AFGHANISTAN. ONU denuncia torture in carceri, anche in prigione zona italiani

Ansa, 10 ott 11 –

di Marcello Campo –

Nelle carceri afghane tantissimi detenuti sono stati picchiati, torturati e sottoposti a ogni tipo di maltrattamenti. Anche ragazzi di sedici anni. E anche nella prigione di Herat, una struttura ammodernata grazie ai fondi italiani, nella zona del Paese dove operano i nostri soldati. E’ quanto emerge da uno sconvolgente rapporto di 74 pagine firmato dall’Unama, la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, che tratteggia un quadro desolante della situazione dei diritti umani nelle galere del governo di Kabul. Secondo la ricerca, i prigionieri di 47 strutture detentive del paese, controllate dalla Polizia Nazionale e dal Dipartimento per la Sicurezza, hanno subito trattamenti che vengono classificati come ”torture” sia dalle leggi internazionali che da quelle afghane. Nel documento si precisa tuttavia che i maltrattamenti non sono il risultato di una politica del governo. I ministri della Sicurezza di Kabul, sottolinea l’Unama, hanno collaborato all’indagine, e dopo aver appreso i risultati del rapporto, hanno iniziato ad adottare le misure necessarie per fermare gli abusi. E gia’ dal mese scorso l’Isaf, Forza Internazionale di Assistenza per la Sicurezza della Nato, ha bloccato i trasferimenti dei prigionieri, sospetti talebani, verso sedici delle strutture indicate nel documento. Secondo il rapporto della missione Onu, basata su interviste a 379 detenuti dall’ottobre 2010 all’agosto 2011, almeno un terzo di questi sono stati percossi e torturati con l’obiettivo di ottenere informazioni e confessioni, metodo usato di frequente nei processi afghani. A confermare che i maltrattamenti non sono frutto di una politica del governo e’ anche il Rappresentante Speciale di Ban Ki-moon per l’Afghanistan, Staffan De Mistura. In una nota il diplomatico ha osservato che la cooperazione delle autorità locali all’indagine dell’Unama e il tentativo di porre un freno agli abusi sono la dimostrazione che il paese sta cercando la strada delle riforme. Torture che avvenivano anche nel carcere di Herat, in zona ‘italiana’. Qui l’Unama ha intervistato 16 detenuti fermati dalla Polizia locale e ben nove di loro hanno denunciato di aver subito delle violenze. Tra di loro c’e’ anche un ragazzo di 16 anni. La tecnica era sempre la stessa: le torture sistematiche avevano lo scopo di ottenere informazioni e possibilmente confessioni. Dalle testimonianze raccolte emerge che durante la notte gli uomini della sicurezza afgana prelevavano la vittima dalla sua cella, in manette e con un cappuccio sul volto, e lo portavano in una sala speciale. E’ qui che il sospetto veniva interrogato e picchiato se non forniva le informazioni richieste. Gli aguzzini ne bruciavano anche le piante dei piedi con dei cavi elettrici. Un detenuto ha riferito che era completamente inutile urlare o piangere. Dopo le scosse elettriche, i detenuti venivano fatti uscire e costretti a camminare sulla ghiaia e sulla calce per qualche minuto. Infine, venivano ricondotti nella loro cella. Il rapporto cita le parole di uno di questi detenuti, il carcerato numero 185, vittima di continue torture: ”Durante il mio primo interrogatorio sono stato picchiato da due persone, mentre ero ammanettato, incappucciato e seduto per terra. Mi hanno chiesto di una persona che loro sospettavano fosse l’autore di un attacco terroristico. Si rendevano conto che non c’entravo nulla, ma volevano lo stesso informazioni. Io parlavo ma non mi credevano. E continuavano a dirmi: ‘se non ci dici la verita’ andiamo avanti con le botte’. Poi mi hanno messo faccia per terra e hanno cominciato a colpirmi con dei cavi elettrici, sulle spalle e sulle piante dei piedi. Infine sono stato cinque minuti in piedi sul cemento”.