EDITORIALE. Il tavolo dei Ventisette e le lacrime per la Brexit

di Enrico Oliari

cameron davidAlla seconda giornata di vertice informale dell’Unione europea a Bruxelles non è presente tra i capi di Stato e di governo il premier britannico David Cameron e d’altronde la sua presenta non avrebbe avuto senso, dal momento che il tema di oggi è il futuro dell’Unione Europea, con tanto di implementazione dei fattori di integrazione e interazione dei paesi membri.
I processi di separazione non sono ancora stati avvitati, dal momento che è necessaria la lettera ufficiale di richiesta di uscita della Gran Bretagna, ma mentre il capo della Commissione Jean Claude Juncker e gli altri leader europei la vorrebbero subito, Cameron continua a prendere tempo, avendo annunciato anche alla Camera che lascerà il compito (e la responsabilità) al suo successore ad ottobre, quando si dimetterà.
I leader europei spingono perché si faccia presto, in modo da dare certezze ai mercati ed alla politica, ma con tutta probabilità Cameron vuole far capire ai fautori del Leave il disastro combinato. Altresì è vero che la vittoria dei pro-Brexit era per molti inaspettata, forse per loro stessi, per cui non vi è al momento una struttura adeguata per gestire la Gran Bretagna al di fuori dell’Unione Europea.
Tuttavia è inutile girarci intorno: dall’assenza di Londra nel contesto della Casa comune traggono giovamento un po’ tutti, poiché sia i trattati di adesione che soprattutto l’accordo firmato a febbraio per scongiurare il referendum ha dato alla Gran Bretagna uno status troppo speciale, dove alla fine i britannici potevano intervenire sulle scelte e sul destino degli altri 27 paesi, ma gli altri – compreso la stessa Ue – non potevano dire la loro sugli affari della Gran Bretagna.
Tanto per dire Londra, che non aderisce ne’ a Schengen ne’ all’euro e che ha la facoltà di sottrarsi ai dettami di Bruxelles su diversi temi quali la politica interna o l’immigrazione anche comunitaria, in febbraio aveva ottenuto una serie ulteriore di concessioni che prevedevano l’esenzione dal principio dell”’Unione sempre più stretta”, base del Trattato di Roma del 1957, la non partecipazione a un esercito unico europeo, la non partecipazione ai piani di salvataggio economico degli altri paesi, pur mantenendo la supervisione sulle banche, il diritto di prendere sempre e comunque posizione sulle scelte comuni come pure di avere autonome iniziative senza doversi consultare con gli altri.
Fa piangere la Brexit. Ma è da vedere che tipo di lacrime sono quelle di molti leader e semplici cittadini europei.