Australia: dimissioni del primo ministro Gillard, Kevin Rudd torna a capo del governo

di Gabriele Abbondanza –

gillard ruddIl primo ministro Julia Gillard si è dimesso dopo aver perso la votazione interna per la leadership del partito laburista. L’ex primo ministro Kevin Rudd torna alla guida del partito e della nazione.

Sidney – E’ accaduto tutto piuttosto rapidamente: due giorni fa, mercoledì 26 giugno, il primo ministro australiano Julia Gillard si è dimesso a seguito di una votazione interna al ALP – il partito laburista australiano – che ha visto l’ex primo ministro Kevin Rudd vincente con 57 voti a 45. La Gillard, prima donna a ricoprire il ruolo di primo ministro in Australia, fu eletta nel Giugno del 2010 proprio in seguito alle dimissioni di Rudd, allora primo ministro. Il “ribaltone” interno al partito laburista australiano era ipotizzato da tempo, ma il primo ministro uscente non sembra mai aver dato seguito alle diverse voci che la davano in costante calo di consensi. Ieri, ad un solo giorno di distanza dalle dimissioni della Gillard, il Governatore Generale dell’Australia ha nominato Kevin Rudd primo ministro.

IL CONTESTO:
Eletta nel pieno della crisi economica mondiale, la Gillard rappresentava un ideale di cambiamento e competenza, apparentemente la figura più adatta per continuare a tenere il paese fuori dalle tenaglie della recessione. Uno dei punti di forza del suo mandato, è stata la tenacia con la quale il governo federale ha attuato politiche volte a mantenere in attivo i conti dello stato, misure che, a conti fatti, hanno permesso all’Australia di sostenere il trend positivo della propria economia. Anche sul fronte della sanità, il governo ha mantenuto gli impegni presi in precedenza dal collega di
partito, continuando ad investire sia in strutture pubbliche che in quelle private. La Gillard ha inoltre dovuto muoversi con grande attenzione sul tema – delicatissimo – dell’immigrazione. L’Australia è l’unico paese occidentale nel proprio emisfero ad aver evitato la crisi economica internazionale e questo, tenuto conto della propria posizione geografica, la rende meta di una fortissima pressione demografica da parte dei paesi del sud-est asiatico. La Gillard si è sempre definita favorevole alla cosiddetta skilled immigration, l’immigrazione selezionata secondo le necessità contingenti del paese, ma contraria all’idea di un’Australia sovraffollata. Un cambiamento netto rispetto alle politiche di Kevin Rudd che, durante il precedente mandato, aveva fatto della Big Australia uno degli slogan di governo e aveva terminato la Pacific Solution, provvedimento che prevedeva la ripartizione degli immigrati clandestini in strutture apposite, costruite nei territori di paesi alleati a nord delle coste australiane. Julia Gillard, nel 2012, fece riaprire parte di queste strutture. Ma, forse, il risultato più importante del governo della Gillard è rappresentato dalla forte presa di posizione in merito alla posizione geopolitica del Paese, da diversi anni ormai in bilico tra Stati Uniti e potenze asiatiche. Il governo australiano, nel 2012, ha confermato che l’Australia sarà sempre più vicina al proprio contesto geografico, che la vede incastonata nell’Asia meridionale. Alcune tensioni con i maggiori partner commerciali – Cina, Giappone e India in primis – vengono così allentate dal libro bianco pubblicato nel dicembre scorso, dal titolo emblematico Australia in the Asian Century. Ma tutto questo evidentemente non è bastato, dal momento che da diverso tempo cresce il malcontento nei confronti della Gillard, sentimento che si è in seguito trasformato in insofferenza, come dimostrato da diverse campagne che proponevano le sue dimissioni. Molti fattori sono alla base del suo crollo di popolarità, ma sicuramente i più importanti sono le preoccupazioni per il futuro dell’economia e alcuni eventi che hanno segnato il suo mandato, come la morte di molti immigrati clandestini nei tratti di mare a nord dell’Australia. Un incidente in particolare ha colpito l’opinione pubblica australiana, quello che ha portato nel 2010 alla morte di più di 50 clandestini, tra cui molte donne e bambini, che tentavano di raggiungere le coste australiane. Col passare dei mesi, la debole coalizione di governo ha perso alcuni elementi, arrivando al punto di dover combattere per far approvare diversi provvedimenti. Come conseguenza di tutto questo, il crollo della Gillard è dovuto alla forte preoccupazione per l’esito delle prossime
elezioni federali, indette il 14 Settembre 2013, in cui i laburisti dovranno affrontare i liberali capeggiati da Tony Abbott, da diversi mesi in vantaggio nei sondaggi.
Parallelamente, i consensi dei cittadini fedeli alla left wing del parlamento australiano si sono concentrati nuovamente su Kevin Rudd, dimessosi da primo ministro nel 2010 in una situazione del tutto analoga a quella che lo ha riportato a capo del partito e del governo. Rudd, esponente della corrente più a sinistra del partito laburista, ha introdotto nel suo governo molte riforme in netta contrapposizione con quelle di John Howard, suo predecessore e fedele sostenitore delle politiche di George W. Bush e Tony Blair. Le riforme più importanti del governo Rudd hanno portato alla ratifica del Protocollo di Kyoto, alle prime scuse ufficiali rivolte al popolo aborigeno per le cosiddette “generazioni rubate” e al ritiro delle ultime truppe dall’Iraq.

LE NUOVE SFIDE:
Rudd è stato costretto alle dimissioni dopo aver perso la votazione per la leadership del proprio partito nel 2010, sfidato e battuto da Julia Gillard. Tra le motivazioni che hanno portato alla sfiducia dei laburisti nei confronti di Rudd, sicuramente la più rilevante è stata il mancato appoggio dell’ala più conservatrice del partito. La right wing dei laburisti ha ritirato il proprio sostegno in seguito al modo in cui Rudd aveva gestito alcuni provvedimenti delicati come la sicurezza dei lavoratori. Tuttavia, le vere cause del mancato appoggio andavano ricercate nel progetto di creare nuove forme di tassazione dirette alle industrie con emissioni di Co2 oltre un certo limite e nella proposta di tassare ulteriormente i profitti derivati dall’industria mineraria, una delle principali risorse dell’economia australiana. Kevin Rudd è un politico noto per la sua capacità di saper parlare fluentemente in mandarino, ma sono note anche le sue posizioni, questa volta conservatrici, in politica estera. Durante il suo ultimo governo, infatti, Rudd ha spinto decisamente verso una crescita del peso geopolitico australiano a fianco degli Stati Uniti, a parziale discapito del rapporto, sempre più vitale, con la Cina. Il nuovo premier australiano si trova ora ad affrontare la sfida di saper mantenere le nuove promesse fatte, per poter compattare il partito, recuperare consensi e vincere alle prossime elezioni di settembre. Se riuscirà in questa impresa, Kevin Rudd dovrà poi confrontarsi con il futuro del proprio paese, suo malgrado sempre più incastonato nel contesto asiatico.
Gabriele Abbondanza