Abcasia: tra dinamiche geopolitiche regionali e politica interna. Intervista a Irakli Tuzhba

di Silvia Boltuc e Giuliano Bifolchi * –

SUKHUM (Abcasia). Immerso nella pittoresca regione del Caucaso lungo le rive del Mar Nero, l’Abcasia è un piccolo paese che detiene un peso strategico regionale. Grazie alla sua posizione geografica, infatti, l’Abcasia è teatro di incontro/scontro tra Occidente e Russia, specialmente in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina.
Il paese ha ottenuto l’indipendenza ufficiale nell’agosto 2008 quando Mosca ha riconosciuto sia l’Abcasia che l’Ossezia del Sud al termine del Conflitto Russo-Georgiano. Considerata come parte integrante dei cosiddetti ‘conflitti congelati’ dello spazio post-sovietico, l’Abcasia è tornata sotto i riflettori internazionali quando alcuni funzionari ucraini hanno esortato la Georgia ad aprire un secondo fronte contro la Russia, azione che avrebbe alimentato ulteriormente la complessità e criticità del panorama geopolitico caucasico.
A Sukhum abbiamo incontrato Irakli Tuzhba, vice ministro degli Affari esteri della Repubblica di Abcasia, per approfondire la politica interna ed estera del Paese e indagare i suoi possibili sviluppi futuri.

– Qual è il ruolo geopolitico della Repubblica di Abcasia nello scacchiere regionale ed eurasiatico?
“Questa è una domanda interessante. Non essendo il nostro un Paese grande non abbiamo la potenzialità di influenzare il processo geopolitico regionale. A tal proposito, guardando il nostro processo storico, posso evidenziare come l’Abcasia in passato sia stata un regno, un principato, parte dell’Unione Sovietica e, collegandoci all’Italia, territorio dove sono state create delle colonie genoane.
Nonostante ciò, abbiamo una lunga storia e tradizione della statualità dell’Abcasia, anche se diverse potenze straniere hanno sempre espresso il loro interesse per il nostro territorio. Pertanto, quando gli interessi di due grandi potenze si sono scontrati in questa regione, il risultato è stato una guerra che ha avuto un enorme impatto sulla popolazione locale.
Se si considera la storia attuale, abbiamo relazioni stabili e durature con la Federazione Russa. Purtroppo non abbiamo gli stessi rapporti con gli altri paesi occidentali, ma stiamo lavorando in questa direzione.
Come sapete, attualmente, gli interessi delle potenze straniere sono in contrasto tra loro con il fine ultimo di influenzare e controllare il Caucaso. Certo, vorremmo che questi Stati trovassero al più presto un accordo che possa produrre benefici anche per l’Abcasia, soprattutto per quel che riguarda la nostra situazione interna e internazionale con il fine ultimo di migliorare la vita dei nostri cittadini. Purtroppo, a causa della situazione attuale, il nostro Paese sta andando alla deriva in questa direzione.
Oggi abbiamo un’enorme pressione politica ed economica da parte degli Stati Uniti e anche dell’Unione europea. Discutendo dell’aiuto occidentale all’Abcasia, questo è dato solamente sotto forma di sostegno delle organizzazioni delle Nazioni Unite che vincono sovvenzioni europee e statunitensi per far fronte ai problemi umanitari. In materia di questioni internazionali, come ad esempio il nostro riconoscimento, Washington e Bruxelles sembrano non essere interessate e preferire focalizzare l’attenzione solo sulla sfera umanitaria. Ci troviamo in questa situazione che possiamo definire ‘ingiusta’ e caratterizzata dai cosiddetti ‘doppi standard politici’.
Alla luce delle mie osservazioni precedenti, posso affermare che l’Abcasia possiede una capacità limitata di influenzare i processi internazionali e le dinamiche geopolitiche. Al contrario, invece, i processi internazionali hanno un enorme impatto sulle dinamiche interne e sullo status dell’Abcasia”
.

