Bahrein. Continuano le manifestazioni contro il governo e contro la monarchia. Taciute in Occidente.

di Ehsan Soltani –

Meno nota nel quadro della Primavera Araba è l’insurrezione in corso da più di un anno nella monarchia del Bahrein: si tratta di una protesta fatta di marce, disobbedienza civile  e manifestazioni, scoppiata immediatamente dopo i fatti che hanno portato alla cacciata di Ben Alì in Tunisia e di Mubarak in Egitto.
Alla base della protesta in Bahrein, rivolta sia nei confronti del governo che della monarchia, vi sono la richiesta di dimissioni del primo ministro Khalifa ibn Salman Al Khalifa, al potere dal 1971, la liberazione dei detenuti politici e la stesura di una nuova costituzione; vi è inoltre una mancanza di democrazia imputata alla dinastia reale, la quale, tra l’altro, non è autoctona, ma si è insediata nell’isola dalla seconda metà del Settecento.
Quando si pensa al Bahrein non bisogna soffermarsi all’esiguità del numero degli abitanti, che sono circa un milione e 200 mila: si tratta da sempre di un paese elevato sotto il profilo culturale, capace, nella storia, di sollevarsi contro i colonizzatori portoghesi e soprattutto di porsi  al centro dell’animo arabo.
Con maggioranza sciita, l’isola è separata da un braccio di mare dall’Arabia Saudita e dal ricco Qatar ed ospita la V Flotta Usa, la quale presidia gli interessi americani dal golfo dell’Oman, al golfo di Aden e a quello Persico, nel mar Rosso e in una parte dell’oceano Indiano.
Per questi motivi la caduta del re, Hamad bin Isa Al Khalifa, cugino del primo ministro, romperebbe i delicati equilibri e ridurrebbe l’intera area arabica in una situazione di grave instabilità che potrebbe tradursi in un danno di considerevoli proporzioni per gli alleati occidentali.
Alla ‘Giornata della Collera’, avvenuta il 14 febbraio 2001, vi erano stati un morto e 14 feriti, come pure il giorno successivo: il re si era scusato per l’accaduto, ma già il 15 marzo successivo, per sedare la rivolta, erano arrivati in Bahrein il ministro della Difesa statunitense Robert Gates, militari dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. L’intervento dei militari stranieri aveva causato violenti scontri con la piazza che avevano comportato la perdita di vita di una decina di persone ed il ferimento di un centinaio di altre. I manifestanti avevano occupato la nota  Piazza della Perla, semidistrutta in seguito dagli stessi governativi; la repressione era continuata per diversi giorni, con arresti ed annunci di pene capitali ed il re del Bahrein era intervenuto in tv scusandosi per le persone morte ed invitando i manifestanti a proseguire la lotta in modo pacifico; aveva quindi annunciato la concessione ad ogni famiglia del paese della somma di 1000 dollari.
Alle prime ore del mattino i militari dell’Arabia Saudita avevano sparato gas lacrimogeni nella Piazza della Perla contro i manifestanti e, con i soldati del Bahrein muniti di carri armati e di mezzi militari, avevano messo sotto assedio gli occupanti.
Gli scontri erano poi continuati a Sitra, nella parte orientale del paese, dove erano morti 4 giovani, ed i militari avevano presidiato l’ospedale di Manama al fine di non far entrare i feriti.
Nelle cariche del 16 marzo, durate fino a notte, erano morti anche due militari del Bahrein e, per intimorire e separare la folla dei protestanti, erano volati in cielo gli elicotteri.
Prima dell’intervento di critica alle violenze del ministro degli Esteri americano, Hillary Clinton, a Manama erano già morte 6 persone: “I paesi che sono intervenuti in Bahrain – aveva detto la Clinton – si sono addentrati in un percorso sbagliato”.
Nei giorni successivi, le manifestazioni di protesta, promosse da diversi gruppi e da più confessioni religiose, erano continuate, seppure con minore intensità e comunque senza eclatanti episodi di violenza ed il re dell’Arabia Saudita aveva affidato alla Lega Araba un progetto di incorporamento del Bahrein nel proprio territorio: a questo gesto erano seguite nuove manifestazioni di protesta organizzate dal partito Al Wefaq National Islamic Society, che conta 18 parlamentari alla Camera e che è il principale dell’opposizione: immediatamente le autorità avevano replicato, tramite i mass media che il progetto era stato accantonato, ma era rimasto il sospetto è che vi sia stato chi ha continuato a lavorarvi nell’ombra.
Ancora pochi giorni fa vi sono state manifestazioni con arresti in una decina di quartieri della capitale, poiché, a quanto hanno riferito i rivoltosi, le promesse del governo non sono state mantenute; è stato inoltre stabilito di considerare il venerdì quale ‘Giornata della Collera, da ripetersi ogni settimana fino a quando le promesse fatte dal governo non saranno mantenute.
Della difficile e complicata situazione del paese mediorientale non ne viene pressoché data notizia in Occidente e poco anche nell’area, poiché vi è il timore che il cambiamento del potere possa tradursi nella perdita di un tassello essenziale nel mosaico delle alleanze arabo-occidentali.
Certo è che fino a quando rimarranno nel Bahrein i soldati degli altri paesi, non sarà possibile costruire quella tranquillità necessaria per affrontare in modo vero le problematiche ed individuarne le risposte.