Covid-19. Scuole chiuse: per Guterres è ‘una tragedia’

di C.Alessandro Mauceri

In Italia è guerra aperte tra i fautori della DAD, la didattica a distanza, e quelli che vorrebbero far tornare gli adolescenti a scuola. In molte scuole si sono tenute assemblee a favore della didattica in presenza, ma per contro il numero dei contagi fa prevedere un inasprimento delle misure per studenti e docenti.
Ad essere più colpiti dalla mancanza di istruzione sono i paesi più poveri in Asia, Africa ma soprattutto America Latina: dei 14 paesi dove le scuole sono rimaste chiuse più a lungo tra marzo 2020 e febbraio 2021, nove si trovano in America Latina o ai Caraibi. In altre zone del continente la situazione non è meno grave, ma pandemia ha causato un peggioramento minore visto che la carenza di servizi educativi era già grave.
Per sensibilizzare l’attenzione su questo argomento l’UNICEF ha lanciato “Pandemic Classroom”: ha allestito un’aula modello composta da 168 banchi e sedie vuoti, dietro ogni sedia uno zaino vuoto, un segnaposto per ricordare il vuoto che c’è stato e che continua ad esserci. Ogni banchetto rappresenta un milione di bambini ai quali sono stati vietati istruzione ed educazione: un “solenne promemoria delle aule in ogni angolo del mondo che rimangono vuote”, ha riportato UNICEF.
“Mentre ci avviciniamo al limite di un anno della pandemia di COVID-19, ci viene nuovamente in mente la catastrofica emergenza educativa che i blocchi mondiali hanno creato”, ha detto Henrietta Fore, executive director dell’UNICEF . “Ogni giorno che passa i bambini che non sono in grado di accedere alla scuola di persona cadono sempre più indietro, con i più emarginati che pagano il prezzo più pesante”.
Si tratta di un problema ben più grave di quanto si potrebbe pensare: nel mondo sono circa 214 milioni, uno su sette, i bambini ai quali non è stato consentito andare a scuola o che hanno perso più di tre quarti dell’apprendimento di persona. Ma quelli che ancora oggi ricevono una istruzione a singhiozzo sono molti di più: ben 888milioni. Gravi le conseguenze: per molti di loro non sarà più possibile tornare in classe, altri diventeranno vittime del lavoro minorile o verranno vendute come spose bambine. O diventeranno migranti.
“Non possiamo permetterci di perdere un anno o due di apprendimento scolastico limitato o addirittura di lasciare senza apprendimento scolastico questi bambini. Non si deve risparmiare alcuno sforzo per mantenere aperte le scuole o dare loro la priorità nella riapertura”, ha dichiarato Fore, direttore esecutivo dell’UNICEF.
I dati contenuti nel rapporto dell’UNICEF sono sconvolgenti. Da luglio 2020 ad oggi circa trenta paesi hanno tenuto le scuole completamente chiuse. In una cinquantina gli alunni non possono andare regolarmente a scuola. Per far fronte a questa situazione già nel giugno dello scorso anno Nazioni Unite, Banca Mondiale, World Food Program e Agenzia per i Rifugiati avevano presentato un piano programmatico. Ma nessuno ne ha tenuto conto: anche nell’Unione Europea i paesi hanno presi decisioni disunite e ognuno ha continuato a fare di testa propria. Il risultato è che nei paesi dell’Europa occidentale la media di giorni di chiusura totale, aggiornati al 2 marzo 2021, sono stati ben 52 a fronte di 37 giorni di apertura parziale. Per contro sono stati solo 87 i giorni di apertura totale. Tra i paesi ad altro reddito l’Italia è seconda solo a Cipro per “academic break”.
Problemi che solo in Italia hanno interessato milioni e milioni di studenti, un’intera generazione per la quale ci vorranno tempo e sforzi non indifferenti per recuperare quanto è andato perduto e per colmare il gap che li separa dagli adolescenti di altri paesi.
Problemi per i quali pochi ai vertici hanno pensato di fare qualcosa di concreto, forse distratti dalla volontà di spendere milioni di euro in banchi inutili, spesso rimasti inutilizzati. Nei giorni scorsi altri banchi quelli dell’UNICEF hanno riempito al Pandemic Classroom. Dopo aver camminato lungo i banchi vuoti sistemati davanti la sede delle Nazioni Unite di New York, al segretario generale António Guterres è uscita una sola parola dalla bocca: “una tragedia”.
“Una tragedia” che non è solo “per loro, una tragedia anche per i loro Paesi, una tragedia per il futuro dell’umanità”, ha twittato Guterres, poche ore dopo.