– Considerando l’attuale situazione internazionale a causa del conflitto ucraino e tenendo a mente l’importanza che la Russia ha nel sostenere in modo significativo l’indipendenza e la sicurezza dell’Abcasia, in che modo il suo Paese sta conducendo una politica estera volta a stabilire o proseguire le relazioni con l’Europa?
“Ho menzionato questo argomento prima, ma è possibile analizzarlo in profondità per fornire maggiori informazioni. Mi preme dire che attualmente non abbiamo rapporti ufficiali con le istituzioni dell’Unione Europea, perché Bruxelles continua a sostenere l’integrità territoriale della Repubblica di Georgia.
Come sapete, nell’ambito del diritto internazionale esistono due diritti distinti che si escludono a vicenda: il diritto all’autodeterminazione e il diritto all’integrità territoriale. Purtroppo, l’Occidente ha impiegato una politica del doppio standard in varie situazioni, per cui il diritto all’autodeterminazione è sostenuto in alcuni scenari, mentre nella nostra circostanza, l’Occidente ha scelto di dare priorità al diritto all’integrità territoriale.
Ovviamente, ci riferiamo al riconoscimento del Kosovo nel 2007 come principale precedente nel diritto internazionale. In passato, durante gli anni del riconoscimento del Kosovo, abbiamo avuto negoziati bilaterali con la Georgia e abbiamo ospitato rappresentanti internazionali di diversi paesi occidentali. Quando abbiamo chiesto loro il motivo per cui hanno riconosciuto il Kosovo, non hanno saputo darci risposte concrete. Questi funzionari e rappresentanti definivano il Kosovo un caso unico, sebbene non fossero in grado di fornire ulteriori informazioni o giustificazioni su questa “unicità”.
Parlando della situazione Ucraina, sosteniamo ufficialmente il nostro partner strategico, la Federazione Russa. Pertanto, a causa di questa decisione, l’Occidente e l’Unione Europea hanno chiuso ogni possibilità di dialogo sulla nostra situazione e riconoscimento. Pensare che l’assenza di queste relazioni o contatti sia un effetto unico della situazione in Ucraina è errato, perché in realtà l’attuale situazione è il risultato di 30 anni di isolamento che l’Abcasia ha vissuto.
In alcune situazioni, Bruxelles ha addirittura una posizione più forte e netta rispetto a Washington, il che può essere paradossale. Ad esempio, quando si discute della libertà di movimento, ai cittadini abcasi non viene garantito questo diritto, limitando di conseguenza le opportunità di viaggio dei nostri giovani.
Abbiamo una doppia cittadinanza, quella abcasa e quella russa: il passaporto russo permette alla nostra gente di girare il mondo. Pertanto, considerando la situazione a causa dell’Ucraina, attualmente è più difficile per i cittadini abcasi ottenere il visto per viaggiare in Europa e in occidente.
Tra l’altro, attualmente la situazione sta peggiorando: spesso, infatti, sottolineo questo problema ai copresidenti delle tavole rotonde del dibattito internazionale di Ginevra. Infatti, circa il 25%-30% della nostra popolazione ha una sola cittadinanza, quella abcasa, e non può viaggiare per il mondo o candidarsi all’estero per un’opportunità di lavoro o di studio.
Tale questione è incentrata sulla capacità dei nostri giovani di viaggiare liberamente per il mondo e svolgere la loro vita quotidiana. Chiediamo alla comunità internazionale di riconoscere il nostro passaporto come documento di viaggio: è più facile ottenere questo documento, già esistente per altri paesi, che perseguire il riconoscimento ufficiale nel breve periodo.
Purtroppo non abbiamo ancora ricevuto risposta alla nostra richiesta del documento di viaggio. Nel mondo ci sono alcuni esempi concreti di questa opportunità: ad esempio, sia gli Stati Uniti che il Regno Unito rilasciano visti ai cittadini che possiedono solo il passaporto di Cipro del Nord. Sebbene i funzionari statunitensi abbiano più volte negato ciò, abbiamo mostrato loro le prove che abbiamo raccolto in cui è evidente che Washington ha riconosciuto o accettato il passaporto di Cipro del Nord come documento di viaggio utile per ottenere il visto.
Ci sono anche i casi di Taiwan – Repubblica di Cina e, naturalmente, la situazione del Kosovo, la cui sovranità non è riconosciuta da cinque membri dell’Unione Europea (Spagna, Grecia, Cipro del Nord, Slovacchia, Romania) anche se questi paesi consentono ai cittadini del Kosovo di utilizzare il proprio passaporto come documento di viaggio.
Sulla base di queste esperienze, quindi, chiediamo alla comunità internazionale di adottare questa pratica già esistente. Sfortunatamente, i paesi dell’Unione Europea hanno deciso di adottare una posizione più netta e severa su questo argomento rispetto anche agli Stati Uniti. Ad esempio, oggi è più facile ottenere il visto statunitense rispetto a quello di Schengen.
In passato, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, abbiamo dovuto affrontare il problema rappresentato dal fatto che i cittadini abcasi avevano solamente il passaporto sovietico il quale non veniva più accettato come documento di viaggio non esistendo più l’Urss come nazione. Pertanto, quando alcuni studenti abcasi dovettero visitare gli Stati Uniti per motivi di studio, Washington accettò di riconoscere il passaporto sovietico per concedere loro il visto. È stato un qualcosa senza precedenti, perché le autorità statunitensi hanno concesso un visto ai cittadini abcasi nonostante questi avessero un passaporto di un paese che non esisteva più. Tale episodio dimostra come, quando c’è la volontà, non esiste ostacolo che non può essere superato. Oggi, però, sfortunatamente sembra che non ci sia questa volontà”
.

