Colombia. Convocato il TIAR, si attenua la crisi diplomatica con il Venezuela

di Alberto Galvi –

La tensione tra il Venezuela e la Colombia ha avuto un’accelerazione nei giorni scorsi quando i dissidenti delle FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejército del Pueblo) avevano annunciato il loro ritorno alle armi in risposta al tradimento dello stato colombiano al processo di pace avviato in quel paese dopo gli accordi del 2016. Al ritorno alle armi dei guerriglieri delle FARC-EP si è aggiunto come alleato l’ELN (Ejército de Liberación Nacional).
La presenza dei guerriglieri colombiani in Venezuela è stata documentata dal SEBIN (Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional) e dal CEO-FANB (Comando Estratégico Operacional de la Fuerza Armada Nacional Bolivariana). Inoltre il regime venezuelano ha ospitato personale militare di paesi invisi a Washington, e alla maggior parte della comunità internazionale come l’Iran e la Siria.
Maduro ha accusato il presidente colombiano Iván Duque di portare avanti un falso pretesto per attaccare il territorio venezuelano, andare al Consiglio di sicurezza dell’UN (United Nation), e avviare un conflitto armato con il sostegno della comunità internazionale. Dalla Colombia, il presidente Iván Duque ha respinto le accuse del governo venezuelano.
Nicolás Maduro ha alzato il livello di tensione, facendo scattare l’allarme arancione, e dispiegando circa 3 mila soldati al confine negli Stati della Zulia, Táchira Apure e Amazonas lungo il confine di 2.219 chilometri per difendere la propria sovranità.
Il regime di Caracas ha mobilitato dal 10 al 28 settembre circa 150 mila soldati per esercitazioni militari, con carri armati, veicoli corazzati muniti di missili e dozzine di soldati. A capo di queste esercitazioni c’è Remigio Ceballos, capo del comando strategico operativo del CEO-FAMB. Il governo colombiano ha considerato queste esercitazioni come una minaccia diretta contro il proprio paese e la stabilità della regione.
Il governo di Duque è stato determinante nell’esercitare pressioni internazionali per trovare soluzioni alla crisi in Venezuela, incluso il sostegno al presidente incaricato Juan Guaidó. Inoltre l’accoglienza di questi mesi dei migranti venezuelani ha mostrato le buone intenzioni del governo colombiano di non voler far scoppiare nessun conflitto armato.
La Colombia ha costantemente negato di aver pronto un piano per attaccare il Venezuela o facilitare il lancio di un’offensiva militare nel suo territorio da parte degli Stati Uniti. Il presidente Iván Duque denuncerà Maduro davanti all’Assemblea generale dell’Onu, durante il prossimo vertice che si svolgerà alla fine di settembre, perché continua a proteggere dei gruppi terroristici all’interno del suo territorio.
Intanto è iniziato il processo di riammissione del Venezuela come membro del TIAR (Tratado Interamericano de Asistencia Recíproca), che è un trattato originariamente firmato a Rio il 2 settembre del 1947 da 21 paesi dell’America Latina e dagli Stati Uniti.
Il TIAR è un patto difensivo tra i diversi paesi del continente americano grazie al quale è garantito loro il diritto all’autodifesa nel caso fossero stati minacciati o attaccati da altri Stati, seguendo le regole stabilite dalla Carta dell’UN. Il TIAR riconosce il ruolo di mediatore all’OEA, nelle dispute tra paesi o istituzioni in conflitto.
Questo trattato non mira ad un intervento militare in Venezuela, ma ad esercitare una maggiore pressione giuridica a favore di una svolta democratica. La probabilità di un’azione della forza internazionale è comunque molto bassa, anche se il confine tra Venezuela e Colombia rimane una fonte di instabilità per entrambi i paesi e per l’intera regione.
I paesi che hanno originariamente firmato questo trattato sono stati: Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Haiti, Argentina, Brasile, Bolivia, Cile, Colombia, Stati Uniti, Honduras, Panamá, Paraguay, Perú, Repubblica Dominicana, Messico, Uruguay e Venezuela, poi si sono aggiunti Nicaragua, Ecuador, Bahamas e Trinidad e Tobago.
Dal TIAR si sono dimessi paesi come Messico, Bolivia, Nicaragua ed Ecuador, mentre alcuni sono rientrati nel corso degli anni come Perù, Venezuela, Bolivia e Cuba, lasciando in lista gli altri 15 paesi, tutti membri dell’OEA. Il ripristino del Venezuela al TIAR ha richiesto la firma di Guaidó anziché di Maduro, visto che è considerato il legittimo presidente del paese da oltre 50 paesi.
Questa situazione di crisi pone 2 fronti sullo scacchiere internazionale. Il primo fronte sostiene Guaidó ed è composto dagli Stati Uniti, dal Canada, e dalla maggior parte dei paesi dell’America Latina e dell’Europa. Il secondo fronte invece che sostiene Maduro è composto da Russia, Cina, Iran, Turchia, Nicaragua e Bolivia.
Nei giorni scorsi la riattivazione del TIAR è stata votata nel Consiglio permanente dell’OAE da 12 dei 19 paesi, in quanto è stato affermato che la crisi in Venezuela ha un effetto destabilizzante, rappresentando una chiara minaccia per la pace e la sicurezza.
Per convocare una sessione dei paesi membri del TIAR, era necessario il voto favorevole della metà più uno dei suoi membri. I paesi che hanno firmato favorevolmente al rientro del Venezuela nel TIAR sono: Stati Uniti, Guatemala, Haiti, Argentina, Brasile, Cile, Colombia, El Salvador, Honduras, Paraguay, Venezuela e Repubblica Dominicana.
Per il Venezuela hanno partecipato i rappresentanti favorevoli a Guaidó, mentre erano assenti le Bahamas e Cuba. Si sono astenuti 5 paesi: Costa Rica, Panama, Perù, Trinidad e Tobago e Uruguay. Il prossimo incontro si svolgerà a fine settembre a New York a latere dell’Assemblea Generale dell’UN.
Anche se per il momento nessuno ha preso in considerazione l’uso delle armi bisogna ricordare che solo con l’intervento degli Stati Uniti la Colombia potrebbe sopraffare il Venezuela, con il vantaggio che Cina e Russia non entrerebbero in un conflitto armato in America Latina a favore del loro alleato Maduro.
Un altro segnale a favore della pace sono state le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Bolton che in questi ultimi mesi aveva rafforzato le sanzioni nei confronti del regime venezuelano. Inoltre come richiesto dal presidente Iván Duque, l’UN ha approvato la proroga del mandato della missione di pace fino a settembre 2020.