La Turchia cambia posizione e tenta di raffreddare la crisi siriana

di Filippo Sardella –

Mentre gli occhi del mondo nelle ultime due settimane si sono concentrati su Aleppo e sulla sua difficile riconquista da parte delle forze governative siriane con l’aiuto di russi e iraniani, nell’estremo nord della Siria, nelle città di al-Bab e Jarabulus, si è combattuto altrettanto violentemente contro i miliziani del’Isis. Le cruente battaglie degli ultimi giorni, pur non avendo la stessa cassa di risonanza degli scontri di Aleppo, sono fondamentali per gli scenari futuri non solo della Siria ma dell’intera area mediorientale. Le città di al-Bab e Jarabulus devono la loro importanza strategica dal fatto che si trovano entrambe sono a pochi chilometri dal confine turco. Tale è la vicinanza e l’importanza di tali centri abitati che nella loro liberazione è direttamente coinvolto l’esercito turco, anch’esso insieme ad Iran e Russia ad essere autorizzato dal governo di Bashar al-Assad a intervenire direttamente in territorio siriano con proprie truppe (boots on the ground). Da qui nasce l’operazione “Scudo dell’Eufrate”, che vede direttamente coinvolti i soldati turchi nella liberazione del nord della Siria. Tale operazione però oltre ad avere come obiettivo quello di liberare il territorio siriano dai jihadisti dell’Isis, ha la finalità di allontanare i curdi dell’Ypg ad ovest dell’Eufrate.
Il contribuito dato alla liberazione della parte settentrionale del paese ad opera dei carri armati di Erdogan costituirebbe così un successo politicamente importante da poter rivendicare una volta che la Siria verrà pacificata; il presidente turco oltre che ad auspicare in tal modo di ottenere un posto di grande tra le grandi per la sua nazione, spera di scongiurare all’indomani della caduta del Califfato Nero, la possibile nascita di uno stato curdo autonomo tra la Siria e la Turchia. Dopo le vittorie conseguite dai curdi a fianco di Damasco e con il sostegno dell’occidente, che potrebbero portare alla nascita di un Kurdistan siriano autonomo sul modello di quello iracheno, il presidente turco ha cambiato posizione, guardando oggi alla Russia e spingendo per il cessate-il-fuoco in Siria. La congiuntura di tali eventi, a cui si aggiungono la vittoria russo-siriana su Aleppo e l’elezione negli Usa di Donald Trump, ha permesso ad Erdogan di poter modificare il ruolo nella questione medio – orientale, rendendo ancora più appetibile la scalata alla leadership della regione per meglio in avvenire consolidare la capacità di influenza territoriale.
L’allineamento con Mosca si è verificato esattamente dopo aver incontrato il 9 agosto Vladimir Putin a San Pietroburgo, quando ormai era chiaro che gli sforzi dell’occidente e dei paesi del Golfo, oltre ad avere perso di credibilità, erano svaniti a tutto vantaggio dei militari russi, seriamente coinvolti nei combattimenti sul territorio. Con il fallimento della “presa occidentale” sulla Siria a vantaggio di Iran e Russia, la politica estera turca ha subito un notevole e clamoroso allineamento con Mosca ed un cambiamento nei confronti del presidente siriano Bashar al-Assad, il quale da nemico e dittatore genocida è diventato un interlocutore indispensabile per il futuro della regione.
Le preoccupazioni della Turchia circa l’eventuale nascita di un Kurdistan autonomo e sovrano hanno una base di verità; in Turchia vivono nella preoccupazione politica di ritrovarsi un domani alla frontiera meridionale uno stato curdo che avrebbe inevitabilmente rapporti stretti con il Partito dei lavoratori del Kurdistan, che è in lotta con il governo turco dal 1984; ciò per il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, come per la maggioranza dei turchi, rappresenterebbe un pericolo per la stabilità interna.
I timori del presidente turco su tale questione sono stati manifestati al Cremlino lo scorso 20 dicembre al summit dei ministri degli Esteri di Mosca, Ankara e Teheran, dove più che al Palazzo di Vetro di New York,si è registrata una svolta decisiva per la soluzione del conflitto e già si annunciano accordi per un’immediato blocco delle ostilità.