– Di recente l’Abcasia ha approvato il progetto di modernizzazione e riapertura dell’aeroporto di Sukhum. In che modo questa infrastruttura potrebbe aiutare il commercio e il turismo nazionale? Quali vantaggi e sfide sono legati a questo progetto?
“Pochi giorni fa il nostro Parlamento ha ratificato la possibilità di restauro, modernizzazione e riapertura dell’aeroporto di Sukhum. Per noi, evidentemente, questa infrastruttura potrebbe comportare nuove opportunità a livello economico e aprire il paese a nuovi turisti. Infatti, l’aeroporto di Sukhum potrebbe non solo aumentare il flusso turistico nel nostro Paese, ma anche aprire una nuova catena logistica.
I maggiori investitori sono i russi perché il nostro aeroporto necessita di un completo ammodernamento i cui costi potrebbero essere sostenuti solo dalla parte russa.
Attualmente, però, non si può parlare di voli internazionali ma solo nazionali per via della posizione dell’ICAO: l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO), infatti, sostiene che questa infrastruttura sia un aeroporto georgiano e per questo non vuole riconoscere l’aeroporto di Sukhum come internazionale.
Pertanto, il primo passo è stato un accordo con i nostri amici e colleghi russi per stabilire voli bilaterali. Considerando che i russi rappresentano il maggior flusso turistico in Abcasia, l’istituzione di questi voli bilaterali produrrà un notevole vantaggio per il nostro Paese.
Come avete sperimentato quando siete giunti a Sukhum, attualmente è possibile entrare in Abcasia dalla Russia solo tramite il valico di frontiera di Psou dove spesso ci sono lunghe file di persone e automezzi. Secondo recenti statistiche, il confine tra l’Abcasia e la Federazione Russa è il più trafficato dell’estate. Pertanto, l’apertura dell’aeroporto ridurrà la lunga coda a Psou.
In futuro, speriamo anche di avere voli diretti verso i paesi membri dell’Unione Europea. Se vogliamo sognare, sarebbe fantastico se voi cittadini europei riusciste a raggiungere l’Abcasia grazie a un volo diretto ad esempio da Roma in Italia”.

– Potrebbe dirci di più sulle relazioni dell’Abcasia con la Russia e la Turchia, due attori chiave nel Caucaso?
“Come ho già detto precedentemente, la Russia è il nostro partner strategico. Mosca è il principale paese con cui l’Abcasia intrattiene relazioni socio-economiche, politiche, commerciali e finanziarie. Abbiamo firmato oltre 200 accordi interstatali e intergovernativi con la Federazione Russa in diversi ambiti a diversi livelli.
Inoltre, abbiamo anche diversi accordi con Mosca relativi alla nostra sicurezza nazionale che garantiscono pace e stabilità. Come sapete, i funzionari ucraini come ad esempio il capo dell’SBU (Servizio di sicurezza dell’Ucraina) hanno invitato la Georgia ad aprire un ‘secondo fronte’. L’opposizione georgiana, in particolare il Movimento Nazionale Unito, ha sostenuto la richiesta ucraina facendo pressioni sul governo di Tbilisi, guidato dal partito Sogno Georgiano, per avviare un conflitto contro l’Abcasia.
Senza le nostre relazioni e partnership con la Russia nei settori della sicurezza e militare, la richiesta di Kyiv di aprire un secondo fronte sarebbe divenuta una realtà. Pertanto, è evidente che Mosca funge da garante della nostra stabilità e facilita il nostro sviluppo pacifico.
La Turchia ha sempre svolto un ruolo significativo nel Caucaso. In passato, per chi conosce la nostra storia regionale, l’impero zarista e quello ottomano si scontrarono per il controllo di questa regione in circa dodici guerre.
Al momento, quando si parla di connessioni politiche, i limiti derivano dal mancato riconoscimento della nostra repubblica da parte di Ankara rispetto ad altre nazioni. Al contrario, a livello ufficioso, abbiamo avuto diversi contatti con i politici turchi, anche se non hanno portato a uno sviluppo importante per l’Abcasia.
Come ho spiegato prima, riconoscere l’Abcasia è una questione che richiede una grande responsabilità da parte del capo di una nazione, perché comprende anche la dimensione geopolitica. Purtroppo, la leadership turca non è matura per riconoscere l’Abcasia a livello internazionale.
Vorrei anche sottolineare che abbiamo diversi contatti e relazioni con la Turchia a livello non ufficiale. In Turchia vive la nostra più grande diaspora, circa 500mila abcasi estremamente attivi nella politica interna turca. Ad esempio, all’interno del parlamento di Ankara è stato eletto un cittadino di etnia abcasa il cui compito è quello di rappresentare i bisogni e le aspirazioni della nostra diaspora.
Negli anni ’90, sebbene l’Abcasia aveva vinto la guerra contro la Georgia, abbiamo sperimentato un blocco totale dai paesi vicini che ha reso impossibile per la nostra gente viaggiare e commerciare all’estero. In questo periodo difficile siamo sopravvissuti grazie alla Turchia: abbiamo infatti importato dal mercato turco tutti i prodotti necessari alla sopravvivenza della nostra popolazione.
Alla luce della situazione attuale non ci aspettiamo alcun progresso politico da Ankara a livello internazionale nel prossimo futuro”

