Ecuador. Burch (Alai), ‘Quanti errori, ora paese militarizzato’

La testimonianza direttrice agenzia stampa anti-dittature.

Agenzia Dire

“Gran parte degli ecuadoriani e anche l’opposizione di sinistra sostengono l’intervento dell’esercito; bisognerà capire quali saranno le conseguenze sul medio termine e fino a quando avremo un Paese militarizzato”: parole di Sally Burch, attivista e giornalista a Quito, direttrice dell’Agencia latinoamericana de informacion (Alai).
Dal 1977, la sua testata è impegnata a raccontare l’attualità nella prospettiva della difesa dei diritti umani e della lotta contro le dittature.
Al centro dell’intervista di Burch con l’agenzia Dire ci sono le ripercussioni dello stato di emergenza proclamato dal presidente Daniel Noboa, imprenditore liberale di 36 anni, figlio di uno degli uomini più ricchi del Paese. Il contesto è quello di un aumento della violenza, con oltre 8mila assassinii nel solo 2023, una ventina al giorno, rivolte con prese di ostaggi nelle prigioni e, da ultimo, martedì scorso, l’irruzione in diretta tv di un commando armato negli studi di un’emittente nazionale.
Più che sulle dinamiche delle violenze, connesse da alcuni analisti a lotte per il controllo del traffico di cocaina verso il Nord America e l’Europa, Burch si sofferma sull’evoluzione del quadro politico e sugli errori commessi negli ultimi anni. “Dopo la fine dei governi di Rafael Correa nel 2017 il sistema di sicurezza è stato smantellato” denuncia la direttrice di Alai, originaria di Londra ma da 40 anni in Ecuador, collaboratrice anche dell’agenzia internazionale Pressenza. “Le bande criminali hanno preso il controllo delle prigioni, dove il contrabbando di armi si è ampliato con la connivenza delle autorità carcerarie”.
Nella gestione dell’emergenza sarebbe stato commesso più di un errore. “Il presidente Lenin Moreno, al potere tra il 2017 e il 2021, ha soppresso alcune agenzie di intelligence e sottratto competenze in materia di sistema penitenziario al ministero della Giustizia” sottolinea Burch: “La responsabilità delle carceri è stata affidata alla polizia, nota per le vicende di corruzione”.
Lo scontro tra bande si sarebbe aggravato anche per le connivenze politiche. La direttrice ricorda le responsabilità di Guillermo Lasso, presidente dal 2021 al 2023, costretto a dimettersi alcuni mesi fa. Secondo Burch, “alcuni suoi collaboratori avevano legami con la mafia albanese, a sua volta in rapporti con cartelli messicani e colombiani attivi anche in Ecuador”. Sarebbe stato questo il contesto dell’assassinio di Fernando Villavicencio, candidato alla presidenza della Repubblica ucciso nell’agosto scorso in un agguato a Quito.
Una delle ultime notizie sull’Ecuador è stata diffusa invece a Washington. Il dipartimento di Stato ha preannunciato l’arrivo a Quito di una missione guidata dal generale Laura Richardson, a capo del Comando sud degli Stati Uniti. La delegazione americana incontrerà Noboa e avrà il compito, si riferisce in una nota, di “studiare con gli omologhi ecuadoriani come lavorare insieme in modo più efficace per affrontare la minaccia delle organizzazioni criminali transnazionali”.

Il cooperante in Ecuador: “L’emergenza è politica, ed è cominciata anni fa”.

La testimonianza di Andrea Cianferoni, dell’ong bolognese Cefa: “Dai governi di destra solo politiche sbagliate”.

“Pesano politiche sbagliate, che hanno tolto lavoro e moltiplicato estorsioni, sulla costa e non solo: nella città di Quevedo a causa del racket hanno dovuto chiudere sette negozi su dieci”. A parlare con l’agenzia Dire è Andrea Cianferoni, cooperante fiorentino di 48 anni, in Ecuador dal 2005. Questa settimana hanno fatto il giro del mondo le immagini dell’irruzione di un commando di uomini mascherati in uno studio televisivo, nella città di Guayaquil: fucili puntati sul presentatore in diretta e dipendenti a terra sotto la minaccia delle armi. Il capo dello Stato, Daniel Noboa, un imprenditore di 36 anni, di orientamento liberale, in carica dal novembre scorso, ha detto che in Ecuador è in corso “un conflitto armato interno”. L’esercito, ha aggiunto, è stato incaricato di “operazioni militari per neutralizzare” quello che ha definito “crimine organizzato transnazionale, organizzazioni terroristiche e attori belligeranti non statali”.
LA LOTTA TRA I CARTELLI DEL NARCOTRAFFICO
Secondo alcuni esperti, l’aumento delle violenze in Ecuador è legato a una lotta tra cartelli di narcotrafficanti, sia locali che stranieri, per il controllo delle rotte della cocaina diretta negli Stati Uniti e in Europa. Una lettura condivisibile, questa, secondo Cianferoni. Convinto che le vicende degli ultimi giorni, con l’entrata in vigore di uno stato di emergenza che durerà almeno 60 giorni, siano in realtà parte di una crisi cominciata già anni fa. “Governi di destra con politiche sbagliate hanno ridotto tutte le attività a livello sociale, colpendo il diritto alla salute e all’istruzione dei giovani, ora vittime di abbandono e disoccupazione” denuncia Cianferoni. “Ci sono zone da dove lo Stato si è ritirato del tutto, come la città di Esmeraldas, sulla costa: lì l’unico modello sono le bande criminali”.

Dopo la presidenza Correa.
Sul piano politico una cesura è stata la fine della presidenza di Rafael Correa e del suo governo di stampo socialista, in carica dal 2007 al 2017, capace con i proventi dell’export di petrolio di finanziare programmi di lotta alla povertà. Dal punto di vista geografico, la crisi si estende invece a più aree, da Guayaquil, a sud di Esmeraldas, dove si è verificato il blitz negli studi tv, fino a Quevedo, all’interno. C’è poi Quito, la capitale andina dove vive il cooperante fiorentino, al lavoro per l’ong bolognese Cefa su progetti di sviluppo agricolo legati alla produzione del cacao e del caffè. “Leggendo i giornali stranieri si immagina una situazione di guerra ma la città da almeno due giorni è tranquilla” riferisce Cianferoni. “Oggi uscirò di casa anche se alcune zone critiche restano militarizzate e ancora ieri i comandi dell’esercito riferivano di centinaia di arresti, di almeno cinque persone uccise e di sequestri di armi e droga”.
C’è chi ha parlato di un tentativo di “golpe” o addirittura di “narco-golpe”, a indicare un progetto politico coltivato da gang di trafficanti. “Al di là dell’aspetto spettacolare dell’irruzione nello studio tv, quello che è successo è ciò che accade tutti i giorni” sottolinea Cianferoni. “Esplosioni, omicidi e saccheggi si susseguono di continuo in Ecuador: nel 2023 gli assassinii sono stati circa 8mila, cioè una ventina al giorno“.

Costretti a scegliere tra le gang e l’emigrazione.
Secondo stime del governo, circa il 27 per cento degli ecuadoriani vive in povertà, mentre quasi l’11 per cento in “povertà estrema”. La situazione sarebbe ancora più grave nelle campagne, dove i dati sono rispettivamente del 46 e del 22 per cento. Secondo Olivier De Schutter, relatore speciale dell’Onu sulla povertà estrema e i diritti umani, “la miseria colpisce in particolare i giovani e molti infatti scelgono o di unirsi alle gang o di emigrare”.