G7. Trump trova il “casus belli” e non firma la dichiarazione finale, ‘ora dazi anche sulle auto’

di Guido Keller

Alla fine il G7 che si è tenuto in Canada si è dimostrato un “G6+1” a tutti gli effetti, con il presidente Usa che lo ha addirittura bollato come una “distrazione sulla strada per Singapore”, dove incontrerà il 12 il leader nordcoreano Kim Jong-un.
Probabilmente il capod ella Casa Bianca era arrivato a Charlevoix, nel Quebec, già con l’intenzione di sminuire gli altri partner, ed alla fine ha fatto saltare tutto evitando di sottoscrivere la dichiarazione finale unitaria peraltro già ammorbidita e frutto di numerosi compromessi.
Il casus belli di Donald Trump è stato un battibecco con l’ospite di casa, il primo ministro canadese Justin Trudeau, il quale aveva osato muovere davanti ai media critiche nei confronti della politica della Casa Bianca di introdurre dazi sulle importazioni di acciaio e di alluminio. In realtà, come ha riportato in una nota l’ufficio del premier canadese, “Il primo ministro non ha detto nulla che non abbia detto prima, sia pubblicamente che privatamente con il presidente Trump”, ma era quello che il presidente Usa voleva e, definendo in un tweet Tudeau un “debole e disonesto”, ha comunicato di aver dato ordine ai suoi di levare la firma dalla dichiarazione congiunta finale e che “Ora valutiamo dazi sulle auto che invadono il mercato americano”.
Altri sei non è restato altro da fare che annunciare comunque la firma del protocollo,
“Per noi vale l’intesa siglata” ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, ed il presidente francese Emmanuel Macron ha costatato che “La cooperazione internazionale non può dipendere dagli umori o dai tweet”: “Abbiamo lavorato due giorni per ottenere un testo e degli impegni”, ed ora il “voltafaccia” di Trump.
Due giorni di lavoro intensi con compromessi da trovare su temi spinosi a cominciare proprio dai dazi per passare al nucleare iraniano, alla Russia, che il presidente Usa vorrebbe di nuovo nel G8 nonostante le sanzioni per l’annessione nel 2014 della Crimea, tema quest’ultimo su cui è rimasta la contrarietà degli europei (a parte i bizantinismi del premier italiano Giuseppe Conte) pur garantendo la coltivazione di un maggiore dialogo con il Cremlino. Anche sul protezionismo di Trump si era trovata la quadratura del cerchio, bocciato nella dichiarazione finale ma con l’impegno di tutti per rivedere le regole del Wto, l’Organizzazione internazionale del commercio.
Tuttavia Trump ha fatto saltare tutto, e con un atteggiamento da padrone del mondo ha lasciato il vertice già sabato mattina per recarsi con quasi tre giorni d’anticipo al vertice di Singapore, depotenziando di fatto il “G6 + 1”.