– Come valuta il recente 58° round dei colloqui internazionali di Ginevra?
“Non abbiamo raggiunto un obiettivo concreto o univoco nel recente 58° round del dibattito internazionale di Ginevra. A parte questo, voglio sottolineare che è l’unico formato internazionale che abbiamo oggi. L’obiettivo principale degli incontri che avvengono a Ginevra è l’accordo di non aggressione che finora non è stato firmato.
La presenza delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, della Russia e degli Stati Uniti a queste tavole rotonde sottolinea l’importanza di questo formato. Questa piattaforma garantisce anche che il dialogo riduca l’eventualità di una nuova guerra con la Georgia.
I colloqui internazionali di Ginevra danno anche l’opportunità di confrontarsi e dialogare con i principali attori internazionali sulle nostre necessità e richieste. Questo è l’unico formato che ci permette di avere un negoziato ufficiale con l’Unione Europea.
A proposito, fin dall’inizio, anche all’interno delle discussioni di Ginevra sono stati inclusi alcuni obiettivi e concetti che non ci interessano, il governo abcaso considera questa piattaforma importante, perché è l’unico strumento internazionale che abbiamo.
Prima del 2008 avevamo un formato supportato dalle Nazioni Unite. Questo era migliore di quello che abbiamo ora, perché all’epoca la Georgia e l’Abcasia erano considerate parti coinvolte nel conflitto. Sulla scia del conflitto del 2008, l’accordo Medvedev-Sarkozy ha stabilito l’attuale struttura vigente di dialogo internazionale che esclude l’Abcasia come una delle entità coinvolte nel conflitto. Pertanto, partecipiamo formalmente al dialogo internazionale di Ginevra come ‘esperti’ senza alcuna rappresentanza dei nostri rispettivi paesi.
Il problema principale è che siamo entrati in questa piattaforma per avviare colloqui con i georgiani in merito a un trattato di non aggressione, tuttavia, i georgiani hanno riproposto questo formato per coltivare relazioni con la Federazione Russa e fare pressione su Mosca affinché firmi un accordo di non aggressione con Tbilisi.
Devo sottolineare come i diplomatici georgiani siano stati abili nell’informare l’opinione pubbliche e sostenere la tesi che nel 2008 ci sia stato un conflitto anche in Abcasia. Tale affermazione è errata, perché nell’agosto del 2008 le forze armate georgiane hanno attaccato solamente l’Ossezia del Sud. Negli stessi giorni, invece, le nostre forze militari hanno condotto un’operazione militare speciale per liberare la Valle di Kodor che dal 1993 era sotto l’occupazione georgiana. Senza scontri militari, abbiamo ripreso il controllo di questa regione che apparteneva al nostro territorio sovrano.
Sottolineo ancora una volta che non abbiamo avuto un conflitto con la Georgia nel 2008, come spesso afferma la propaganda di Tbilisi. I georgiani hanno raggiunto l’obiettivo di informare l’opinione pubblica su un “conflitto con l’Abcasia nel 2008” e nascondere la loro aggressione contro l’Abcasia nel 1992-1993.
In questo modo, la leadership georgiana, invece di confermare la guerra 1992-1993 iniziata con la loro aggressione, ha addossato la colpa alla Federazione Russa. Pertanto, Tbilisi ha creato questa falsa notizia che nega la guerra contro l’Abcasia nel 1992-1993. Sfortunatamente, i funzionari dell’Unione Europea si basano solo sulla narrativa georgiana e ritengono che il conflitto abcaso-georgiano sia iniziato nel 2008. Grazie a questa strategia, la Georgia ha isolato il nostro Paese anche a livello mediatico internazionale”
.

* Articolo in mediapartnership con SpecialEurasia.