Confermata l’uccisione in combattimento di Omar al-Shisani

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al-shishaniAl-Amaq, l’agenzia ufficiale dell’Isis, ha confermato la morte del 30enne Omar al-Shishani (“Il Ceceno)”, considerato il “ministro della Guerra” dello Stato Islamico.
Stando al comunicato, al-Shishani sarebbe rimasto ucciso in combattimenti che si sono svolti ad al-Sharqat, non distante da Mosul: non viene indicata la data, ma sarebbe comunque postuma a quella indicata a marzo dagli Stati Uniti, che lo davano perito o comunque ferito gravemente in un raid.
Tarkhan Batirashvili, questo il vero nome, era originario della Gola del Pankisi (Georgia) e, stando a quanto dichiarato a suo tempo ai giornali georgiani dal padre Timur Batirashvili, era un cristiano convertitosi all’Islam dopo aver frequentato la comunità cecena. Le tecniche di guerriglia armata e la leadership militare che ha saputo impiegare in Siria e in Iraq deriverebbero dalla sua esperienza nell’esercito georgiano dove prestò servizio combattendo anche nell’agosto del 2008 contro le forze armate russe nella guerra russo-georgiana, che vide l’affermazione dell’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud.
Scartato prima dall’esercito e poi dalle forze di polizia per un problema fisico dovuto ad una ferita riportata durante il suo servizio militare, Tarkhan Batirashvili era stato arrestato per detenzione illegale di armi da fuoco e poi liberato nel 2012 grazie a un’amnistia. A 27 anni si sarebbe diretto prima in Turchia e poi in Siria per arruolarsi nel gruppo Jabhat al-Nusra, diramazione locale di al-Qaeda, quindi avrebbe contribuito a fondare Jaish al-Muhajireen wa al-Ansar, di cui diventò leader.
L’ascesa dello Stato Islamico ha portato al-Shishani a divenirne parte integrante, abbandonando quindi Jabhat al-Nusra e ponendosi in contrasto con gli altri leader caucasici impegnati in Siria come Ruslan Machalikashvili (Feizulla al-Shishani), Murad Margoshvili (Muslim Abu Walid al-Shishani) e Faizulla Margoshvili (Amir Salahudin al-Shishani).
L’Isis perde con la morte di al-Shisani una delle sue punte in un momento assai difficile, con la riconquista dei territori in Iraq da parte dei Peshmerga e dell’esercito regolare iracheno supportato dalla coalizione internazionale a guida Usa.