elezioni francesi, le elezioni tedesche e le elezioni in Alabama”).
Lo stesso alla domanda del delegato tedesco Manfred Weber che ha chiesto se il caso verificatosi fosse isolato (“is Cambridge Analytica an isolated case… can you guarantee that another scandal will not happen in 3,6,9 months time”). Zuckerberg di nuovo ha risposto in modo generico. Weber ha anche chiesto se Fb considerasse i limiti concessi in Europa e negli Usa diversi, in particolare su ciò che si può e non si può rendere pubblico (“Between Europe and America, we have a different understanding of what is allowed and not allowed to publish”), e se Zuckerberg poteva suggerire il nome di un suo concorrente. Un modo gentile per costringerlo ad ammetter che il suo è in realtà un monopolio (“Would he describe Facebook as a monopoly? “Can you convince me not to break up Facebook?”). Ancora una volta niente.
Alla fine l’opinione generale è stata che si sia trattato più di uno strumento di marketing che di un vero faccia a faccia tra il capo di Facebook e i parlamentari europei. A dimostrarlo anche il fatto che alle singole risposte non sono mai state date risposte dirette. Al contrario prima gli eurodeputati hanno elencato i propri quesiti e poi, al temine, Zuckerbrg ha tenuto il proprio sermone che in teoria (ma solo in teoria) avrebbe dovuto contenere le risposte a tutte le domande. Per questo alla fine dell’incontro molti parlamentari si sono lamentati per la vaghezza delle risposte. Al punto che Tajani pare abbia dovuto chiedere a Zuckeberg di inviare risposte scritte a tutte le domande in un secondo momento.
Quello di Zuckerberg davanti agli europarlamentari non è stato altro che l’ormai arcinoto dire tutto per non dire nulla. Utile (forse) per ai politici, ma di certo non agli analisti di borsa (che in realtà ai giorni nostri decidono in ben altro modo). E di sicuro non ai cittadini dell’Ue che dopo ieri non hanno nessuna conferma in più sulla responsabilità di Facebook. Passate, presenti e soprattutto future.