Brexit. Per il Financial Times il conto sarà di 100 miliardi. Barnier, ‘nessuna punizione’

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La Commissione europea ha individuato nel francese Michel Barnier, già commissario Ue per il Mercato interno, i Servizi, l’Industria e le Politiche regionali, il capo negoziatore della parte europea per la Brexit.
Esordendo nel suo nuovo ruolo, Barnier ha precisato che il denaro che la Gran Bretagna dovrà pagare all’Unione Europea per la Brexit non rappresenta una punizione, bensì “la questione finanziaria riguarda solo la sistemazione dei conti”.
Nell’incontro di sabato scorso i Ventisette sono stati concordi nello stabilire le linee guida per la Brexit, e il conto per il divorzio che Londra dovrà pagare è stato stimato prudentemente in 60 miliardi di euro.
D’altro canto già il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker aveva avvertito che “I britannici sono tenuti a rispettare gli impegni che hanno condiviso. E dunque il conto sarà, diciamolo volgarmente, molto salato”.
Tuttavia la batosta per la premier britannica Theresa May, che già contava di sborsare solo la metà, è arrivata questa mattina dalle pagine del Financial Times, per il quale il conto arriverà alla fine a 100 miliardi di euro.
Denaro che, è stato affermato da Londra, non si intende versare: il ministro britannico per la Brexit, David Davis, ha detto in un’intervista ad Itv che la Gran Bretagna pagherà quando dovuto, ma non un euro di più.
Per quanto il prestigioso quotidiano finanziario sia spesso attendibile nelle sue analisi, il coordinatore del Parlamento europeo per la Brexit, Guy Verhofstadt, ha precisato che “I media producono numeri ma per quanto ne so non è mai stata menzionata una cifra”: “Si è parlato di vendetta e di punizione, ma non si tratta per nulla di questo. Non ho mai divorziato ma in un divorzio ci deve essere un’accordo finanziario tra le due parti”.
Il conto che presenterà l’Ue risponderà infatti agli impegni assunti nel bilancio pluriennale dell’Ue, ma anche nell’ambito della Banca Europea degli Investimenti, del Fondo Europeo di Sviluppo e della Banca Centrale Europea. Si tratta cioè degli impegni presi dalla gran Bretagna per i progetti in corso, perlomeno fino al 2023, cioè ben oltre l’uscita di Londra dall’Unione Europea, e senza accordi con l’Ue la Gran Bretagna dovrà affidarsi per l’import-export alle regole del Wto, e la cosa arriverebbe costare alle aziende britanniche 7 miliardi l’anno. Un incubo per entrambe le parti.
Già nell’aprile 2016, cioè prima del referendum sulla Brexit, l’ex cancelliere dello Scacchiere George Osborne, aveva prodotto uno studio nel quale risultava che un’eventuale “hard Brexit” sarebbe potuta costare alle casse del Tesoro britannico qualcosa come 66 miliardi di sterline, pari a circa 73 miliardi di euro.