Croazia. Periodo di riflessione per maggioranza e opposizione

di Valentino De Bernardis –

oreskovic tihomirLa sera del 22 gennaio il primo ministro designato Tihomir Oreskovic ottenne l’approvazione del parlamento all’insediamento del nuovo esecutivo. Una fiducia concessa da un’ampia maggioranza che, ironia del caso, più di testimoniare la forza del neonato gabinetto ne specificava i limiti. Ai voti dei due partiti che formano il cuore dell’alleanza di governo (Unione Democratica Croata-HDZ e Ponte delle Liste Indipendenti-Most) si sommarono con una serie rilevanti di distinguo il partito Bandic Milan 365 (2 voti, il quale nella stessa sessione parlamentare avrebbe firmato anche un Accordo di Cooperazione), Alleanza Democratica Croata di Slavonia e Barania (2), l’ex ministro Radimi Cacic, Giordana Rusak e quattro rappresentanti delle minoranze.
Un voto trasversale che apriva le porte ad un percorso difficile per il neonato esecutivo, pregno di ostacoli apparentemente insormontabili, che oggi stanno costringendo Oreskovic a dare fondo a tutta la sua capacità negoziatrice per giungere a sintesi condivise per evitare lo stallo, e non rendere il governo ostaggio di se stesso.

Difficoltà politiche. Essendo de facto Oreskovic un capo di governo tecnico, privo di un gruppo parlamentare di riferimento, la mediazione sarà forzatamente un carattere distintivo del suo mandato. Inoltre, il connubio HDZ-Most nonostante gli annunci programmatici congiunti apre il fronte ad un arcipelago di quesiti a cui nessuno al momento sembra intenzionato voler rispondere. Dato che i due partititi si sono presentati agli elettori con agende politiche molto differenti, il rischio di intese al ribasso è consistente. Portare avanti il processo riformatore annunciato, tenere assieme la coalizione ed evitare di perdere pezzi lungo la strada (Most ha già perso molti deputati, in disaccordo con la linea del partito sono stati espulsi o si sono volontariamente aggregati ad altri gruppi parlamentari), rappresentano tre obiettivi raggiungibili nel breve periodo, ma quanto mai impegnativi nel medio-lungo.

Difficoltà economiche. Riuscire a lasciarsi completamente alle spalle il pantano della procedura di infrazione dell’Unione Europea è un obiettivo comune a tutte le forze politiche croate. Bassi tassi di crescita (anzi persino negativi fino all’anno scorso), tasso di disoccupazione elevato (in parte mitigato dal lavoro stagionale in estate), e le impellenti riforme strutturali (privatizzazioni, sanità, taglio della pubblica amministrazione), sono temi cruciali che bussano con insistenza alla porta. La comunità di intenti a migliorare il quadro generale si scontra con i differenti approcci con cu le forze politiche mirano a risolvere i problemi. Differenze di cui si trova evidenza anche all’interno della maggioranza di governo, come attestano le quotidiane esternazioni di alcuni parlamentari che la compongono, come ampiamente dimostrato, ad esempio, dalla decisione di un importante esponente di Most, Ivan Lavrinovic, di non votare la fiducia al governo perché in disaccordo con la politica economica presentata.

Un quadro politico-economico complesso che ha contribuito, lo scorso 11 marzo (giorno successivo alla presentazione del budget per il 2016), al downgrade da parte dell’agenzia di Moody’s. Sebbene la decisione fosse stata prevista da più parti, questa ha ugualmente riacceso il dibattito politico, con l’ex ministro dell’economia Ivan Vrdoljak pronto a collegare la decisione dell’agenzia di rating alle vicissitudini dell’attuale governo e che solo un ritorno alle urne può offrire agli operatori internazionali le rassicurazioni richieste. Un tale assioma potrebbe sembrare però non completamente esatto, dato che il paese da molto tempo è stretto all’interno di una ripresa economica debole, in linea con la maggioranza dei paesi europei. Inoltre, allo stato attuale dei fatti, un ritorno alle urne potrebbe fare più male che bene, dato che le intenzioni di voto tra i due schieramenti politici non si sono spostate negli ultimi mesi tanto da poter garantire la formazione di maggioranze nette.
A distanza di due mesi dall’insediamento di Oreskovic, molti dei summenzionati problemi sono giunti al pettine, aggravando il peso della responsabilità sulle spalle del primo ministro, sempre più impegnato a rivendicare un maggiore spazio di manovra anche al di fuori di HDZ e Most, per smentire le voci di chi lo ha definito sin dal primo momento un capo del governo a temine, che non avrebbe finito il suo mandato naturale.
E il centrosinistra? Dopo la sconfitta alle elezioni di novembre 2015 (o pareggio a seconda dei punti di vista), il partito socialdemocratico-SDP prova a ristrutturarsi per dare vita ad una alternativa credibile. Il 2 aprile si terranno le elezioni per la presidenza del partito, un appuntamento cruciale per capire non solamente la linea politica dei prossimi anni, ma forse, anche se ciò potrebbe sembrare una forzatura, la sopravvivenza del partito stesso. I due maggiori candidati in corsa sono il presidente uscente, ed ex primo ministro, Zoran Milanovic, e l’attuale vicepresidente Zlatko Komadina. Milanovic ha senz’altro il merito di aver condotto il partito al governo nel 2011 dopo una lunga egemonia del centrodestra, e di aver guidato poi il paese nell’alveo della grande famiglia europea, ma dall’altra parte negli ultimi quattro anni ha subito una serie di sconfitte elettorali (tra cui le europee 2014 e le presidenziali 2016) che hanno lasciato il segno. Inoltre, a sfavore di Milanovic giocheranno i forti scontri all’interno del partito che lo hanno visto protagonista, con l’espulsione di importati esponenti del partito (storico lo scontro con Zlatko Linic votato a scrutini segreto dal comitato generale del partito, e passato per pochissimi voti). Komadina invece si presenta come un candidato di unione, verosimilmente in grado di mettere assieme le diverse anime socialiste del paese e di rinsaldare i rapporti Fiume-Zagabria (come sottolineato indirettamente dal sostegno di Bernardic), roccaforti dei successi elettorali del centrosinistra in passato. Attorno al suo nome, in caso di vittoria, si potrebbero riunire personaggi di primissimo piano esterni al partito (vedi Cacic o Josipovic) e offrire al SDP una possibilità concreta di tornare alla guida della Croazia.

Nella foto: il premier croato Tihomir Oreskovic.

@debernardisv
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