I nodi irrisolti del passaggio al digitale dei visti Schengen rischiano di gettare nel caos consolati e viaggiatori

di Michel Dejaegher * –

La riforma in cantiere che digitalizzerà il processo di richiesta dei visti per lo spazio Schengen, sicuramente renderà la presentazione della domanda molto più semplice, veloce ed economica, aumenterà la sicurezza e ridurrà la burocrazia. Elemento chiave della “strategia Schengen” di digitalizzazione fortemente voluta dalla Commissione europea e approvata dal Parlamento europeo, tuttavia presenta concrete difficoltà di attuazione.
L’idea è che i viaggiatori non dovranno più presentare un modulo di domanda cartaceo: per richiedere un visto UE utilizzeranno un’apposita piattaforma, che consentirà loro di scaricare il visto in formato elettronico direttamente sul proprio smartphone.
Tutto ciò che i richiedenti dovranno fare è caricare le copie digitali dei loro documenti di viaggio e di altra eventuale documentazione di supporto, e quindi effettuare il pagamento delle tasse per il rilascio del visto.
Questo sistema può snellire notevolmente il processo di richiesta dal punto di vista dei viaggiatori, ed è merito dei governi europei aver raggiunto un accordo di principio sul tema. In teoria sembra una procedura di richiesta visto senza smagliature. Nella pratica, prevedo però un certo numero di problemi.
Quando uno Stato introduce di sua iniziativa un processo di digitalizzazione, lo stesso stato emana appositi norme e regolamenti, e una singola autorità nazionale ha il compito di armonizzare e controllare l’operatività dei propri consolati. Pur non essendo un’impresa semplice, non è paragonabile al livello di complessità che si ha quando tale processo di digitalizzazione dovrà essere implementato in quasi 30 paesi diversi.
In teoria il sistema dei visti Schengen si basa su norme e regolamenti identici in tutti i paesi. Di fatto questo è in gran parte vero, e costituisce di per sé un notevole risultato se consideriamo che le politiche nazionali possono essere molto diverse. Esistono però ancora molti casi particolari, che la piattaforma di digitalizzazione dovrà integrare.
La piattaforma dovrà innanzitutto informare i richiedenti se necessitano o meno di un visto. La maggior parte delle esenzioni sono comuni ai diversi paesi, ma esistono eccezioni nazionali: ad esempio per l’impiego (non tutti i paesi membri Schengen applicano l’esenzione dal visto quando il cittadino di un paese terzo deve essere assunto), per gli equipaggi di compagnie aeree e navali, per i titolari di passaporti diplomatici o rilasciati da uno stato per ragioni di servizio, e per motivi scolastici.
In secondo luogo la piattaforma dovrà indicare una lista standardizzata di documenti giustificativi. I consolati hanno già prodotto elenchi comuni, ma esaminandoli ci si accorge che si tratta di elenchi generici e piuttosto vaghi, mentre è opportuno che i documenti giustificativi da caricare siano individuati in modo molto preciso e specifico.
Anche i documenti giustificativi necessari non sono sempre gli stessi. I consolati francesi richiedono ad esempio un invito formale e vincolante da parte di un familiare o di un amico, mentre altri stati membri prevedono tipi di invito diversi. Lo stesso discorso vale per le coperture economiche: l’importo minimo giornaliero non è lo stesso in tutti gli stati Schengen. E poiché un viaggiatore può voler visitare più paesi durante il suo soggiorno, la piattaforma dovrà verificare non solo quale paese Schengen sia competente ad esaminare la richiesta di visto (considerando il concetto piuttosto vago di “destinazione principale” che lascia spazio a interpretazioni), ma anche tenere conto del numero di giorni da passare in ciascun paese per calcolare l’importo delle coperture economiche.
Questione correlata è che, prevedendo la piattaforma il pagamento online della tassa per il rilascio del visto Schengen, è necessario integrare le differenze nazionali.
Sintetizzando, poiché al richiedente online dovranno essere poste molte domande, la procedura gli potrà risultare poco comprensibile.
Alcuni paesi, come misura di maggiore sicurezza, già richiedono (o intendono farlo) ai fornitori di servizi esterni (gli outsourcer) di scansionare a tre colori tutte le pagine dei documenti di viaggio dei richiedenti il visto. Il regolamento UE prevede attualmente, un’unica copia della sola pagina d’identità a un solo colore. Difficile credere che i governi Schengen vorranno rinunciare a questo livello di maggiore sicurezza.
L’impressione è che la digitalizzazione, pur con finalità giuste, rischia di aumentare la complessità per il richiedente, con la conseguenza che i consolati potrebbero trovarsi inondati di quesiti, e il personale consolare costretto a gestire un maggiore carico di lavoro.
A quel punto i governi Schengen avranno due possibilità: consentire a intermediari commerciali non regolamentati di assistere i richiedenti a un prezzo elevato senza esercitare alcun controllo sugli stessi, oppure, come ritengo più probabile, continuare a regolamentare i fornitori di servizi esterni nell’elaborazione delle domande dei visti e assistenza ai richiedenti, diminuendo il carico di lavoro sia al richiedente che al consolato.
In effetti molti paesi stanno già utilizzando servizi in outsourcing per fornire assistenza logistica non valutativa nel rilascio di visti, passaporti e per altri servizi consolari. L’utilizzo di fornitori di servizi esterni è iniziato con lo scopo di ridurre i tempi necessari a consolati e ambasciate nella gestione di un numero crescente di richiedenti e nella registrazione dei dati biometrici, ed era inoltre legata alla necessità di maggiore sicurezza all’interno dei consolati. Si è trasferito a fornitori di servizi esterni il compito di accogliere i richiedenti, accettare e gestire le domande di visto, controllare la correttezza della documentazione e acquisire i dati biometrici, attività che assorbono un tempo notevole. In tal modo si è consentito ai servizi consolari di concentrarsi sul loro compito sostanziale, accogliere o respingere la domanda, piuttosto che impantanarsi nella gestione amministrativa delle domande o sui quesiti dei richiedenti.
Nell’epoca degli smartphone e del progresso tecnologico, la digitalizzazione può sicuramente essere un passo avanti. Ma quasi certamente, per far sì che il processo funzioni senza intoppi, avrà bisogno di fornitori di servizi esterni.

* Michel Dejaegher ha rappresentato la Francia nel gruppo di lavoro sui visti Schengen ed è co-estensore del Codice dei visti dell’Unione Europea. Diplomatico di carriera è stato responsabile del Dipartimento centrale dei visti per la Francia, e console generale della Repubblica Francese in Algeria, Canada e Giappone.