Cuba. Gli Usa riaprono parzialmente l’ambasciata

di Paolo Menchi

Anche se a livello pratico non ha un significato particolarmente importante, la notizia che l’ambasciata statunitense a Cuba riaprirà, seppure in modo limitato alla concessione dei visti per gli isolani che chiedono l’ingresso in Usa, ha fatto nascere speranze che l’amministrazione Biden possa riprendere quel processo di normalizzazione di rapporti iniziato da Obama, ricucendo lo strappo voluto da Donald Trump.
L’annuncio è stato dato per primo dal diplomatico Timothy Zúñiga-Brown, e successivamente in un comunicato ufficiale è stato spiegato che la decisione nasce anche dall’esigenza di sollevare in parte il lavoro dell’ambasciata che ha sede nella Guyana e che, negli ultimi quattro anni, ha avuto l’onere di gestire tutte le richieste di visto provenienti da Cuba.
Non sono stati specificati i tempi né il numero di persone che saranno destinate ad occupare gli uffici dell’Havana, ma è stato chiarito che si tratta solo della gestione dei visti di emergenza e non per immigrazione.
Da tempo i cubani chiedevano la riapertura degli uffici dell’ambasciata dell’Havana per evitare di andare nella Guyana con tutti i costi connessi per sbrigare pratiche amministrative anche di poco conto.
Oltre a voler usare il pugno di ferro contro il regime cubano, Trump colse l’occasione per chiudere l’ambasciata grazie anche alla cosiddetta “sindrome dell’Havana”, una serie di malesseri fisici (mal di testa, vertigini, nausea) di cui iniziarono a soffrire coloro che vivevano all’interno dell’edificio consolare, insinuando il sospetto che fosse una manovra straniera per colpire i diplomatici statunitensi, visto che casi simili si erano registrati anche in Colombia e in Cina.
Uno studio effettuato dall’accademia nazionale delle scienze americana aveva ricondotto i sintomi ad emissioni di microonde, anche se gli studiosi non erano riusciti a risalire da quale fonte provenissero; lo stesso dipartimento di Stato non ha mai confermato che ci fossero prove di un attacco voluto.
Al di là della gestione dei visti, si auspica che l’amministrazione Biden possa portare una profonda revisione dei rapporti con Cuba allentando un embargo ormai obsoleto.
È vero che la repressione delle proteste popolari che viene sistematicamente effettuata a Cuba non aiuta il presidente americano, che ad ogni tentativo di apertura verso l’isola caraibica trova l’opposizione della potente lobby degli esuli che vivono in gran parte a Miami, ma è altresì vero che le sanzioni americane sono sempre state e saranno sempre un motivo per giustificare ogni cosa che non va Cuba.