Ahmadinejad mette Chavez in paradiso. E gli ayatollah si risentono

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“Ha celebrato eccessivamente il defunto presidente venezuelano Hugo Chavez”: questa è l’accusa che il clero degli ayatollah rivolge a Mahmoud Ahmadinejad, il presidente dell’Iran da tempo in contrasto proprio con la Guida spirituale del paese, Alì Khamanei.
In particolare si sono espressi contro la mancanza di morigeratezza i religiosi Ahmad Khatami,  Mesbah Yazdi, Mohsen Qera’ati e Mohammad Taqi Rahbar; effettivamente Ahmadinejad è un po’ uscito (di certo volutamente) dal proprio campo politico, definendo Chavez un “simbolo della resistenza all’imperialismo” e “una personalità eccezionale destinata, alla fine dei tempi, a risorgere insieme al dodicesimo imam, il Mahdi”, ovvero “il salvatore” per i musulmani sciiti.
Gli ayatollah hanno quindi affermato che il presidente “è persona non idonea a rilasciare tali dichiarazioni a sfondo religioso” e che “non bisogna attribuire così tanta importanza a un capo di Stato straniero, fino al punto di porlo sullo stesso piano della nostra Guida Suprema”, cioè di Khamenei.
L’hojjatoleslam Qera’ati, presidente dell’Istituto Nazionale per il Coordinamento della Preghiera, riferendosi ad Ahmadinejad ha detto: “chi si crede di essere per emettere tali sentenze religiose! Su alcune questioni non si possono rilasciare pareri senza averne i requisiti e le competenze religiose”.
Anche per l’ayatollah Ahmad Khatami al musica non è stata diversa: “devo essere franco, si è esagerato nel messaggio di condoglianze del presidente. Non mi sembra corretto entrare in tematiche religiose e spirituali in occasione di un messaggio di cordoglio”.
Da parte sua Ahmadinejad non ha risposto alle critiche mosse dal clero del suo paese, anche perché ciò che doveva dire, lo ha detto: quanto accaduto oggi rientra nel quadro degli ormai palesi dissapori tra il fronte ultraconservatore di Qom, vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, e il fronte presidenziale di Ahmadinejad, il quale, tuttavia è ormai prossimo alla scadenza del suo secondo mandato e non potrà ricandidarsi alla guida del paese.